«I ask just clearly do you believe there’s a connection between vaccines and autism?» (Chiedo solo chiaramente credi ci sia una connessione tra vaccini e autismo?). Questa la domanda fatta da un giornalista al neo presidente degli Stati Uniti Donald Trump durante la conferenza stampa del 16 dicembre a Mar a Lago, in Florida, la prima dopo la sua elezione. Più di un’ora di discussione ricca di argomenti, dall’economia americana, ai conflitti in corso in Ucraina e Medioriente, fino alle accuse all’amministrazione Biden sui recenti avvistamenti di droni in New Jersey e a New York. Ampio spazio anche al tema dei vaccini, soprattutto dopo la nomina di Robert F. Kennedy Jr., dichiarato no-vax, come segretario della Salute e dei Servizi Umani, che ha sollevato non poche polemiche tra i senatori del Congresso e nella stessa comunità scientifica, con l’appello lanciato da più di settantacinque premi Nobel contro il suo incarico.
Trump, dopo aver detto di aver “cenato l’altra sera con il capo di Pfizer, il capo di Eli Lilly (il più grande produttore di farmaci psichiatrici), RFK e Oz” ha risposto: «30 anni fa c’era un bambino autistico su 200.000 o uno su 100.000, mentre ora siamo arrivati a uno su 100, quindi qualcosa non va, c’è qualcosa di sbagliato e stiamo lavorando per scoprirlo». Il tycoon aveva già risposto alla domanda qualche giorno prima in un’intervista al magazine Time, che lo ha nominato “personaggio dell’anno”. Alla provocazione «Se decidesse (Robert Kennedy) di porre fine ai programmi di vaccinazione infantile, daresti il tuo consenso?» Trump risponde: «Faremo un grande dibattito. Il tasso di autismo è a un livello che nessuno avrebbe mai creduto possibile. Se guardi le cose che stanno succedendo, c’è qualcosa che lo causa». E ancora «Sei d’accordo con lui sul legame tra vaccini e autismo?», «Voglio vedere i numeri. Saremo in grado di condurre test molto seri e scopriremo i numeri. E alla fine degli studi che stiamo facendo, e stiamo andando fino in fondo, sapremo per certo cosa è buono e cosa non è buono».
Secondo i dati più recenti divulgati dai Centers for Disease Control and Prevention negli USA si sta verificando un effettivo aumento di diagnosi di disturbo generalizzato dello sviluppo: secondo l’ultimo report, costruito sui test del 2020 e pubblicato a marzo 2023, un bambino di otto anni su trentasei è autistico, mentre la stima del 2018 aveva rilevato un’incidenza di uno su quarantaquattro. I maschi sono quattro volte più colpiti delle femmine, ma questo incremento è davvero dovuto alla vaccinazione?
La scienza e soprattutto gli studi dell’ultimo decennio negano ogni possibile correlazione. Oltre a fattori genetici e ambientali, bisogna considerare che dal 2000 si esegue in alcuni stati americani, con cadenza biennale, un’indagine campionaria sulla prevalenza del disturbo dello spettro autistico che trenta anni fa non veniva fatta in modo sistematico. In California, ad esempio, l’aumento delle diagnosi è dovuto in gran parte al fatto che in questo Stato i servizi per l’ASD sono molto sviluppati, sia quelli sanitari che quelli psicoterapeutici e pedagogici speciali. Ora non solo c’è una conoscenza più approfondita della sindrome, ma anche una maggiore attenzione e sensibilità degli stessi genitori, mentre in passato veniva vissuto più come uno stigma. Inoltre anche i criteri per la valutazione, stabiliti nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, sono stati aggiornati e sono oggi più stringenti: in America l’autismo può essere diagnosticato anche a di 18 mesi di vita. Nel 2006, infatti, l’American Academy of Pediatrics ha raccomandato di sottoporre tutti i bambini a screening per l’autismo durante le visite di routine dal pediatra a 18 e 24 mesi di età. «Gli stessi pediatri oggi sono stati formati per riconoscere quei segni precursori di un disturbo del neurosviluppo come la mancanza del sorriso sociale o del contatto oculare modulato, segnali riconosciuti già da tanti anni come spie di una possibile difficoltà nell’area comunicativa relazionale. Noi ora vediamo bambini con sospetto disturbo dello spettro in un’età anche molto precoce, anche intorno ai 15 mesi», spiega Carmelinda Falco, neuropsichiatra infantile.
«Non possiamo parlare ancora di sperimentazione, siamo ben oltre. È stato provato e riprovato che il vaccino non dà assolutamente nessun tipo di controindicazione rispetto allo sviluppo comunicativo linguistico. Questa ipotesi non solo è vecchia, ma è stata completamente smentita e l’autore è stato radiato dall’albo», aggiunge la dottoressa. Infatti il falso mito che i vaccini causino autismo ha avuto origine da una ricerca pubblicata nel 1998 da Andrew Wakefield, ex medico britannico, e alcuni colleghi sulla rivista medica The Lancet. Questa ricerca suggeriva un legame tra il vaccino MPR (morbillo, parotite e rosolia) e l’autismo. Dopo, però, si è scoperto che lo studio era viziato da errori metodologici e conflitti di interesse perché Wakefield aveva ricevuto finanziamenti da avvocati che stavano intentando cause legali contro i produttori del vaccino. Nel 2010, The Lancet ha ritirato l’indagine e Wakefield è stato radiato dall’Ordine dei Medici nel Regno Unito per cattiva condotta professionale.
Al contrario, proprio uno studio americano del 2011 ha dimostrato come la vaccinazione contro la rosolia abbia evitato nel periodo 2001-2010 migliaia di casi di disturbi dello spettro autistico associati alla sindrome da rosolia congenita.
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