Crisi idrica in Basilicata, proposta di Rifondazione Comunista Basilicata. Di seguito la nota inviata da Nicola Sardone, coordinatore regionale di Rifondazione comunista Basilicata.
La mobilitazione dei mesi scorsi per l’essere venuta meno l’acqua per la popolazione dei 29 comuni serviti dalla Camastra e da alcune sorgenti ha fatto emergere la necessità di essere presenti in tutte le decisioni, quelle urgenti e quelle di più lungo respiro per la gestione dell’acqua risorsa vitale. Abbiamo condiviso e sostenuto nel comitato “Acqua Pubblica Peppe di Bello” che tutto quello che attiene al ciclo dell’acqua deve essere gestito dal pubblico e non deve essere dato ai privati. Lo statuto di Acqua del Sud che gestisce gli invasi prevede che il 30% delle azioni deve essere dato ai privati. Dobbiamo opporci e rilanciare. L’acqua deve essere pubblica e partecipata, a partire dalla predisposizione di un Piano Regionale Di Tutela Delle Acque, fatto con la partecipazione popolare prevista dagli art. 3 e 16 dello Statuto Regionale vigente e che passi dall’approvazione del Consiglio Regionale. Tanto più che quello adottato dalla Giunta Regionale nel 2008, si dice sia in corso di revisione. Per non dover assistere più alle menzogne, al lassismo, al fatalismo, ed anche a violazioni di leggi e procedure oltre ad annunci di impegni improbabili e scelte di investimenti che servono a fare appalti ma non a risolvere problemi vitali per le popolazioni, è il caso del pensare che l’invaso di Acerenza possa essere utilizzato per gli usi umani. Ripercorrendo l’accaduto. A giugno dell’anno scorso sono iniziati gli inviti tramite ordinanze comunali richieste da Acquedotto Lucano a ridurre il consumo di acqua. Intanto la Regione non programmava alcunché sperando che arrivasse la pioggia. Intanto veniva svuotata la diga della Camastra perché bisognava intervenire sullo sbarramento indebolito con il ferro fuori dal calcestruzzo. E’ del 2003 la legge che impone l’adeguamento delle dighe alle norme antisismiche. Dighe mai collaudate in Basilicata come pressoché in tutta Italia. Nessun intervento degno di nota veniva realizzato sulle reti idriche colabrodo che perdevano il 70% dell’acqua. Nessuna ricerca di altre sorgenti è stata fatta e si è arrivati ad ottobre all’emergenza che ha portato il governo regionale a decidere di mandare nei rubinetti nelle case l’acqua del Basento. Nascondendoci un documento della ASP sui tavoli tecnici tenuti presso il Ministero dell’ambiente il 24/10/24 ed il 12/11/24, che con prot. n.121982 del 05/12/2024, che oltre ad altri destinatari veniva inviato alla Regione Basilicata che rappresentava il rischio concreto che nell’acqua del Basento inviata nei rubinetti arrivassero i fosfogessi della Liquichimica e la trielina della Daramic di Tito. Cose di cui eravamo consapevoli grazie al lavoro di ricerca e di denuncia del compianto Peppe Di Bello sempre avversato dalle istituzioni regionali. Di più, chissà per quale recondito motivo, la Regione Basilicata, una settimana prima del pronunciamento del TAR di Potenza su chi deve fare la bonifica della Daramic, annuncia che darà corso alla bonifica stessa. Anche per la bonifica, relativamente alle competenze della Regione va richiesta l’attivazione della partecipazione popolare. E’ importante farlo. Queste sono materie di cui avrebbero dovuto interessarsi i sindaci. Pochi lo hanno fatto, quello di Tito, i più hanno fatto i rassicuratori, non sono stati creduti. La stragrande maggioranza della popolazione non ha bevuto l’acqua del Basento. Ultimamente Acquedotto Lucano ha dichiarato che sta cercando altre sorgenti. E’ positivo. Una soluzione c’è, quelle di Marsiconuovo. Va revocata l’autorizzazione del pozzo ENI detto Pergola 1. Abbiamo bisogno dell’acqua delle sorgenti. Quella della Camastra è classificata A3 al limite della potabilizzazione, servirà per gli altri usi. Ora l’acqua della Camastra viene ancora sversata. Dobbiamo pretendere dal presidente di Acqua del Sud il piano industriale per la Camastra per avere certezza sulla disponibilità dell’acqua per le estati ma anche per essere l’invaso adeguato ai cambiamenti climatici caratterizzati sempre più dall’alternarsi di siccità ed eventi alluvionali. Gli interventi vanno fatti tutti, dal consolidamento mancante alla liberazione delle paratoie di fondo, agli sfioratoi che devono contenere il rischio di tragedie dovute alle bombe d’acqua sempre più frequenti in Italia. Le stesse considerazioni vanno fatte, adattate, per gli altri invasi. La Basilicata ha dato acqua a 5 milioni di persone, può continuare a farlo, anche per gli usi irrigui ed industriali ma l’acqua non va trattata come una merce qualsiasi. E’ in diminuzione, non va sprecata, va coltivata e salvaguardata. E’ necessario sapere anche su quali falde si può contare, quali sono state inquinate dalle estrazioni petrolifere ed abbiamo bisogno di sapere quali interventi vanno programmati sul territorio per l’adattamento al cambiamento climatico. Partecipare alla redazione del Piano di Tutela delle Acque è vitale anche per la programmazione delle attività economiche da sostenere e/o impedire.
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