Milano, l’ampliamento del Museo Diocesano. Il ministero della Cultura: «Bando da annullare»

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di
Giacomo Valtolina

«Opera per la preservazione e diffusione della fede» della Diocesi di Milano sospende la gara per altri due mesi. Relazione illustrativa chiesta dall’Anac

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Un mese fa, il prologo. Prima sospensione della gara per una parte dei lavori di ampliamento del Museo Diocesano appaltati dall’«Opera per la preservazione e diffusione della fede» della Diocesi di Milano, in attesa del parere dell’Avvocatura di Stato. Oggi — o meglio il 19 gennaio — lo svolgimento: «Sulla base delle valutazioni espresse dall’Avvocatura di Stato», il Segretariato regionale del Ministero della Cultura invita l’Opera diocesana «ad annullare in autotutela il bando», con l’autorità anti corruzione Anac a chiedere a ruota «una relazione illustrativa» da presentare «entro 20 giorni» (il 3 febbraio, ndr) con «differimento dei termini della sospensione di ulteriori 60 giorni» al 22 marzo 2025. Per l’epilogo, invece, bisognerà ancora attendere.
 
Sulla procedura di assegnazione dei lavori per il nuovo Museo Diocesano allargato ai chiostri della basilica di Sant’Eustorgio, infatti, aleggia lo spettro di un contenzioso legale da azzeccagarbugli. La denuncia (di violati principi di «trasparenza, imparzialità, concorrenza e legalità») era partita a ottobre da una lettera aperta di un centinaio di architetti (oggi saliti a oltre 200) indirizzata a Ministero, Regione e Comune, in cui si ricordava l’iter di un progetto di ripristino atteso dai bombardamenti del 1943 (di cui il fianco del complesso su corso di Porta Ticinese, porta ancora il segno): convenzioni — dato che la proprietà delle aree del convento (e dunque dei chiostri) è di Palazzo Marino —, precedenti concorsi (2007) e protocolli (2022), per rimarcare la proprietà pubblica dell’area, la destinazione d’uso (parrocchiale e non museale) del «primo» chiostro, ma soprattutto lo stanziamento di fondi pubblici per 6 milioni (nel 2022) al Museo nel programma di interventi «Grandi progetti Beni culturali». 

Come fattore scatenante a monte, inoltre, la vicenda più epidermica per i professionisti: l’assegnazione, con fondi privati e in via diretta, del documento di indirizzo progettuale (Dip) allo studio dell’architetto Cino Zucchi (peraltro già sconfitto nella precedente gara del 2007 dall’idea del gruppo spagnolo Llinàs Carmona) e l’esplicitata clausola del concorso oggi all’indice (un bando da 730mila euro per progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto esecutivo e direzione lavori) che richiede redazione e sviluppo del piano «seguendo le indicazione architettoniche fornite dallo studio Cza (…) al quale spetterà l’approvazione delle soluzioni tecniche (…)», come denunciato anche da una nota della fondazione Inarcassa, l’ente previdenziale dei progettisti, mobilitata da una serie di segnalazioni degli iscritti. Incarichi affidati in «via privatistica» senza violazione delle norme, sostengono dall’Opera Diocesana. 




















































Ma che invece, in quanto aree comunali, secondo gli architetti necessitavano di una gara pubblica, con altre criticità, dall’assegnazione diretta allo spacchettamento del progetto, fino alla «subordinazione» allo studio Cza, «illegittimo» per il Codice degli appalti, e il cui progetto «non è stato allegato alla documentazione di gara». Dall’Opera fanno sapere che la proroga della sospensione del concorso è stata assunta «in spirito della più ampia collaborazione con la pubblica amministrazione», pur convinti «di aver operato secondo i principi» di legge, con l’obiettivo di non fermare i cantieri di un progetto che è già stato sottoposto al parere della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città metropolitana.

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