Il 2024 è stato uno degli anni più difficili per le imprese vitivinicole statunitensi, con perdite di fatturato per il 30% del campione (rispetto al 24% nel 2023) sondato nel report 2025 della Silicon Valley Bank, i cui dati restituiscono un indice di fiducia della categoria ai minimi da un decennio. Le sfide di mercato sono molte: da un lato, trovare un rimedio al calo dei consumi di vino e al conseguente squilibrio nell’offerta che sono collegati al declino della popolazione dei boomer, così come a un rafforzamento delle campagne anti alcol; dall’altro lato, il pericoloso stallo che sta registrando il segmento dei vini premium e la necessità di trovare una comunicazione adatta ai consumatori tra 30 e 45 anni, per compensare il declino delle fasce adulte, i cui massimi effetti si dovrebbero sentire tra 2029 e 2031.
I dazi potrebbero favorire la produzione Usa
Il via ufficiale al secondo mandato per Donald Trump alla Casa Bianca, con le numerose incognite che il suo ritorno si sta portando dietro, potrebbe portare a un aumento delle tariffe sui vini di importazione europei. Ciò avrà due conseguenze: la prima è che i grandi buyer che acquistano lo sfuso dall’estero per imbottigliare e rivendere sul mercato Usa passerebbero ai vini nazionali; la seconda è che nuove tariffe doganali sui beni europei favoriranno i produttori di vino americano che, in gran parte, vendono sul mercato locale rispetto a quanto non facciano fuori confine. Ma questo al netto dei danni economici che peserebbero su importatori e distributori Usa che concentrano il proprio core business sul vino made in Ue.
L’elogio del Prosecco come apripista a vini più freschi
In un contesto di consumi in generale calo, i risultati più positivi sono per Sauvignon blanc, Pinot grigio, Prosecco e per vini da blend di uvaggi bianchi, a fronte di perdite in doppia cifra per i rossi, dal Merlot allo Zinfandel, dal Malbec allo Shiraz. Sembrano scomparsi dai radar delle migliori performance anche gli storici Cabernet e Chardonnay, che continuano a rappresentare il 30% delle vendite sul mercato Usa. Dal lato dei consumatori, il successo di questi vini varietali, soprattutto bianchi (tra cui il Prosecco), è dovuto – spiega l’autore del rapporto Rob McMillan, responsabile della divisione vini di Svb – alla facilità di approccio per chi è alle prime armi, alla minore gradazione alcolica rispetto ai rossi. Il Prosecco, in particolare, essendo percepito come bevanda celebrativa «costituisce una fonte di divertimento a prezzi convenienti e questo lo rende un potenziale apripista verso il vino, per i consumatori più giovani che oggi bevono acque frizzanti aromatizzate».
Convertire i consumatori più giovani al vino
Il vino dovrà affrontare il calo strutturale della categoria dei boomer, estimatori di questa bevanda, che entro il 2037 saranno 4,4 milioni in meno. Le speranze sono riposte in particolare nella fascia di età dai 31 ai 39 anni: «Hanno provato il vino, non sono inesperti ma bisogna convertirli. Compito difficile – scrive McMillan – ma questo è il problema cruciale». Solo il 3% dei consumatori entro i 60 anni beve esclusivamente vino e tra gli over 60 la percentuale è tra 7 e 10%. Ed è questa fascia che si andrà a perdere. Quella dei più giovani, infatti, sceglie prima la birra e gli spirit rispetto al vino e questo trend, secondo il rapporto di Svb, si manterrà tale anche nel 2025. Quella più avvicinabile da un marketing adeguato è, quindi, tra 30 e 45 anni: l’obiettivo deve essere far scegliere loro il vino più spesso.
L’Outlook 2025
Sul lato della domanda, il 2025 vedrà una prosecuzione del calo delle vendite online, una lieve flessione delle degustazioni in cantina, una predilezione delle fasce giovani per altre bevande oltre al vino. Complessivamente, dopo un 2024 stimato tra -1% e -3% a volume e a crescita zero a valore, le vendite sia a volume sia a valore nel 2025 dovrebbero flettere dell’1 per cento. Ma se l’industria saprà far leva sul prezzo dei vini, abbassandolo, potrà limitare i danni, scrive la Silicon Valley Bank. Considerando anche l’abbondanza delle scorte nelle cantine Usa, questa politica di sconti potrebbe interessare tutte le tipologie: uve, sfusi e imbottigliati. Il 2025 potrà, quindi, essere un buon anno per quei consumatori alla ricerca di buoni affari, nonostante un 42% dei produttori intenda aumentare i prezzi.
Lo sarà anche per le società che vogliono acquistare vigneti, essendo aumentati quelli messi in vendita. Infatti, chi venderà nel 2025 (per opportunità o per necessità) lo farà ma a prezzi inferiori degli anni scorsi. Infine, anche il segmento premium non ha brillato nel 2024, contrariamente alle previsioni dello scorso anno della stessa Silicon Valley Bank. Il rapporto 2025, infatti, corregge il tiro e spiega che, dopo la flessione, questa categoria tornerà a crescere ma in modo «piatto tra 2027 e 2029» e, successivamente, seguendo l’andamento del tasso di inflazione. Insomma, tempi duri per tutti.
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