Quali forze oscure influenzano i meccanismi dello Stato italiano? Una rete di poteri criminali, politici, economici e mediatici interconnessi, indagati e raccontati dall’ex magistrato e sindaco di Napoli Luigi De Magistris nel suo ultimo libro, Poteri occulti. Dalla P2 alla criminalità istituzionale: il golpe perenne contro Costituzione e democrazia (Fazi Editore). De Magistris, già sostituto procuratore a Catanzaro e Napoli, ha condotto indagini di rilevanza nazionale su corruzione e criminalità organizzata. Nel 2009 è stato eletto europarlamentare con L’Italia dei Valori e, nel 2011, ha conquistato la carica di sindaco di Napoli,città che ha guidato per due mandati consecutivi, fino al 2021. Alle elezioni politiche del 2022 ha promosso la lista Unione Popolare, che però non è riuscita a superare la soglia di sbarramento del 3%. Con il suo libro, De Magistris propone una riflessione profonda sul ruolo di queste forze occulte nella storia politica e istituzionale italiana, gettando luce sul sistematico quanto silenzioso attacco contro i principi della Costituzione e della democrazia.
Luigi De Magistris, nel suo libro lei denuncia la presenza di «poteri occulti» talmente potenti da operare quello che definisce un «golpe perenne» contro la Costituzione e la democrazia. Quali sono questi poteri occulti?
Quando parlo di «poteri occulti» mi riferisco a una rete di persone – i cosiddetti «colletti bianchi» – che, nel corso degli anni, hanno ricoperto e ricoprono ruoli rilevanti all’interno della politica e delle istituzioni, ma anche nel mondo delle professioni e dell’economia. Soggetti che hanno la forza e l’influenza per portare a formale ratifica decisioni che perseguono interessi lobbistici, affaristici, privati e, non di rado, anche criminali. Azioni che, negli anni, hanno portato a comprimere, calpestare, svuotare la parte più importante della Costituzione repubblicana, cioè quella della democrazia sostanziale e dei diritti più profondi. Il loro obiettivo primario è quello di evitare che si possano creare le condizioni per un mutamento dei rapporti di forza nel nostro Paese tale per cui emerga un’alternativa improntata sulla giustizia sociale la democrazia sostanziale.
Volendo cercare di identificarli, viene immediatamente da pensare a poteri economici, magari di stampo mafioso. Oppure occorre volgere lo sguardo ad altri tipi di potere che si muovono con obiettivi politici e massonici?
Le massonerie deviate, che non sono deviazioni “occasionali”, ma sono diventate deviazioni talmente forti da identificarle in alcuni casi con i veri e propri centri massonici più importanti, sono il collante dei «poteri occulti». Grazie in particolare a quello che ho constatato nella mia esperienza da magistrato in Calabria, posso dire che si cade in errore quando si ritiene che siano solo le mafie a operare nelle trame di questo sistema. La criminalità organizzata è un tassello, e nemmeno il più rilevante. Ciò che davvero rende forti i «poteri occulti» è la presenza di settori importanti della vita pubblica, soprattutto di pezzi della politica e delle istituzioni a tutti i livelli – forze di polizia, servizi, magistratura, pubblica amministrazione – e del mondo dell’economia. Negli questo potere ha optato per una strategia di “mimetizzazione”, tanto è vero che nel libro parlo in maniera chiara e diffusa di “criminalità istituzionale”. Non è un caso che il crimine organizzato, negli ultimi trent’anni, abbia cambiato la sua strategia politico-operativa, attaccando sempre meno militarmente quella parte dello Stato che opera in ossequio alla Costituzione. In questo quadro, la lotta che comunemente chiamiamo «tra il bene e il male» appare sempre più difficile da discernere.
Dal quadro che dipinge viene da immaginarsi la P2 non come una realtà soltanto relegata alla storia. È corretto pensare che questo fenomeno possa essersi adeguato all’attualità?
È corretto, ovviamente tenendo conto delle mutazioni che l’hanno segnato. Quando la P2 fu scoperta, negli anni Ottanta, era proprio l’apice di questo sistema, vedendo al suo interno pezzi di tutte articolazioni dello Stato: vertici delle forze armate, delle forze di polizia, dei servizi, magistrati, ambasciatori, politici, ministri, uomini del Vaticano. Ai tempi vi erano forte caratterizzazioni simboliche che richiamavano un certo esoterismo che poi, col tempo, sono venute meno. Non solo per una fisiologica evoluzione della società, ma anche perché ogni simbolo e ogni elemento estetico era a quel punto più facilmente individuabile. È attualissimo anche il progetto politico della P2: se osserviamo i punti cardine del Piano di Rinascita Democratica di Licio Gelli, ci troviamo di fronte a un assetto verticistico del potere: si ambiva a una Repubblica presidenziale o al premierato e si puntava a un forte ridimensionamento della centralità del Parlamento. Finalità importante era il controllo dei mezzi di comunicazione pubblici e privati, nonché l’eliminazione dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura, in particolare attraverso la separazione delle carriere. Si voleva inoltre ridurre l’azione di contrasto delle organizzazioni sindacali e criminalizzare il dissenso. Quel tipo di sistema ha attraversato la storia della Repubblica al punto tale che noi ci siamo trovati e ci troviamo ancora di fronte a dei veri e propri “golpe” e depistaggi che non dovrebbero appartenere alla storia di uno Stato democratico.
Per esempio?
Cito tre casi in epoche storiche diverse. Piazza Fontana, 1969, dove lo Stato cerca di attribuire agli anarchici, agli antagonisti, per arginare la lotta di classe, la paternità della strage, quando invece è opera di neofascisti coperti dai servizi. Caso Moro: è evidente che Moro non viene salvato, non viene cercato e ci sono convergenze chiare che puntavano alla fine di Aldo Moro per interrompere il pericolo che un compromesso storico tra la Democrazia cristiana e il Partito Comunista rappresentava, soprattutto per la tenuta del patto euro-atlantico. Per arrivare al depistaggio di Stato sulla strage di via D’Amelio, con la morte di Borsellino e il furto dell’agenda rossa. Non siamo per nulla una democrazia sostanziale ed effettiva, perché questi poteri hanno condizionato in maniera determinante la vita della Repubblica: basti vedere come sono cambiati gli equilibri nel nostro Paese dopo il caso Moro e le stragi del ’92 e ’93.
Lei crede che questi poteri occulti abbiano delle preferenze elettorali? Negli ultimi anni abbiamo visto alternarsi in Italia governi del più vario indirizzo. Tutti hanno in qualche modo dovuto fare i conti con questi poteri o ne hanno addirittura rappresentato gli interessi?
Per quello che ho appurato dalla mia esperienza diretta, il settore politico delle destre e l’universo di parte del PD, perché c’è una medesima consonanza di metodi e di visioni. In generale, però, nessuna forza politica che ha governato ha messo al centro l’obiettivo di ostacolare efficacemente i «poteri occulti», che hanno molte ramificazioni. L’esempio più eloquente è quello della fazione andreottiana della Democrazia Cristiana, referente solida non solo di entità sovranazionali – parliamo degli Stati Uniti e del patto euro-atlantico – ma anche alla mafia. Questi schemi hanno segnato anche il centrosinistra, in particolare il principale partito che ne ha preso le redini dopo la caduta di Berlinguer. Lo prova ad esempio il ruolo avuto in varie vicende cruciali l’ex Capo dello Stato Giorgio Napolitano. Diverso è invece il discorso per le forze estranee a questo sistema, che dovrebbero però avere una propulsione più “antisistema”, che ancora non hanno. Cito in particolare il M5S, che magari, per assenza di conoscenza profonda di queste dinamiche, non ha intrapreso un’azione forte ed efficace nel contrastare quei poteri. Tant’è che ha anche governato con partiti organici a quel sistema (pensiamo al governo Draghi, dove c’era Berlusconi, tessera P2, che ha fondato un partito insieme a Marcello Dell’Utri, condannato per mafia). Siamo molto lontani dal vedere in Parlamento forze che pongono all’ordine del giorno l’obiettivo del contrasto ai «poteri occulti» e quindi la questione morale nella sua esplicitazione più forte.
Quali ritiene siano gli esempi di specifici provvedimenti su cui di recente potrebbe essere stata esercitata l’influenza dei poteri occulti?
Potrei fare molti esempi. Due caratterizzano l’attuale maggioranza: il primo è la cancellazione dell’abuso d’ufficio, gradita più o meno a tutte le forze politiche, perché si toglie un’arma efficace per scardinare gli abusi del potere. E poi il DDL Sicurezza, che in realtà con la sicurezza del popolo non ha nulla a che vedere. È invece un disegno di legge fortemente autoritario, di impronta neofascista, atto a criminalizzare il dissenso, contrastare le opposizioni sociali e rafforzare la sicurezza dell’ordine costituito. E poi la creazione di un modello di magistratura caro pressoché a tutte le forze politiche: ci metto tutte le riforme che si sono succedute negli anni, da quella di Mastella nel 2007 passando per quelle del centro-sinistra, per arrivare alla riforma Cartabia e alla riforma Nordio. Obiettivo comune è la costruzione di un magistrato conformista e burocrate, attento più alla forma che alla sostanza. Insomma, una magistratura indebolita, gerarchizzata, tendenzialmente attenta a non essere sgradita al potere e non disturbare il manovratore. Quel tentativo strisciante di impedire la ricerca della verità e della giustizia il nostro Paese ha attraversato un po’ tutti gli esecutivi, sicuramente dalla scoperta della P2 fino ad oggi.
Questa stretta, che vede nel DDL Sicurezza il suo ultimo tassello, è in atto ormai da tempo e trasversale ai governi che si sono alternati. La repressione nei confronti di chi manifesta, anche in maniera organizzata, il dissenso, è al centro di un progetto?
Assolutamente sì. Io credo che il DDL Sicurezza sia uno dei provvedimenti legislativi più pericolosi che siano stato concepiti dagli anni del terrorismo. È esplicativo il fatto che il sistema occulto consideri come elementi di maggiore preoccupazione la mobilitazione dal basso, il dissenso e le lotte sociali dei giovani movimenti. Essendo stato svuotato il Parlamento di centralità con leggi profondamente antidemocratiche, è chiaro che l’unico pericolo per i rapporti di forza che strutturano l’ordine costituito viene da là.
Nella sua esperienza da magistrato e poi anche da politico – in particolare da sindaco di Napoli – ha subito pressioni da parte di gruppi di potere non democratici?
Certamente. Da PM, le prime indagini sulle massonerie deviate e questo tipo di sistema le ho iniziate quando non avevo ancora 30 anni. Io sono diventato un bersaglio di questi poteri, che hanno agito con “proiettili istituzionali” per fermarmi. Se non faccio più il PM, se fui trasferito dalla Calabria, non è certo per responsabilità diretta della ‘ndrangheta con la coppola e con la lupara, ma esattamente di questo sistema criminale occulto. Da sindaco di Napoli – dove ho messo in campo azioni alternative rispetto al sistema, all’insegna della valorizzazione dei beni comuni – ho trovato nella connessione con le masse popolari un elemento di convergenza, di forza e di unione che ha impedito a quel sistema di isolarmi. Esso ha però agito come agisce con i non allineati, cioè con leggi ad personam. Ci hanno tolto le risorse economiche. Questi poteri hanno agito con violenza: non una violenza fisica, ma istituzionale, politica ed economica. La mia esperienza mi dice che questo sistema si può scardinare solo se si crea una convergenza forte tra le masse popolari che ne prendono coscienza.
Durante il suo mandato, lei ha agito in forte connessione con i movimenti organizzati dell’antagonismo e con i centri sociali. Per questo venne aspramente criticato. Tuttavia, alla luce di quanto sta emergendo in questa intervista, mi sto facendo l’idea che la sua stia stata una scelta politica ragionata e deliberata, come se proprio nell’alleanza tra poteri municipali democratici e i tanto criminalizzati movimenti antagonisti ritenga sia da trovare la chiave per potersi opporre, con forza, ai disegni antidemocratici dei gruppi di di potere che muovono la politica. È così?
In parte sì, ma Napoli è stato anche molto di più. A Napoli riuscimmo a fare emergere un vero e proprio movimento popolare che ha compreso sicuramente i centri sociali, con una convergenza in tanti obiettivi, ma mantenendo ognuno la propria autonomia e non instaurando un rapporto di opaca interdipendenza. Ma hanno partecipato anche i ceti borghesi popolari delle periferie, la media borghesia. La nostra è stata un’operazione politica in forte contrapposizione ai poteri forti. Sono stato il sindaco più longevo della storia di Napoli, nonostante avessi all’opposizione PD, 5 Stelle, Italia Viva, Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, insieme a tutti i grandi mezzi di comunicazione e alle più grandi istituzioni regionali e nazionali. Questa connessione con il popolo è però stata talmente forte che non solo ha retto, ma ha trasformato completamente Napoli dalla città della spazzatura e dell’umiliazione alla città del riscatto, dell’orgoglio, dei beni comuni, dei giovani, dei movimenti. È stato un laboratorio costituzionale enorme, dall’acqua pubblica ai porti aperti contro il diktat di chiudere i porti del governo “giallo-verde”, contro l’austerità e a pieno favore dei diritti civili. È il motivo per cui questa esperienza non è stata raccontata, se non da pochi. Perché? Non solo perché non aveva il gradimento di nessun potere, ma perché era considerata potenzialmente “contagiosa”: se Napoli è riuscita a creare tutto questo, si sarebbe potuta realizzare anche in molte altre grandi città.
Quanto crede che sia pervasiva l’influenza dei «poteri occulti» sul sistema informativo, con tutte le conseguenze che possiamo immaginare in Italia?
Moltissimo. Questo nasce chiaramente dalla P2, che lo aveva proprio nel programma, in cui figurava il controllo dei mezzi di comunicazione pubblici e privati. Poi lo abbiamo visto con l’inizio dell’era di Berlusconi e del suo rapporto con Craxi, con la Democrazia Cristiana le leggi che furono approvate. Per arrivare fino ai giorni nostri, con un controllo sempre più forte dei mezzi di comunicazione. Ma vi è anche un’enorme questione che attiene al digitale e a una penetrazione che riguarda smartphone e canali social. Il sistema dei «poteri occulti» nazionali e sovranazionali ha l’interesse a controllare in maniera ferrea il pensiero individuale e collettivo. Un meccanismo che diventa ancor più rigido e pervasivo in questo momento storico, dove attraverso il clima di guerra si giustificano ancora di più tali strette.
Prima la fase pandemica, poi la guerra in Ucraina, viviamo una fase storica in cui sembra normale utilizzare ogni emergenza per giustificare un’ulteriore giro di vite nella criminalizzazione delle voci non solo di opposizione, ma anche solo vagamente dissonanti…
Questa è un’altra tecnica dei poteri che muovono la politica, cioè perpetrare all’infinito le emergenze, lo “stato d’eccezione”. Perché è vero che ci sono delle emergenze, ma se le emergenze le fai diventare croniche poi lo Stato si sente giustificato a utilizzare lo stato di emergenza impiegando poteri eccezionali e derogando alle norme ordinarie. Per dirla in maniera semplice, lo fa con l’obiettivo di avere le “mani libere”.
Risuona quello che spesso ha affermato il filosofo Giorgio Agamben, parlando di come l’attualità sia caratterizzata dall’uso di uno stato di eccezione permanente, dove si passa di emergenza in emergenza per giustificare una sospensione del diritto. Ritiene che quasto sia funzionale agli interessi criminali?
Assolutamente. È ideato e programmato ed è utile e necessario a quel sistema. Lo stato d’eccezione nel sistema criminale è controllo del denaro pubblico e corruzione che diventa sempre più ingegnerizzata e legalizzata. Per il sistema, esso rappresenta un elemento utilissimo, a vari livelli, per operare e portare avanti i suoi interessi. Lo vediamo anche con il fenomeno del commissariamento che con la scusa dell’emergenza viene assegnato ormai per la gestione di ogni calamità naturale o per la costruzione di opere pubbliche. Un sistema che, con il pretesto di contrastare la burocrazia e velocizzare le opere, si trasforma spesso in una grande abbuffata per il malaffare. Con una confusione indistinta tra controllori e controllati, consulenti, liberi professionisti e colletti bianchi. È un modo di agire proprio del sistema: dove arriva un fiume di denaro pubblico, le regole vengono chiaramente cancellate o affievolite. Si possono mettere “le mani in pasta”. Ma non si fa tutto questo per affrontare un’emergenza e risolverla in tempi brevi: lo si fa per perpetuarla all’infinito.
[di Stefano Baudino]
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link