Dal giuramento sulla Bibbia di Trump allo studio biblico di Valditara

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Il giuramento del Presidente degli Stati Uniti sulla Bibbia è una tradizione radicata da secoli nella cultura politica americana. Il caso di Donald Trump non ha fatto eccezione: nel giorno dell’insediamento, il magnate ha pronunciato il proprio solenne “giuro” con la mano posata su una Bibbia di famiglia (oltre che su quella di Lincoln, come vuole il protocollo), simbolo di un Paese nato all’insegna della fusione tra istituzioni repubblicane e forte influenza religiosa. Un rituale che affonda le sue radici nel giuramento di George Washington, primo presidente USA, e che nel tempo ha alimentato un dibattito su laicità e religione nella sfera pubblica.

Tradizione e politica negli Stati Uniti
Fin dagli albori della storia americana, il giuramento sulla Bibbia è stato percepito come una sorta di “patto” con il popolo, sottolineando la dimensione morale dell’atto di governo. Non esiste, in realtà, alcun obbligo costituzionale di usare il testo sacro; eppure, da Washington a Biden, soltanto in rari casi si è rinunciato a questo simbolo. Anche Donald Trump, dunque, si è inserito in una sequenza ininterrotta che ribadisce l’intreccio tra il senso di responsabilità civile e i principi della cultura giudaico-cristiana negli Stati Uniti.

Il dibattito sulla Bibbia in Italia e la proposta di Valditara
L’utilizzo di riferimenti biblici in ambito educativo non è un tema esclusivo degli Stati Uniti. Recentemente, il ministro italiano dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha proposto di inserire momenti di studio della Bibbia nei programmi scolastici. L’idea di fondo – al netto di discussioni e interpretazioni politiche – è che i testi biblici, riconosciuti come fondamentali nella letteratura e nella cultura occidentale, possano offrire spunti di riflessione storica, linguistica e valoriale.
Non tutti, però, sono d’accordo. La questione dell’obbligatorietà (o anche della sola introduzione) di una lettura biblica in ambito scolastico riaccende il dibattito sulla laicità dello Stato: c’è chi ritiene che uno spazio dedicato alla Bibbia possa diventare una forzatura confessionale; altri, invece, sostengono che uno studio consapevole della tradizione religiosa sia imprescindibile per formare cittadini colti e in grado di comprendere le radici della società europea.

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Il “saluto romano” di Elon Musk e la bufera mediatica
Nel frattempo, a surriscaldare ulteriormente il clima, è arrivato un gesto di Elon Musk – immortalato in un video circolato sui social – che alcuni hanno interpretato come un “saluto romano” (o “saluto fascista”). Non è chiaro se si sia trattato di un momento goliardico, di un fraintendimento o di un gesto consapevole: la polemica, tuttavia, si è accesa subito.
In Italia, il saluto romano è indissolubilmente legato al ventennio fascista e suscita reazioni forti e immediate. Ecco dunque che quel rapido movimento del braccio di uno degli uomini più ricchi e influenti al mondo diventa argomento di discussione politica: c’è chi lo denuncia come un segnale di una deriva populista-internazionalista, chi lo minimizza derubricandolo a gaffe o provocazione.

La politica italiana divisa

L’area di destra ha cercato di ridimensionare l’episodio, interpretandolo come un gesto involontario o, al massimo, come una provocazione mediatica. In quest’ottica, l’attenzione si sposta su altri temi, ritenendo più urgente occuparsi di questioni concrete (economia, sicurezza, riforme) piuttosto che di gesti simbolici ritenuti marginali. La destra sovranista ed estrema potrebbe addirittura aver applaudito il gesto, scorgendo un improbabile richiamo alla propria visione identitaria; tuttavia, si tratta di posizioni minoritarie e spesso isolate, che non trovano ampio spazio nel dibattito pubblico. Il centrodestra moderato è più attento a non scivolare su simboli storici che potrebbero alimentare polemiche, il centrodestra “governista” tende a prendere le distanze e a condannare, almeno formalmente, qualsiasi richiamo nostalgico al fascismo. Nel centrosinistra e sinistra la condanna è pressoché unanime e dura, a tratti anche ironica, verso Musk. L’episodio viene letto come un segnale di “sdoganamento” di gesti legati a periodi bui della storia europea, enfatizzando i pericoli del revival di retoriche ultranazionaliste a livello globale. Non manca la lettura che vede nel “saluto romano” di Musk l’ennesima dimostrazione di come il potere economico e quello mediatico possano cercare di normalizzare, persino con un sorriso, atti che riportano a ideologie totalitarie. Per il Movimento 5 stelle e altre forze “terze” si discute se la polemica sia più un pretesto per distogliere l’attenzione da temi ben più rilevanti. Alcune voci sottolineano che, sebbene sia doveroso condannare simboli e gesti fascisti, non si dovrebbe cadere nel tranello di inseguire la provocazione di un magnate in cerca di visibilità, pena il rischio di “spettacolarizzare” oltremodo il dibattito politico.

Un filo rosso: il peso dei simboli
Tra il giuramento di Trump sulla Bibbia, la proposta di Valditara di introdurre la lettura biblica a scuola e il possibile saluto romano di Musk, emerge un elemento comune: l’importanza dei simboli e della narrazione politica. Se, in un certo senso, la Bibbia rappresenta la tradizione e l’eredità spirituale di culture intere (dalle quali derivano valori come la solidarietà, il rispetto, la dignità umana), il saluto romano è invece evocativo di un passato che l’Italia e l’Europa hanno cercato di lasciarsi alle spalle.
Questi due poli – il sacro e il totalitario – finiscono per convivere nell’arena pubblica attraverso gesti, citazioni, proposte, e aprono la strada a riflessioni su identità, laicità, democrazia e rispetto delle minoranze.

La storia – e l’attualità – ci insegna che la forza simbolica dei gesti e delle parole, soprattutto in politica, è centrale. Il giuramento di Trump sulla Bibbia rappresenta un richiamo alla tradizione religiosa come fondamento del suo messaggio politico; la proposta di Valditara di far studiare la Bibbia nelle scuole italiane tocca il delicatissimo nodo del rapporto tra Stato e religione; il presunto saluto romano di Elon Musk riporta in superficie i fantasmi del fascismo e divide l’opinione pubblica italiana.
In un’epoca in cui la comunicazione corre veloce e i social media amplificano ogni segnale, ciò che un tempo sarebbe passato in secondo piano assume una rilevanza enorme. Sta alla maturità delle istituzioni, dei partiti e dei cittadini saper contestualizzare, giudicare e, all’occorrenza, prendere le distanze da gesti e simboli che rischiano di confondere i confini tra valori millenari, retaggi storici e provocazioni interessate.



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