Fusione tra Comuni in Veneto: il 51% ha meno di 5.000 abitanti, ma i progetti si fermano

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Nel 2024, nessun Comune italiano ha avviato un percorso di fusione. Questo dato segna una battuta d’arresto per i progetti di razionalizzazione amministrativa nel Paese, un fenomeno che ha toccato anche il Veneto, dove oltre la metà dei Comuni (286 su 560) conta meno di 5.000 abitanti, ospitando circa 715.000 persone, ossia meno del 15% della popolazione regionale.

Secondo i dati diffusi dalla Fondazione Think Tank Nord Est, in Italia si sono tenuti, complessivamente, 274 referendum per la fusione tra Comuni: 150 di questi sono stati approvati, pari al 55% del totale. Nel Veneto, dei 33 referendum indetti, il 52% ha avuto esito positivo. Questi numeri, però, non nascondono il rallentamento degli ultimi anni: dal 2019 in poi, sono state portate a termine solo 9 fusioni su scala nazionale, nonostante gli incentivi economici offerti da Stato e Regioni.

La frammentazione amministrativa rimane un tema centrale in Italia: su 7.896 Comuni, ben 5.519 (il 70%) hanno meno di 5.000 abitanti, e tra questi, 2.018 Comuni contano meno di 1.000 residenti. In Veneto, oltre il 50% dei Comuni rientra in questa fascia, ma i progetti di fusione non decollano. «La ritrosia al cambiamento e la paura di perdere la propria identità stanno bloccando il percorso di razionalizzazione amministrativa del nostro Paese», afferma Antonio Ferrarelli, presidente della Fondazione Think Tank Nord Est.

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Antonio Ferrarelli, presidente della Fondazione Think Tank Nord Est.

Il punto centrale, secondo Ferrarelli, è la necessità di creare un consenso diffuso. La chiave di questo processo è legata alla definizione dello statuto del nuovo Ente, che deve garantire rappresentanza e partecipazione per le comunità coinvolte. Ferrarelli suggerisce che per superare i timori identitari si possano introdurre strumenti come:

  • l’istituzione di Municipi presso le ex sedi comunali;
  • l’introduzione di prosindaci o consulte municipali;
  • l’apertura di sedi decentrate per l’erogazione dei servizi.

Grazie a queste misure, si potrebbe rassicurare i cittadini e garantire una transizione più fluida verso una nuova configurazione amministrativa.

I benefici delle fusioni

Gli incentivi economici restano uno dei principali motivi per cui molti Comuni valutano la fusione. Lo Stato italiano prevede un contributo per i Municipi che si aggregano, pari al 60% dei trasferimenti statali del 2010, per un periodo di 15 anni e fino a un massimo di 2 milioni di euro. A questo si aggiungono incentivi regionali, come trasferimenti straordinari, contributi per gli studi di fattibilità e priorità nei bandi pubblici.

Oltre agli incentivi economici, le esperienze di fusione già realizzate dimostrano che si possono ottenere numerosi benefici: maggiore capacità organizzativa, accesso a risorse e bandi altrimenti non disponibili e un miglioramento generale nella gestione dei servizi.

Le fusioni in Veneto e nel Nord Italia

Nel Veneto, dove il 52% dei referendum per la fusione è stato approvato, la situazione riflette quella nazionale: un interesse che, dopo il picco del 2018 (30 fusioni approvate a livello nazionale), si è progressivamente affievolito. Il contesto del Nord Italia è particolarmente significativo: il numero maggiore di Comuni si concentra in Lombardia (1.502) e Piemonte (1.180). Tuttavia, la percentuale di piccoli Comuni è particolarmente alta in Valle d’Aosta (99%) e Molise (94%).

In Friuli Venezia Giulia, altra regione vicina al Veneto, i Comuni con meno di 5.000 residenti sono addirittura il 71%, ma ospitano solo il 22,5% della popolazione totale. Anche qui, come in Veneto, il tema della frammentazione resta centrale.

Per concludere, la frammentazione amministrativa nel Veneto, e in Italia in generale, rappresenta una sfida complessa. Tuttavia, strumenti normativi, incentivi economici e una maggiore attenzione al coinvolgimento delle comunità locali potrebbero rilanciare il percorso di razionalizzazione amministrativa. Come sottolinea Ferrarelli, “superati i timori identitari, i benefici non solo economici sono evidenti e tangibili”.

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