“Lavoriamo per riportarla a casa”

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C’è un collegamento tra l’arresto della giornalista romana Cecilia Sala e quello di Mohammad Abedini, il cittadino iraniano-svizzero fermato dalla Digos a Malpensa lo scorso 16 dicembre su mandato dell’Autorità giudiziaria degli Stati Uniti? Al momento si tratta di speculazioni, ma la coincidenza temporale non è passata inosservata. Anche perché nei giorni scorsi l’Iran ha protestato formalmente contro l’arresto di Najafabadi e di un altro cittadino iraniano fermato negli Usa. Lo scrive Antonio Piccirilli su Today

Le accuse non formalizzate

Secondo quanto trapelato, la giornalista del Foglio – nonché autrice di apprezzati podcast – sarebbe stata prelevata il 19 dicembre scorso dall’albergo dove soggiornava, a Teheran, e portata nel carcere di Evin, alla periferia della Capitale, in una cella di isolamento. Si tratta dello stesso istituto dove era stata rinchiusa per 45 giorni la travel blogger Alessia Piperno e dove vengono imprigionati i dissidenti. I motivi del fermo non sono ufficialmente noti perché contro Sala non è stata formalizzata alcuna accusa specifica, tranne generici riferimenti a “comportamenti illegali”.

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Meloni: “Al lavoro per riportarla a casa”

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha fatto sapere che sta seguendo “con costante attenzione la complessa vicenda di Cecilia Sala” fin dal giorno del fermo. E si tiene “in stretto collegamento con il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e con il sottosegretario Alfredo Mantovano”, al fine di “riportare a casa al più presto la giornalista italiana”. Così recita la nota di Palazzo Chigi. 

“D’accordo con i suoi genitori”, sottolinea la Presidenza del Consiglio, “tale obiettivo viene perseguito attivando tutte le possibili interlocuzioni e con la necessaria cautela, che si auspica continui a essere osservata anche dai media italiani”.

Il racconto di Calabresi

La giornalista era arrivata in Iran lo scorso 12 dicembre, con un visto di otto giorni. Nella Capitale iraniana ha realizzato varie interviste, tra cui quella  a Hossein Kanaani, uno dei fondatori delle Guardie rivoluzionarie. “Ha iniziato a fare i suoi incontri” ha raccontato Mario Calabresi, il direttore di Chora Media per la quale la giornalista realizza il podcast ‘Stories’. “Era seguita da un fixer dell’Ambasciata. Aveva fatto le prime tre puntate di Stories”. 

“Venerdì 20 – sottolinea ancora Calabresi – doveva tornare in Italia ma il giorno prima è scomparsa. Il telefono è diventato muto. Ci ha preoccupato molto perché Cecilia è una giornalista molto scrupolosa, puntuale, metodica, che lavora con molta cura delle cose e non ha mai ritardato l’invio del suo podcast oppure avvisava. Quel giorno il suo podcast doveva arrivare verso le 14.30 ma non ha mandato nulla e non aveva fatto il check in dell’aereo e quindi era evidente che era successo qualcosa. È stata avvisata l’unità di crisi della Farnesina. Non ha preso l’aereo e non è partita. Soltanto a metà giornata del giorno dopo ha potuto fare una telefonata a sua madre”. Il governo italiano, ha aggiunto Calabresi, “è il soggetto che può fare” e “sin dal primo minuto la Farnesina, Palazzo Chigi sono stati molto presenti e molto attivi”.

L’iraniano fermato a Malpensa

Non è escluso che l’arresto di Sala abbia a che fare con motivi indipendenti dalla sua professione. E che sia collegato con quello di Mohammad Abedini, avvenuto solo tre giorni prima. Solo illazioni, almeno finora. Ma la coincidenza fa riflettere. Il 38enne iraniano era stato fermato su provvedimento dell’autorità giudiziaria statunitense e accusato di aver dato “supporto materiale a un’organizzazione terroristica straniera”, la “Ircg – corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche”, i pasdaran iraniani che dagli Usa sono considerati a tutti gli effetti un’associazione terroristica. Abedini, sempre secondo quanto ricostruito dagli inquirenti statunitensi, avrebbe collaborato con loro “tramite la fornitura di componenti elettroniche per la costruzione di armi letali”, i droni. 

Il 38enne, almeno secondo l’accusa, sarebbe il fondatore e direttore generale di una compagnia iraniana che avrebbe prodotto moduli di navigazione utilizzati nel programma di droni militari dei pasdaran. L’attività principale dell’azienda – sempre secondo gli americani – consisterebbe nella vendita di un sistema di navigazione proprietario, noto come Sepehr Navigation System, all’Irgc. Il sistema, nel dettaglio, sarebbe stato utilizzato per principale del Sepehr Navigation System di Sdra per l’utilizzo nei velivoli senza pilota o nei missili da crociera.

In particolare Abedini avrebbe cospirato per eludere le leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni, acquistando beni, servizi e tecnologia di origine statunitense e causando l’esportazione o la fornitura di tali beni, servizi e tecnologia all’Iran. Tutto – sempre secondo la pubblica accusa statunitense – attraverso un’azienda svizzera creata dallo stesso Abedini.

Il compagno di Cecilia Sala 

“Arrivano moltissimi messaggi di solidarietà indirizzati a Cecilia. Appena sarà possibile, saprà di tutto questo affetto”, così Daniele Raineri, giornalista de Il Post e compagno di Cecilia Sala, scrive su Instagram il giorno dopo la diffusione della notizia dell’arresto della giornalista di Chora Media e Il Foglio. Insieme a queste parole ha condiviso una foto della ventinovenne, mentre tiene in braccio un cucciolo di cane.

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