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Il sistema democratico della Corea del Sud è stato messo a dura prova questa settimana dopo che martedì 3 dicembre il presidente Yoon Suk-yeol ha tentato di imporre la legge marziale – ossia di sospendere temporaneamente le leggi ordinarie lasciando campo aperto all’esercito e ai tribunali militari – per porre fine alla situazione di forte polarizzazione nel parlamento e nella società del paese. Tra le motivazioni per questa decisione, Yoon ha dichiarato che l’opposizione stava simpatizzando con il governo nordcoreano e progettava una rivolta.
Considerato un tentativo di colpo di stato, l’azione del presidente tuttavia è apparsa molto goffa e raffazzonata (il capo dell’esercito Park An-su ha dichiarato di aver appreso dello stato di emergenza e della sua nomina al Comando della legge marziale dalla televisione, prima di rassegnare comunque le dimissioni) e si è risolta in un nulla di fatto.
Tentativo di imporre la legge marziale: il presidente è riuscito a unire la Corea del Sud?
Poche ore dopo l’annuncio, il parlamento ha sfidato la dichiarazione presidenziale, che impediva anche all’assemblea di riunirsi ed ha votato per la revoca della legge marziale. Tra questa rottura aperta con la maggioranza che lo sostiene e le proteste di piazza, il presidente sudcoreano non ha potuto fare altro che ritirare la misura.
Per certi versi, si potrebbe dire che Yoon Suk-yeol è riuscito nel suo intento, ha riunito il Paese e le varie parti sociali. Quello che non aveva considerato, è che tale unità avrebbe avuto un solo obiettivo: impedire l’attivazione della legge marziale e rimuoverlo dalla sua posizione. Se maggioranza ed opposizione fino a pochi minuti dall’annuncio del presidente stavano litigando duramente sulla proposta di legge di bilancio per l’anno 2025, tutte le forze politiche si sono mosse insieme per scongiurare un ritorno al passato.
La Corea del Sud ha infatti conosciuto la dittatura per quasi tutta la durata della guerra fredda, dal 1961 al 1987. A neanche quarant’anni dalle prime elezioni libere nel Paese, la popolazione, i partiti, i giornali, si sono trovati concordi: non succederà di nuovo.
Corea del Sud, cosa succede dopo il tentativo di instaurare la legge marziale
Mentre il Paese orientale rimane osservato speciale sia per gli USA che per la Russia – anche qui le ombre del passato tornano, con lo spettro della guerra fredda e del conflitto che negli anni ’50 portò poi alla creazione delle due Coree – la società sudcoreana fa i conti con le conseguenze del tentato golpe, come il crollo del valore del son, la moneta locale, che a seguito dell’annuncio del presidente Yoon ha raggiunto il cambio col dollaro peggiore negli ultimi due anni.
Intanto continuano le proteste in strada, per lo più pacifiche, con perfino l’organizzazione di concerti di k-pop estemporanei, affinchè Yoon sia rimosso dal suo incarico. La cultura coreana, in un contesto simile si sarebbe aspettata le dimissioni del presidente non appena il suo piano è fallito, cosi come i suoi collaboratori, ma il presidente sudcoreano – politico di destra molto contestato, eletto nel 2022 con solo lo 0,8% di scarto – è determinato a restare al suo posto.
Dimissioni in massa
L’opposizione parlamentare dunque ha già fatto partire la procedura di impeachment con urgenza e i sindacati hanno dichiarato uno sciopero generale a oltranza finché Yoon Suk-yeol non darà le dimissioni. Nel frattempo il governo si sta disfacendo un pezzo alla volta, dopo una riunione di emergenza di circa novanta minuti a cui hanno reso parte anche Han, il ministro del Coordinamento delle Politiche Governative Bang Ki-sun, il presidente del Partito del Potere Popolare Han Dong-hoon e il suo segretario capo, il deputato Park Jeong-ha, oltre al capo di gabinetto di Yoon, Chung Jin-suk, e al segretario per gli Affari politici Hong Chul-ho.
Il primo ministro e il leader del Partito del potere del popolo si sono poi recati all’ufficio presidenziale a Yongsan-gu, Seoul.Tutti i collaboratori di Yoon, inclusi il capo di gabinetto Chung, il direttore della Politica nazionale Sung Tae-yoon e il consigliere per la Sicurezza nazionale Shin Won-sik, insieme a 11 segretari senior, hanno offerto le loro dimissioni, secondo quanto riferito dall’ufficio presidenziale.
Impeachment, la maggioranza si smarca: manca il quorum per rendere efficace il voto
La mozione per rimuovere Yoon tuttavia sabato è caduta nel nulla dopo che in parlamento non si è raggiunto il quorum per rendere valido il voto. Alla votazione hanno partecipato i 192 parlamentari dell’opposizione, ma l’assenza della maggioranza ha impedito di procedere: servono infatti almeno 200 voti su 300 (ossia due terzi) per convalidare la richiesta di impeachment.
Secondi People Power Party, il partito al governo, non è accettabile paralizzare il Paese con la caduta dell’esecutivo e la rimozione allo stesso tempo del presidente. «Non possiamo ripetere la tragedia della paralisi degli affari statali e della sospensione degli affari costituzionali», si legge in una nota. «Ridurremo al minimo la confusione negli affari statali proponendo una soluzione politica che le persone possano comprendere». Nonostante le dichiarazioni pubbliche, il leader del PPP ha annunciato di essersi dimesso perché contrario alla decisione di disertare l’aula.
Il partito democratico sudcoreano ha già dichiarato che ci saranno altri voti di impeachment e che nelle vacanze natalizie Yoon sarà rimosso. Il PPP ha ribadito che Yoon – che nel frattempo in un discorso pubblico sabato 7 dicembre si è scusato per il tentativo di proclamare la legge marziale – si sarebbe impegnato a dimettersi, dopo aver affidato il proprio destino al partito.
Cosa succede adesso, tra l’attesa delle dimissioni e le accuse per tradimento
Non sono chiari però i tempi in cui il presidente prevede di abbandonare il suo incarico, né se ciò metterà effettivamente fine alla peggiore crisi politica che la Corea del Sud si trova ad affrontare nella sua storia recente.
Questa mattina è stato inoltre reso noto che al presidente Yoon Suk-yeol non sarà permesso lasciare il Paese fino a quando sarà in corso l’indagine che stabilirà se è colpevole di insurrezione. Se l’accusa si concretizzasse e fosse accertata da un tribunale, Yoon rischierebbe l’ergastolo o la pena di morte. Rimane agli arresti invece il ministro della Difesa dimissionario Kim Yong-hyun, che giovedì aveva lasciato il suo incarico assumendosi le responsabilità della dichiarazione della legge marziale.
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