Parlamento europeo chiede il rilascio dello scrittore Sansal e del poeta Tadjadit
Algeria: censura e repressione. Chiusa la casa editrice Frantz Fanon
Messi i sigilli per 6 mesi alla realtà editoriale, che prende il nome dallo psichiatra, filosofo e politico martinicano. La sospensione è legata a un saggio sulla presenza ebraica nel paese nordafricano. Le autorità accusano il testo di minare l’identità nazionale. Provvedimento assunto in un clima di crescente censura nei confronti di intellettuali e attivisti
24 Gennaio 2025
Articolo di Nadia Addezio
Tempo di lettura 5 minuti
In Algeria, il nuovo anno è tornato a pieno “regime” repressivo, o forse non ha mai smesso. Il 14 gennaio, infatti, è stata ordinata la chiusura per sei mesi della casa editrice Frantz Fanon, a Boumerdès.
Complice un libro scritto dall’autrice franco-algerina Hédia Bensahli e pubblicato nel 2023, che tratta la millenaria presenza ebraica in Algeria. Un saggio già finito nel vortice della censura nei mesi scorsi per la prefazione scritta da Valérie Zanatti, docente di ebraico franco-israeliana.
Dopo l’ordine di chiusura improvviso e temporaneo che ha raggiunto il 17 novembre la Cheikh Multilivres, una famosa libreria di Tizi Ouzou, a causa di “un fallimento amministrativo”, è arrivato il turno della casa editrice Frantz Fanon.
Se la repressione della scena culturale e intellettuale del paese quasi non fa più notizia, la chiusura temporanea della Frantz Fanon risuona con forza, assumendo caratteri inediti e spingendo a nuovi quesiti.
L’eredità fanoniana
La Frantz Fanon ha sede a Boumerdès, una città costiera della Bassa Cabilia nonché capoluogo dell’omonima wilaya (provincia), a 50 chilometri da Algeri.
Prende il nome dal grande psichiatra e filosofo politico martinicano, figura chiave degli studi postcoloniali, che tanto caro fu al paese maghrebino (ma non solo, evidentemente) per la sua militanza rivoluzionaria nel Fronte di liberazione nazionale (Fln) contro il dominio coloniale francese, durante la Guerra d’Algeria.
Nata nel 2014 su impulso della giornalista e scrittrice Amar Ingrachen e dell’accademica Sarah Slimani, la Éditions Frantz Fanon ha tentato in questi ormai 11 anni di vita d’ispirarsi all’enorme eredità intellettuale fanoniana, facendo del pensiero libero e dinamico, improntato all’azione concreta, la propria bussola editoriale.
“L’uomo è un movimento verso gli altri” è il motto fanoniano che ha guidato sino ad oggi la casa editrice e che, in questi anni, ha spinto alla pubblicazione di oltre 150 libri.
Sigilli per un saggio sulle origini ebraiche
Nonostante le infinite buone intenzioni, il 14 gennaio la Frantz Fanon si è vista apporre i sigilli dai servizi della Prima sicurezza urbana per la “pubblicazione di un libro il cui contenuto mina la sicurezza e l’ordine pubblico, nonché l’identità nazionale, e diffonde discorsi di odio”. La fondatrice Amar Ingrachen è stata messa sotto controllo giudiziario.
Il libro in questione è L’Algérie juive: L’autre moi que je connais si peu (Algeria ebraica – L’altro me che conosco così poco) della scrittrice franco-algerina Hédia Bensahli. Si tratta di un lavoro che mira a interrogarsi sulla multidimensionalità dell’identità algerina – spesso ridotta a un unicum arabo-musulmano dal discorso nazionalista di stato – e che cerca di riportare in luce la presenza ebraica registratasi nel corso dei secoli in territorio algerino, ancor prima che i confini fossero delineati.
“L’Algeria ebraica non è un’Algeria accanto o contro altre Algerie, ma è una delle sfumature più autentiche di un crogiolo multiculturale e multietnico che risale a diversi millenni”, si legge nella quarta di copertina del saggio.
Le prime interdizioni
L’Algérie juive, pur essendo stato pubblicato nel 2023, è verso la fine del 2024 che ha iniziato a ricevere le prime interdizioni. Il 23 ottobre scorso, infatti, erano state confiscate le copie del saggio in diverse librerie e biblioteche dove era stato diffuso.
Eventi seguiti, poi, dall’annullamento di incontri letterari con l’autrice Bensahli per ordine delle autorità algerine, come quello organizzato proprio dalla libreria Cheikh o quelli calendarizzati dalla Frantz Fanon, editrice del saggio.
In particolare, i dipendenti della casa editrice erano stati interrogati sulla pubblicazione, distribuzione e organizzazione degli incontri. Ma ad aver attirato l’attenzione delle autorità è stata in particolare la prefazione al saggio scritta da Valérie Zenatti, docente di ebraico franco-israeliana.
Le ripercussioni algerine avevano luogo mentre Gaza veniva dilaniata dai bombardamenti israeliani.
Zenatti, riporta Le Monde, avrebbe svolto il servizio militare nell’esercito israeliano durante la prima Intifada (1988-1990).
Elementi della sua biografia che hanno spaccato in due la società civile algerina che da una parte ha denunciato il “tentativo di normalizzazione culturale dei sionisti” e dall’altra “l’aumento di censura nel paese”.
Censura intellettuale
Mentre si discute, dunque, della chiusura della casa editrice Frantz Fanon e delle ragioni sottostanti, il 22 gennaio il Parlamento europeo ha diffuso la proposta di risoluzione per il rilascio di Boualem Sansal.
Lo scrittore franco-algerino di ottant’anni si trova in carcere dal 16 novembre con l’accusa ai sensi dell’articolo 87 bis del codice penale che, ricordiamo, ritiene atto terroristico o sabotaggio “qualsiasi atto volto alla sicurezza dello Stato, all’unità nazionale, alla stabilità e al normale funzionamento delle istituzioni […]”.
Nella proposta di risoluzione è citato il rilascio anche di Mohamed Tadjadit, attivista algerino conosciuto come “il poeta dell’Hirak”.
Nonostante a novembre avesse ricevuto la grazia presidenziale, il 20 gennaio è stato condannato a 5 anni di carcere per aver partecipato alla campagna social con l’hashtag “Manich Radhi” con cui si manifestava l’insiddisfazione per le condizioni economiche, sociali e politiche in Algeria.
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