Bill Gates: «Se fossi stato bambino oggi, mi avrebbero diagnosticato l’Asperger»

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In un’intervista al Wall Street Journal, in occasione dell’uscita del suo nuovo libro«Source Code», Bill Gates parla della sua infanzia e del suo incontro con Trump:«Impressionato dal suo interesse»

Al centro del suo nuovo libro, «Source code», in uscita il 4 febbraio (in Italia per Mondadori), c’è la sua infanzia. Ovvero il codice sorgente della sua vita. Bill Gates vuole tornare alle origini, a cosa è venuto prima della fondazione e dell’ascesa di Microsoft. La mia «storia umana, personale di come Bill Gates è diventato ciò che è oggi». E dai primi anni della sua vita inizia anche l’intervista con il Wall Street Journal, dove l’imprenditore e filantropo assicura che se oggi fosse un bambino, sicuramente gli avrebbero diagnosticato l’Asperger: «É una cosa piuttosto nuova. L’autismo una volta aveva una definizione molto stretta, chiaramente identificabile. Ma questa idea che se sei lento nella socializzazione… Sai, io avevo un comportamento che infastidiva le persone», racconta. Comportamento in cui oggi vede una corrispondenza verso modelli sullo spettro dell’autismo.  «Ripensandoci, era perché non mi comportavo nel modo standard. Eppure quella profonda concentrazione che si applicava alla matematica e alla scienze alla fine, per tutte le esperienze informatiche che ho avuto, è diventata una forza».

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In attesa di leggere il libro, Bill Gates svela che ci saranno anche nuovi dettagli sul rapporto con i suoi genitori: «Si chiedevano: si adatterà mai?» E poi hanno fatto due cose, di cui una fondamentale: mandarlo da uno psicoterapeuta «per capire come gestire le sue energie» e poi a studiare in una grande scuola. Qui ha conosciuto il suo partner di una vita, Paul Allen, con cui poi avrebbe fondato Microsoft. «La nostra visione a 18 anni è che la rivoluzione digitale avrebbe cambiato il mondo più di ogni altra cosa, e c’è stata un’esplosione poi». La Silicon Valley di allora – quella dei nerd – non è più la Silicon Valley di oggi: «Ma siamo ancora tutti nerd. Le “tech people” sono più ricche e stanno capendo qual è la “next big thing”», ovvero l’intelligenza artificiale. E poi però ammette: «Non pensavo fosse necessario avere un ufficio a Washinton. Poi ho capito che era un errore».




















































E qui si arriva alla politica e in particolare alla sua visione sul nuovo presidente, Donald Trump. I due si sono visti per cena – una cena «intrigante», la definisce – e hanno parlato per tre ore. Bill Gates ha portato a tavola i temi che gli stanno più a cuore, a lui e alla sua Fondazione: la lotta contro l’Hiv e l’importanza di accelerare l’innovazione nei vaccini. «Era affascinato nel sentire cosa potrebbe fare per massimizzare le possibilità nei prossimi quattro anni. Sono rimasto impressionato dal suo grande interesse», ammette.

Da Trump, il passo successivo non poteva che essere un commento su Elon Musk e sul suo nuovo ruolo come responsabile del Doge, il Dipartimento per l’efficienza del governo. «Ammiro molto del lavoro che fa – dice, rimanendo sul vago – L’approccio di tagliare le spese può essere di valore». E poi una piccola frecciatina: «Io non parlo dei politici europei come fa lui. Mi sorprende che trovi il tempo di fare così tante cose». Infine un commento sui guai che gli ha causato la sua relazione con Jeffrey Epstein, morto in carcere dove stava scontando una condanna per abusi sessuali e traffico internazionale sui minori: «Sono stato stupido a frequentarlo. Pensavo mi avesse aiutato con la filantropia, è stato un errore». E la sua più grande paura, che non lo fa dormire la notte: «Le possibilità di una pandemia naturale, che sono pari al 10-15 per cento. E noi non siamo preparati». 

25 gennaio 2025

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