Il Comprensorio Colere Lizzola: opportunità o scempio?

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Colere Lizzola la disputa sul progetto di collegamento tra le stazioni sciistiche nella provincia di Bergamo, mette in moto entusiasmo e preoccupazione. L’ambizioso progetto, prevede la costruzione di quattro nuovi impianti di risalita, una funicolare in tunnel di 450 metri sotto il Pizzo di Petto e lo smantellamento degli impianti obsoleti di Lizzola, con la costruzione di una moderna telecabina. Un imponente piano che si inserisce in un contesto ambientale delicato e che prevede un investimento 50 milioni di euro di fondi pubblici; questa cifra aumenta fino a 70 milioni.

Il progetto è stato presentato da RSI (sei mesi fa) la società che governa gli impianti di risalita di Colere, in Val di Scalve. Presentato – e depositato nei Comuni coinvolti.  Tale progetto nasce con l’intento di trasformare l’offerta turistica della zona, tra le valli Conchetta e Sedornia, due aree naturali di grande valore paesaggistico. Le piste si estenderebbero tra i 1.800 e i 2.200 metri di altitudine. Coinvolgendo territori compresi nella Zona Speciale di Conservazione (ZSC) Val SedorniaVal ZurioPizzo della Presolana.

Un sito tutelato dalla Rrete Europea Natura 2000 all’interno del Parco Regionale delle Orobie Bergamasche. Il nuovo comprensorio dovrebbe essere operativo entro la fine del 2026, ma il percorso per ottenere tutte le necessarie autorizzazioni è ancora lungo e complicato.

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Diverse associazioni si oppongono al progetto, le perplessità riguardano soprattutto la sostenibilità economica e ambientale. Sostanzialmente il prospetto si presenta come un’opera insostenibile su più fronti, che al netto delle dichiarazioni rilasciate da RSI, avrà un impatto negativo sul territorio in termini ambientali, sociali ed economici.

A contestare il progetto del Comprensorio Colere Lizzola è il comitato terreAlt(r)e, supportato da diverse associazioni ambientaliste. Tra cui il Club Alpino Italiano (CAI), Mountain Wilderness, Legambiente e LIPU. Hanno aperto una petizione sulla piattaforma Change.org che ha raccolto oltre 8.000 firme e pubblicato un manifesto per illustrare le ragioni del no.

Le critiche sui diversi aspetti:

  • Impatto ambientale: dal punto di vista ambientale, il progetto rappresenta una minaccia significativa. La realizzazione di nuove piste e impianti avrebbe un impatto devastante su un territorio già fragile, con livellamenti e scavi che minerebbero flora, fauna e paesaggi.
  • Sostenibilità economica: il clima che rende sempre più dubbiosa la presenza di neve naturale, una diminuzione stimata del 40% dei giorni di innevamento nei prossimi 50 anni. Cosicchè, l’innevamento artificiale diverrebbe essenziale. Il costo, per innevare un chilometro di pista, varia tra i 40.000 e i 50.000 euro a stagione. Una cifra che grava sulle casse pubbliche.
  • Competitività: il comprensorio dovrebbe tener testa ad una forte concorrenza di zone sciistiche vicine già consolidate e meglio attrezzate. Inoltre, la nuova struttura non porterebbe a un aumento dei chilometri di piste disponibili, in quanto alcune piste di Lizzola verrebbero chiuse, riducendo così i km sciabili.

Secondo i critici, il progetto non apporterebbe benefici significativi per le comunità locali. Il rischio connesso alle circostanze, affermano, è che l’offerta turistica si trasformi in un prodotto elitario, destinato a una clientela esclusiva. La “destagionalizzazione”, uno degli obiettivi dichiarati del progetto, si limiterebbe invece all’introduzione di attività di downhill a Colere, senza un reale ampliamento dell’offerta per tutto l’anno.

Anche per quanto riguarda la vivibilità per le comunità locali. L’industria del turismo di massa rischia di sostituire le comunità di montagna con turisti intermittenti, innalzando il costo della vita per i residenti. Secondo Terre Alt(r)e, bisognerebbe puntare su un approccio diverso, indirizzato a valorizzare il territorio, avanzando una visione di turismo «più sostenibile e rispettoso della montagna».

L’opinione dei sostenitori

Malgrado le voci critiche, non mancano quelli favorevoli al progetto che trova appoggio tra alcuni amministratori locali e rappresentanti politici. Tra quelli propensi spicca il Sindaco di Valbondione, Walter Semperboni che pone l’accento sullo spopolamento delle zone; sottolineando che «Senza il collegamento, Lizzola muore e diventa un paese fantasma».

I promotori evidenziano come il collegamento Colere Lizzola rappresenta una straordinaria opportunità di rilancio per un’area che negli ultimi anni ha visto un calo dell’afflusso turistico e della redditività delle attività legate agli sport invernali. Secondo loro  sarebbe essenziale per rilanciare l’area e accrescere il turismo. Non solo italiano ma anche straniero. Cìò comporterebbe benefici positivi sull’economia locale, con la creazione di posti di lavoro diretti e indiretti. Inoltre, migliorerebbe la fruibilità della montagna, favorendo l’accessibilità anche a famiglie e turisti occasionali.

Il Comprensorio Colere Lizzola descrive un esempio emblematico delle sfide che molte regioni montane italiane devono affrontare. Da una parte, l’esigenza di revisionare e rilanciare un turismo in difficoltà. Dall’altra, l’importanza di preservare e rispettare un patrimonio naturale. La questione non si limita al Bergamasco, ma si inserisce in una più ampia discussione in merito alla sostenibilità del turismo di montagna in un contesto di cambiamenti climatici e pressioni antropiche crescenti.

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L’approvazione del progetto sarà determinata dall’esito delle valutazioni ambientali e dalle decisioni politiche che seguiranno. Per adesso, il confronto tra critici e favorevoli continua ad orientare l’opinione pubblica, sottolineando gli equilibri tra economia, ambiente e comunità locali.

Sta di fatto che il tema pone quesiti determinanti sulla tipologia di sviluppo da adottare per le aree montane. Investire in grandi opere infrastrutturali o privilegiare interventi più rispettosi del territorio e delle sue peculiarità? La risposta, probabilmente, è racchiusa nell’equilibrare progresso e conservazione, la voce delle comunità locali e la preservazione dell’ambiente naturale che non è solo una ricchezza per le Orobie, ma per l’intero Paese.

 

 

Felicia Bruscino



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