«Costruiamo insieme una nuova cultura del lavoro», l’invito del vescovo Giovanni Nerbini

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«Dopo lo sconcerto, il dolore e anche la rabbia, occorre camminare tutti insieme verso un obiettivo comune: costruire una nuova cultura del lavoro». A dirlo è il vescovo di Prato monsignor Giovanni Nerbini, delegato della Conferenza episcopale toscana per il lavoro e le questioni sociali. «Lo voglio dire senza giri di parole: siamo stanchi di essere addolorati, non vogliamo più commentare le morti sul lavoro dicendo “non deve succedere più”». Monsignor Nerbini interviene nuovamente sul tragico incidente avvenuto nello stabilimento Eni a Calenzano – dove lunedì scorso hanno perso la vita cinque persone e altre sono rimaste gravemente ferite – per invitare la comunità pratese, e non solo, a iniziare percorsi comuni di formazione, conoscenza e approfondimento del lavoro, di quello che rappresenta per l’uomo, della fondamentale importanza del rispetto delle leggi e dei diritti dei lavoratori.

 

«Questa consapevolezza deve essere patrimonio di tutti, dei datori di lavoro, di chi ha il dovere di controllare e far rispettare le leggi, ma anche degli stessi lavoratori, che devono pretendere dignità e sicurezza», dice il Vescovo. «Voglio fare un esempio distante dal mondo del lavoro ma utile per capire il concetto: tutti sappiamo che non si deve guidare guardando il telefonino perché è fonte di rischio, per noi e per gli altri. Ma quanti disattendono ogni giorno questa norma di comportamento che prima di essere illecita è dettata dal buon senso?».

 

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Cinque incontri nei circoli Acli e Mcl aperti alla città

La Chiesa di Prato ha deciso di intraprendere un cammino di formazione – dedicato alla «cultura del lavoro» – attraverso cinque incontri dedicati alla condivisione di idee e proposte per favorire il rispetto dei diritti e garantire la dignità di ogni persona. Immigrazione, cura, pace, ambiente e giovani. Sono i cinque temi sui quali la Pastorale sociale e del lavoro della diocesi pratese chiama la città a confrontarsi per trovare strade comuni di impegno all’interno del mondo del lavoro.

L’iniziativa nasce come proseguimento degli spunti e del metodo di lavoro emersi durante la Settimana sociale di Trieste del luglio scorso, alla quale ha partecipato anche il vescovo Giovanni Nerbini, e in particolare dalla volontà di agire a seguito degli ultimi episodi di sfruttamento nei confronti degli operai stranieri nel distretto tessile.

«Il nostro obiettivo – spiega Fulvio Barni, direttore dell’Ufficio diocesano di pastorale sociale e del lavoro – è quello di alzare il livello della discussione in città su queste tematiche e di farlo ponendoci come parte attiva di un percorso partecipativo, che inizia con cinque serate su argomenti specifici e proseguirà a inizio estate con le cosiddette “piazze della democrazia” sperimentate a Trieste».

Il calendario. Il primo dei cinque appuntamenti in programma, sul tema «lavoro e immigrazione», si tiene martedì 7 gennaio alle 21,15 nei locali del circolo Acli Giorgio La Pira in via Donizetti. Di «lavoro e cura», si parlerà il 14 gennaio al circolo Acli Achille Grandi a Chiesanuova; la settimana successiva, il 21 gennaio in San Domenico l’argomento è «lavoro e pace». Chiude il mese di gennaio, martedì 28, la discussione su «lavoro e ambiente», convocata al circolo Mcl di Vergaio. L’ultima serata, martedì 4 febbraio, è dedicata a «lavoro e giovani» e si svolgerà al circolo Mcl di Cafaggio.

La struttura degli incontri prevede l’introduzione del tema da parte dell’Equipe di Pastorale sociale, poi spazio all’ascolto e alla discussione. La partecipazione è aperta a tutte le persone interessate.

 

Prosegue l’impegno contro lo sfruttamento lavorativo

Intanto si è costituita la Commissione di studio sul lavoro nata dalla riunione della comunità ecclesiale, convocata un mese fa dal vescovo Giovanni Nerbini in Palazzo vescovile per affrontare in modo unitario e consapevole il dramma dello sfruttamento lavorativo. I presenti avevano convenuto sulla necessità di capire, non soltanto il fenomeno dello sfruttamento, con operai costretti a lavorare dodici ore al giorno, sette giorni su sette, spesso a nero o con contratti inadeguati, ma anche il contesto generale, ovvero come funziona e come si sviluppa il distretto produttivo illegale di Prato.

Da quella richiesta è nato un gruppo che, studiando le ricerche e le indagini già compiute sul mondo del lavoro nel territorio pratese, offra un quadro di riferimento per dar vita ad azioni concrete.

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