Che farà da grande Luca Zaia? Coni, sindaco di Venezia o ministro degli Interni: «E rimane il miraggio del terzo mandato»

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di
Martina Zambon

Le tre ipotesi sul futuro del governatore del Veneto,  le voci insistenti in laguna: «Correrà da sindaco». Ma se il ministro Piantedosi sarà il candidato del centrodestra in Campania per Zaia la direzione potrà essere il Viminale

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Che farà da grande Luca Zaia? Un tormentone che non si ferma e che, anzi, sembra un tornado in grado di polverizzare un’ipotesi dopo l’altra. Se le quotazioni di un cambio con Giovanni Malagò al Coni sono decisamente in ribasso, le intemerate del presidente della Regione su Venezia si moltiplicano. E quell’idea di uno Zaia in pompa magna interessato a fare il sindaco di Venezia torna a far capolino.

Non solo la legge speciale, non serve andare troppo indietro per recuperare altre dichiarazioni significative come quella sul «no» secco al nucleare a Marghera. E poi c’è un’attenzione particolare su quel progetto di inceneritore Eni Rewind che tanto agita comitati e associazioni del territorio veneziano e su cui la Regione, ora, sta procedendo coi piedi di piombo. I maligni sussurrano che persino per il recordman Zaia serve un lavoro di conquista del consenso in una città che, tecnicamente, non è la sua. A chi obietta che no, non gli interessa un Comune terremotato dall’inchiesta Palude, i suoi rispondono che il presidente del dopo-scandalo Mose ha una certa esperienza nella ricostruzione di un’amministrazione rasa al suolo dalla giustizia.




















































Eppure lui continua anche a evocare il terzo mandato (quarto, nella fattispecie) come un mantra. Perché? I colonnelli leghisti riconoscono che i tempi sono incerti, anche per «il pres». Tutta colpa di Salvini (lo dicono a microfoni spenti, è ovvio) che al congresso regionale avrebbe proposto a Luca di sostenere Alberto Stefani proprio in cambio del terzo mandato. Garanzie simili, sussurrano i lighisti, sarebbero state date anche in Lombardia per evitare che il congresso regionale si tramutasse in una Santa Barbara fatale per il segretario.

I pochi che accettano di commentare Milano, invece, tendono a sminuire le bordate di Massimiliano Romeo (neo segretario) e Attilio Fontana. A botta calda,il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Ostellari, diceva: «La Lega Lombarda, così come la Liga Veneta, sono un patrimonio di energia e passione a cui dobbiamo guardare, per rinforzare il progetto nazionale del nostro segretario Matteo Salvini. Comunità, territorio, partecipazione e militanza sono gli ingredienti giusti». 

L’unità formale è ciò a cui ci si aggrappa per non soccombere alle faide interne. I parlamentari non fanno eccezione, Giorgia Andreuzza trova positivo che si parli di «questione settentrionale, noi (veneti, ndr) non l’abbiamo mai dimenticata». E allora torniamo a «prima il Nord»? Non proprio perché, spiega Andreuzza, «l’Autonomia la porteremo a casa anche con i voti dei colleghi della Lega del Sud». Stessa linea per Dimitri Coin «l’Autonomia ha avuto bisogno di un allargamento del consenso» ma chiaramente «a Roma io mi sento ambasciatore dei veneti». 

Quindi? «Quindi non credo ci saranno grandi scossoni» chiude il segretario trevigiano. Poche sorprese anche da Erik Pretto: «Non viene messo in discussione il progetto nazionale ideato da Matteo Salvini, né tantomeno la figura del segretario federale in carica. Sarà però fondamentale dare maggior spazio all’interno del dibattito politico a tematiche che possano tornare ad appassionare la base storica del nostro elettorato, valorizzando l’identità del movimento». La musica non cambia con il salviniano in consiglio regionale Giuseppe Pan: «La linea del partito va benissimo».

A tornare a sperare, dopo le parole di fuoco di Romeo, sono i «soliti» ribelli. Ma, sull’annuncio che quello federale sarà un congresso «programmatico» in cui, in sostanza, non si mette in discussione il segretario, l’assessore regionale Roberto Marcato ammonisce: «C’è bisogno di un congresso federale vero. Poi, certo che va bene anche un congresso programmatico ma nel senso che dobbiamo decidere una volta per tutte l’identità del partito. Solo così può esserci una leadership autorevole e forte». 

Idem il collega Gianpaolo Bottacin «mi interessano i contenuti, non i nomi». E Zaia in questa nuova muta della Lega dove sta? Spesso a Roma, spesso a colloquio con Giorgia Meloni. L’ultima voce è che possa finire al Viminale dato che Matteo Piantedosi dovrebbe correre in Campania. Una scelta di Meloni e uno sgarbo, dice qualcuno, proprio a Salvini.

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17 dicembre 2024 ( modifica il 17 dicembre 2024 | 07:22)

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