Dossier/ Guerra ai Poli. L’Antartide (2)

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Dopo decenni di tranquillità, lo status quo in Antartide non è più così al sicuro. Un primo elemento da tener presente è il cambiamento climatico.  Negli ultimi 40 anni, il rinverdimento dell’Antartide (greening) è aumentato di 10 volte, in forte accelerazione negli ultimi anni. Il Continente ghiacciato è inoltre una delle regioni del Pianeta dove il riscaldamento globale sta avanzando più velocemente e dove stanno diventando più frequenti e intense le ondate di calore. Secondo uno studio dell’università di Exeter pubblicato sulla rivista scientifica Nature Geoscience il 4 ottobre 2024, tra il 1986 e il 2021 l’area di Antartide non coperta da ghiacci e su cui la vegetazione torna a comparire è passata da meno di 1 km2 (0,863 km2) a quasi 12 km2 (11,947 km2). Tra il 2016 e il 2021, inoltre, il tasso di greening aggiuntivo è stato di 424 km2 l’anno. Ben superiore a quello medio dell’intero periodo dal 1986 (317 km2).

Un altro elemento riguarda invece la competizione tra grandi potenze e la crescente domanda di risorse. L’Antartide, infatti, non è attualmente un punto caldo geopolitico, ma ci sono crescenti preoccupazioni sulla crescente presenza di grandi potenze, come ala Cina, la Russia e (in prospettiva l’Iran), nella Regione.

In ogni caso, secondo molti, l’Antartide non sta seguendo la strada dell’Artico: non c’è la stessa pressione sulle rotte marittime a causa dello scioglimento dei ghiacci marini, non è in programma nessuna rinegoziazione del Trattato nel 2048 (anno in cui una qualsiasi delle Parti consultive del Trattato Antartico può convocare una conferenza di revisione del funzionamento del Protocollo) e rimane ancora in piedi un sistema robusto, seppur sottoutilizzato, per monitorare i requisiti di non militarizzazione del trattato che, insieme al clima inospitale dell’Antartide, continua a ridurre al minimo il rischio che quella Regione venga utilizzata come punto di partenza per aggressioni.

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Dossier/ Guerra ai Poli. L’Artico (1)

Le mosse di Russia e Stati Uniti

Durante la riunione operativa del Trattato Antartico di maggio 2024 è emersa una notizia secondo cui la Russia ha “scoperto” 510 miliardi di barili (ovvero il doppio delle riserve dell’Arabia Saudita nel 2022) di potenziale idrocarburico nelle acque del “Territorio Antartico Britannico”. Il Daily Maverick, con sede in Sudafrica,  è stato in prima linea nell’indagine sulle attività in corso di una nave russa, l’Alexander Karpinsky , che fa parte della Polar Marine Geosurvey Expedition. La Karpinsky è stata nel Mare di Weddell diverse volte dal 2011, ma gran parte del suo lavoro si è svolto nei bacini sedimentari dell’Antartide orientale e nei dintorni.

Alcuni osservatori hanno sollevato dubbi sulla natura e lo scopo dell’attività di esplorazione russa, visto il divieto permanente di estrazione mineraria in Antartide. In ogni caso, la Russia ha dato pubbliche assicurazioni di non essere impegnata in “prospezioni”, ma ha sottolieneato il suo interesse per l’Antartide. Il ministro della Difesa russo Andrei Belousov, intervenendo alle celebrazioni della Giornata della Marina il 28 luglio 2024, ha sottolineato che la presenza della Russia in Antartide è un interesse centrale della Russia.

Diverso invece l’atteggiamento Usa, che sembra essere in questo periodo (nuova amministrazione Trump permettendo) meno interessato all’Antartide. Nel corso dell’ultimo anno, gli unici annunci provenienti dal governo degli Stati Uniti sono stati che ridurrà le sue attività a breve termine e le capacità a lungo termine nella Regione. La National Science Foundation (Nsf) ha annunciato ad aprile 2024 che non avrebbe supportato alcun nuovo lavoro sul campo nella prossima stagione, a causa della mancata modernizzazione (ritardata dal Covid19) della stazione McMurdo, che creerà difficoltà per i ricercatori nel breve termine. Inoltre, la Nsf e la Guardia costiera statunitense hanno annunciato tagli che, secondo il Center for Strategic and International Studies, comprometteranno gli interessi scientifici e geopolitici degli Stati Uniti nella regione per i decenni a venire. Nello specifico, la Nsf ha annunciato ad aprile che non avrebbe rinnovato il contratto di locazione per una delle sue due navi da ricerca antartiche. Nessun alto funzionario del Dipartimento di Stato, inoltre, ha fatto un discorso politico che delineasse gli interessi di politica estera degli Stati Uniti nella regione.

Nei fatti, quindi, la Casa Bianca sembra, secondo il Center for Strategic and International Studies, “accontentarsi di una strategia nazionale obsoleta e incoerente per l’Antartide del secolo precedente e il Congresso degli Stati Uniti non ha intrapreso alcuna azione per implementare accordi pendenti di lunga data o per dare uno sguardo olistico agli interessi, alle attività e alle capacità degli Stati Uniti nella regione”.

La nuova tendenza dei Brics+

Una tendenza interessante e relativamente nuova emersa durante la 46a riunione consultiva del Trattato Antartico, avvenuta il 30 maggio 2024, è rappresentata dal comportamento dei Brics+. Secondo l’ente di ricerca indipendente Wilson Center, ci sarebbero “segnali timidi che indicano che India, Brasile e altre nazioni Brics+ potrebbero essere membri da tenere d’occhio in termini di collaborazione con Cina e Russia per interrompere la governance dell’Antartide”.

Per molte parti polari, tra cui Stati Uniti e Regno Unito, una potenziale coalizione Brics+ in Antartide è una prospettiva inquietante. Nel 2024, l’Arabia Saudita si è unita come stato aderente al Trattato e come coalizione potrebbe decidere di accelerare la richiesta del Paese di divenire uno stato con potere consultivo, rendendo disponibile una rete informale di basi scientifiche ai Brics+.  Secondo i ricercatori ci sarebbero infatti “ulteriori prove che paesi come India, Brasile o Sudafrica potrebbero essere in sintonia con la Russia sulla futura governance antartica. Insieme, i paesi Brics+ potrebbero potenzialmente spostare il processo decisionale basato sul consenso verso un modello più transazionale e opportunistico”.

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