C’era anche il segretario generale della Cisl Firenze-Prato Fabio Franchi alla manifestazione di Calenzano davanti a lavoratori, cittadini, associazioni, istituzioni, sindacati.
Segretario Franchi in tanti a Calenzano a manifestare dolore e rabbia. Cosa si è portato via da quella piazza?
“Ho respirato il senso di una comunità solidale, coesa senza distinzioni, che ha detto con semplicità e fermezza che senza sicurezza non c’è lavoro, non c’è vita, non c’è dignità. Mi porto via un’assunzione di responsabilità collettiva verso chi rappresento e questo deve valere per tutti coloro che hanno ruolo politico, sociale, istituzionale in questo territorio. Spero quanto prima sia convocato un tavolo istituzionale: la questione sicurezza sul lavoro non si risolve con azioni a compartimenti stagni, serve un livello di coordinamento continuo dove ognuno si assuma compiti e tempi, altrimenti quella piazza rimarrà inascoltata”.
Lei ha detto che le grandi imprese devono dare l’esempio per la filiera degli appalti citando Esselunga e Eni.
“In soli 10 mesi due stragi sul lavoro sul nostro territorio, in due aziende leader nei loro settori, strutturate, consapevoli e in grado di far fronte ai tanti obblighi che le normative prevedono per la prevenzione e la sicurezza. Non possiamo derubricare a fatalità ciò che è successo. Qualcosa di certo non è stato rispettato. Dietro ogni incidente c’è sempre un peccato: un mancato investimento aziendale, una procedura non rispettata, una violazione delle norme, una volontà di accorciare i tempi di lavoro per aumentare il profitto; e se tutto ciò avviene in contesti lavorativi dove si ricorre ad appalti e sub appalti, lavoro autonomo, precario, dove ci sono interferenze tra lavoratori interni ed esterni, i rischi aumentano, se alla base non c’è l’assoluta priorità al lavoratore e alla sua incolumità”.
Ha detto esplicitamente riguardo la tragedia del deposito che non si possono fare contemporaneamente lavori di manutenzione e la normale attività di carico delle autobotti. Lo scenario che emerge è questo. Come è possibile?
“Sarà il procuratore di Prato a capire e definire quali e di chi sono le responsabilità. Credo che si tratti solo di buon senso: è un deposito di carburanti con autobotti che trasportano liquidi infiammabili, non acqua minerale, per cui se in una pensilina si carica l’autobotte, nelle vicinanze non si può fare manutenzione”.
C’è l’ipotesi di chiudere l’impianto e di spostarlo come ha detto il presidente della Toscana Giani. D’accordo?
“Dovremmo anche domandarci, siccome lo stabilimento è stato costruito alla fine degli anni ’50, in una zona paludosa e pressoché disabitata, perché nel tempo vi si è costruito così tanto e vicino senza considerare quel rischio, che c’era allora come oggi. Ora però è necessario e urgente mettere in sicurezza gli abitanti di quel territorio e le tante aziende che vi lavorano. Il sindaco di Calenzano e il presidente Giani hanno ipotizzato questa opportunità, importante sarà farlo nella garanzia e nella tutela di chi vi lavora”.
Direttiva Seveso. Molti impianti nell’area Prato- Firenze. Dobbiamo essere preoccupati?
“Se non ricordo male sono 28 le aziende considerate di soglia superiore in Toscana e di queste 6 sono nelle province di Firenze e Prato. Credo che dopo quanto accaduto sarà necessario rivedere i piani di rischio e messa in sicurezza di ogni singolo stabilimento. Ma non dobbiamo rincorrere gli allarmismi da social, dobbiamo agire. Che la tragedia di Calenzano serva almeno a aggiornare e migliorare ciò che non va”.
La giustizia. Del caso Via Mariti non si sanno gli sviluppi ancora. Eppure è avvenuto a marzo 2024…
“Dobbiamo avere, e io ho fiducia, nella giustizia ma è doloroso e inspiegabile tutto ciò. Che ad oggi non ci sia un indagato su quanto accaduto lascia perplessi e sgomenti. Dovremmo chiedere scusa ai loro familiari per questo tempo in cui la verità non emerge e non si riescono a individuare le responsabilità”.
Il diritto a tornare a casa. Non bastano più sdegno e manifestazione di protesta.
“Non bastano, no. Ma è necessario sdegnarsi, protestare, scioperare. Non possiamo essere in ogni dove, in ogni azienda, ma là dove il sindacato c’è, lo dicono i dati, c’è più tutela, più sicurezza e meno incidenti. Credo a causa del periodo politico e sociale che stiamo vivendo, in cui il Parlamento sembra incapace di trovare un impegno comune anche su priorità così chiare, il Presidente della Repubblica -e non è la prima volta- il 13 ottobre 2024 è tornato a richiamare tutti a considerare la sicurezza sul lavoro una priorità della Repubblica. Bisogna che sia così davvero e che tutti seguano con l’azione e non solo a parole questa indicazione”.
Luigi Caroppo
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