Napoli, da Space Frontier motori e combustibili ibridi: la nuova frontiera spaziale

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La propulsione aerospaziale è un bel salto per tutti, anche per Tommaso De Angelis e Stefano Russo. «Dopo circa 10 anni dalla prima start up e tanta esperienza accumulata – spiegano – sappiamo riconoscere su cosa puntare. Le nostre competenze acquisite – dice Tommaso – ci hanno fatto comprendere che è fondamentale l’approccio imprenditoriale. L’abbiamo applicato dalla nascita della start up Space Frontier, di cui sono il Ceo».

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Costituita nel 2023, si occupa di propulsione aerospaziale con particolare attenzione allo sviluppo di motori ibridi che combinano propellenti solidi e liquidi, ideali per una varietà di applicazioni, dalle missioni suborbitali al lancio di piccoli satelliti.

L’idea

«Siamo partiti con un’idea di Francesco Renzulli, 25 anni, laureato in Ingegneria Aerospaziale alla Federico II, CTO della start up, che voleva testare un motore per aerospazio basato su bioplastiche stampate in 3D. Quando nel 2019 lo abbiamo incontrato insieme a Daniele, Alessandro e Antonio abbiamo deciso di co-fondare Space Frontier. Con un team più ampio, è stato completato lo sviluppo del S36300».

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Nel team ci sono dunque De Angelis e Russo di Pianura, entrambi trentasettenni e laureati in economia, Antonio Grillo ex direttore di FabLab, laureato in design industriale, 50 anni, Alessandro Prisco di Casoria, ingegnere di test, laureato in ingegneria dell’automazione, Daniele Rapacciuolo, ingegnere di sistemi embedded, laureato in ingegneria dell’automazione, anche loro di 25 anni e tutti laureati alla Federico II di Napoli. In sintesi Space Frontier è un’azienda all’avanguardia nel settore aerospaziale?

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Tommaso è rapido: «È focalizzata sull’innovazione nel campo della propulsione che sta sviluppando una nuova famiglia di combustibili per motori solidi e ibridi, utilizzando bioplastiche proprietarie stampate in 3D». E cosa permette questa tecnologia? «La creazione di geometrie complesse e composizioni personalizzate del combustibile, ottimizzando le performance dei motori senza necessità di modificarne l’architettura. Inoltre, l’adozione di nuove molecole di PLA, sviluppate per migliorare la combustione nei motori a razzo, crea nuove possibilità e alternative sostenibili per migliorare l’efficienza e ridurre i costi di produzione».

Un settore delicato ma anche complesso, Tommaso dice: «Abbiamo creato un partenariato con la Federico II – Dipartimento di Ingegneria Chimica, con La Sapienza di Roma – Scuola di Ingegneria Aerospaziale, l’Università del Sannio – Dipartimento di Scienze e Tecnologie, col CNR IPCB – Istituto per i Polimeri, Compositi e Biomateriali e il CNR STEMS – Istituto di Scienze e Tecnologie per l’Energia e la Mobilità Sostenibili». Dunque, nuovi biomateriali per la combustione in motori a razzo?

«Esattamente. Alcuni di noi si occupano della parte gestionale, dei rapporti con gli investitori e del design mentre Francesco, Daniele e Alessandro si occupano della ricerca innovativa sulle bioplastiche che offrono un controllo senza precedenti sulle prestazioni dei motori. L’uso di bioplastiche contribuisce a ridurre l’impatto ambientale delle operazioni spaziali».

«Noi – sostiene Tommaso – abbiamo incontrato Francesco che aveva in testa una precisa idea tecnologica, noi ci siamo occupati del business model, incontrato investitori per il decollo del progetto, non trascurando quella che è la parte più innovativa portata avanti da Francesco, Alessandro, Daniele, e Antonio per il design». Perché partire dai combustibili? «Sono il cuore dei motori a propulsione. Vengono utilizzati per diversi tipi di propulsione, come quella liquida, alimentati da kerosene, nel caso di Space X da metano. C’è tutta un’altra serie di propulsioni solide basate su un combustibile che brucia, c’è infine una propulsione ibrida che è fatta da una liquida e una solida di combustibile».

Tutto questo a cosa serve? «A spingere i missili. Tutti questi motori sono basati su diverse tecnologie – spiega – noi abbiamo sviluppato un combustibile adatto alle tecnologie ibride e solide, stampabile in 3D». Ma il combustibile è liquido, come si fa a stamparlo? «Questo è il punto. Il grande vantaggio nell’utilizzo di combustibili solidi è la stampa 3D che aiuta moltissimo per le bioplastiche. Hanno una impronta pari a zero, per l’impatto ambientale».

Carburanti «stampati»

E come ci siete arrivati? «Nel settore aerospaziale ingegneri come Francesco si rifanno a database informativi della Nasa. Che sono pubblici…». E i motori ibridi di Space Frontier? «Offrono un’alternativa accessibile e adatta per satelliti e applicazioni che richiedono flessibilità operativa e spinte modulabili. I motori elettrici, come quelli a effetto Hall o a ioni, stanno guadagnando popolarità per la loro elevata efficienza, che consente di prolungare la vita operativa dei satelliti».

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E in quale fase siete? «Stiamo mettendo a punto il motore poi si passa alla certificazione. Siamo concentrati sullo sviluppo di nuove molecole di PLA per riuscire ad avere le caratteristiche di combustile per l’aerospazio. Per la fine di quest’anno l’obiettivo è di ultimare questa molecola, anche grazie all’investimento di Galaxia, il polo di trasferimento tecnologico di CdP, e da Obloo venture investor. Insomma creare una nuova molecola di PLA e una famiglia di combustibili per interessare le aziende di propulsione ibrida e solida da stampare in 3D».





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