La diocesi di Genova prende posizione contro la progettazione e la produzione di armi in Liguria e lancia un forte appello a creare nuova occupazione in altri settori. La svolta – che ci auguriamo sia di esempio alle altre diocesi italiane, a cominciare da quella di Iglesias che ospita sul suo territorio “la fabbrica delle bombe insanguinate”, arriva dal tavolo per la giustizia e la solidarietà della diocesi di Genova.
“Consapevoli che molto lavoro nel nostro paese, e specificamente nella nostra Regione, viene generato con l’esportazione di armi – recita il testo – si ritiene necessario e urgente un impegno ad una riconversione industriale perché si possa gradualmente abbandonare questo mercato di morte senza conseguenze occupazionali”.
“Nel mondo – si legge ancora nell’appello intitolato ‘Il coraggio della pace’ – sono attivi 56 conflitti, il numero più alto mai registrato dalla Seconda guerra mondiale.
Sappiamo che i conflitti bellici causano una sovrapproduzione di armamenti e che l’industria bellica, per svilupparsi, ha bisogno di destinare le armi in teatri di guerra attivi.
Solo in Italia negli ultimi 5 anni c’è stato un incremento del 77% nella produzione di nuovi e sempre più micidiali armamenti”.
“Nello scenario di guerra che colpisce tanti popoli e in prossimità dell’inizio del Giubileo 2025, – continua la nota – il tavolo diffonde un accorato appello per ribadire la cultura della pace, ricordando la posizione della Chiesa e il dettato della Costituzione italiana sul tema della guerra, in contrasto ai crescenti dati sulle spese in armamenti, sul traffico e l’esportazione di armi. Davanti a centinaia di migliaia di vittime sui fronti e nelle popolazioni, il tavolo ricorda che abbiamo bisogno di percorsi di educazione alla pace e alla nonviolenza ma anche di un impegno serio per la riconversione delle importanti imprese che, anche sul territorio ligure, si occupano della produzione di armamenti”.
Dal 2000, il tavolo per la giustizia e la solidarietà opera come espressione diocesana per creare attenzione e consapevolezza attorno alle grandi questioni poste dalla mondialità, dalla giustizia e dalla pace. Lo compongono tredici associazioni ed enti ecclesiali tra cui la Caritas diocesana, Fondazione Auxilium, Masci, Azione Cattolica, Centro Italiano Femminile e il Movimento dei Focolari.
“La posizione della Chiesa la prendo dal catechismo della Chiesa Cattolica e dal Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa. La legittima difesa è una realtà. Il punto, semmai, è con quali armi mi difendo? Sono armi davvero per la legittima difesa mia e della mia gente o altro? Credo che questa sia la domanda più seria che possiamo farci. Non so se siano armi legittime o no, non sono un esperto di armi”, ha spiegato tempo fa l’arcivescovo di Genova, padre Marco Tasca.
In merito alla posizione dei lavoratori del porto di Genova che si sono rifiutati di caricare le cosiddette ‘navi delle armi’, padre Tasca ha aggiunto: “I lavoratori del porto hanno fatto benissimo, anche con tutte le motivazioni morali che ci sono, ma il motivo fondamentale è quello della illegalità”, ha scandito riferendosi alle leggi che, a partire dalla Costituzione, impediscono di armare i belligeranti ma di fatto vengono aggirate.
Su posizioni analoghe il vescovo di Savona Calogero Marino per il quale “da questa situazione ne usciremo non trafficando ulteriormente armi ma proponendo e pensando una cultura diversa che parta innanzi tutti dall’ascolto delle vittime”.
“Grazie ai fotografi e ai giornalisti – ha aggiunto il vescovo di Savona – in questi giorni abbiamo visto tanti volti di bambini, vecchi e donne sfigurati dalla sofferenza e dal dolore della guerra, soldati dell’una e dell’altra parte parte, donne anziane in fuga. Noi costruiremo la pace nella misura in cui innanzitutto sapremo guardare il volto dei fragili e delle vittime. A partire da quello sguardo capiremo quali sono i percorsi più adeguati per costruire la pace”.
Papa Francesco ha incontrato più volte i portuali di Genova che hanno impedito il carico di armi e munizioni sulle navi dirette a Israele o a paesi della coalizione araba che sta bombardando lo Yemen per ottenerne la capitolazione. “Avete coraggio a non caricare le armi”, ha detto loro il Papa osservando che stanno rischiando il posto e anche subiscono denunce penali per il loro rifiuto di svolgere quello che ritengono sia un sevizio immorale. “Siamo padri di famiglia, non vogliamo che siano uccisi altri bambini”, ha confidato al Papa uno di loro, accompagnato in Vaticano dal professor Luciano Vasapollo e dal direttore di FarodiRoma Salvatore Izzo che ha chiesto l’incontro.
Come è noto, cinque esponenti del Collettivo autonomo dei lavoratori portuali sono indagati dalla Procura di Genova.
Sante Cavalleri
Fonte: Ansa
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