Il presente è dei giovani, almeno a Conegliano Valdobbiadene. Non solo il futuro.
Quello che è avvenuto negli ultimi anni, infatti, è un grandissimo ricambio generazionale nelle aziende vitivinicole, che ha portato nuove idee, visioni più moderne e un’interpretazione attuale del mondo del vino. Il dato fornito dal Consorzio è lo specchio di questo andamento: nel 2013 i giovani (under 35) nel settore erano poco meno di 800, nel 2024 la quota ha superato le 1.300 unità, rappresentando quasi il 40% degli addetti del distretto. E anche la presenza femminile, in questo gruppo, è molto elevata: 37%.
In tante occasioni si dice che i giovani vanno incoraggiati e seguiti, ma spesso alle parole non sono seguiti i fatti. Ma il Consorzio Tutela del Vino Conegliano Valdobbiadene Prosecco ha voluto invece creare, due anni fa, lo Young Club Conegliano Valdobbiadene, che mira a coinvolgere i giovani tra i 25 e i 35 anni che operano in ogni settore delle aziende socie del Consorzio, dall’ambito tecnico-viticolo a quello commerciale e marketing, per discutere insieme del futuro della denominazione e del prodotto. Insomma, i giovani hanno voce in capitolo anche per quanto riguarda le decisioni sul futuro della Denominazione.
Da sinistra, Davide Montesel, Mirko Balliana, Luca Stramare ed Edoardo Buso
Durante il nostro viaggio alla riscoperta di questa area vitivinicola (qui la parte 1 e la parte 2), c’è stato un piacevolissimo incontro con quattro giovani che fanno parte proprio di questo Young Club, per un confronto aperto sul presente e sul futuro del Conegliano Valdobbiadene. Si tratta di Edoardo Buso dell’azienda agricola Guia, Mirko Balliana, enologo di Andreola, che cura anche la produzione dell’azienda di famiglia Ballianei, Luca Stramare della Spumanti Gemin, e Davide Montesel che si occupa della cantina di famiglia, la Montesel.
La discussione ha riguardato molti temi, che sono gli stessi sui quali i giovani hanno modo di riflettere: l’identità dei vini, la loro unicità, la forza del territorio da comunicare sempre meglio, il posizionamento sul mercato, la sostenibilità ambientale ed economica, la valorizzazione dei vini legata al territorio e anche i benefici portati dal riconoscimento delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene come Patrimonio dell’Umanità da parte dell’Unesco. Ma c’è anche l’ormai eterna diatriba sul nome della Denominazione: Prosecco di Conegliano Valdobbiadene Superiore Docg racchiude sicuramente le informazioni necessarie per offrire un’identità precisa al vino, ma è un po’ lungo e macchinoso.
Le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene
Sono temi che non sono semplicemente il frutto di una “chiacchierata” informale, ma sono anche argomenti che gli stessi giovani portano regolarmente all’attenzione del Consorzio, diventando uno stimolo e un motivo di riflessione non solo per chi ha meno di 35 anni, ma per tutti gli operatori del settore.
La cosa che maggiormente sorprende è comunque la voglia di fare di questi giovani: non si tirano di certo indietro e sono pronti ad accettare consigli e critiche.
Edoardo Buso indica sulla mappa del Conegliano Valdobbiadene l’ubicazione dei vigneti utilizzati per il Màndre
Edoardo Buso ha solo 29 anni e dal suo “arrivo” in azienda (25 ettari) ha voluto dare una svolta alla produzione. «In realtà ho sempre vissuto qui, tra le vigne – racconta – Nel 2016 abbiamo puntato sul rilancio della produzione; io mi sono diplomato subito dopo».
Il Valdobbiadene Extra Brut Màndre 2023 è uno dei prodotti che maggiormente segna questa volta. Nasce dall’assemblaggio di tre vigne, e il 5% del vino è invece dell’annata 2022. Il risultato è molto interessante: elegante al naso, ma poi anche piacevole all’assaggio e dal buon equilibrio.
Mirko Balliana mostra sulla cartina la vigna del 26° I° Rive di Col San Martino
Idee chiare anche per Mirko Balliana, in rappresentanza di Andreola: «È un’azienda molto dinamica, fondata da Nazzareno Pola: la prima bottiglie esce sul mercato nel 1984. Nel 2000 il figlio Stefano ha cercato di dare una propulsione diversa, sempre puntando alla qualità, con importanti investimenti, anche con tecnologie all’avanguardia». La caratteristica principale è quella di aver puntato sulle Rive: «Sono ben sette gli spumanti che vengono prodotti da singola Riva – spiega Balliana – e ne arriverà un’ottava. A questa si aggiunge poi il Cartizze. È nostro dovere dimostrare le differenze, dare valore a quello che facciamo».
L’esempio arriva da 26° I° Rive di Col San Martino, Valdobbiadene Docg Extra Brut, che arriva dai vigneti più alti dell’azienda, fino a 400 metri di altitudine. Si tratta di una bollicina estremamente fine, dai sentori complessi che variano dalla classica frutta bianca, al floreale e alle erbe aromatiche, per poi trasformarsi al sorso in un vino dalla buona complessità ma soprattutto dall’ottima profondità.
Luca Stramare e la vigna del Pioniere Rive di Santo Stefano Extra Bru
«Valorizzare il territorio e le sue differente»: è questo il messaggio lanciato anche da Luca Stramare, Spumanti Gemin. La storia dell’azienda fa parte della storia stessa del Conegliano Valdobbiadene. Infatti furoni tre fratelli Giuliano, Labano e Guglielmo Bortolomiol, quest’ultimo chiamato affettuosamente Gemin, che nel 1949 fondarono la Bortolomiol. Alla morte del padre Guglielmo le strade dei tre fratelli si separarono: Giuliano restò alla “casa madre”, Labano che portò avanti la Ciodet, mentre il più piccolo Giuliano fondò poi la Gemin. L’azienda è ora portata avanti dalla figlia Paola e dai nipoti Luigi, Luca ed Elisabetta.
«Abbiamo sette ettari di produzione – racconta Luca Stramare – con una produzione di 500mila bottiglie. Seguiamo tutta la filiera, dalla vigna fino alla bottiglia finita». Valorizzare il territorio passando dalle Rive, come dimostra il Pioniere, Rive di Santo Stefano Extra Brut: «Il nome è in onore del nonno, uno dei pionieri del nostro territorio. Il vigneto si trova su un terreno salino, con piante di oltre 50 anni; il vino viene lasciato per ben 7 mesi sui lieviti in autoclave. Ne produciamo solo 4mila bottiglie». Il risultato rispecchia la volontà di puntare a vini di finezza: è un vino dalla grande verticalità al sorso, sapido, che riesce a trovare un ottimo equilibrio.
Davide Montesel racconta il territorio dell’azienda di famiglia: «Abbiamo dieci ettari di proprietà – spiega – e tutti i nostri vini arrivano dalle Rive di Colfosco, su terreni argillosi. Qui l’andamento delle colline è più dolce». Ma la chiave di lettura è sempre la stessa: ogni zona ha le sue caratteristiche, che devono essere valorizzate per poter mantenere l’identità e non finire nel “grande calderone” delle bollicine anonime. «Abbiamo realizzato per la prima volta il Prosecco Docg Superiore Extra Brut Giardino della Ghiandaia, uscito proprio lo scorso novembre. Vuole essere la nostra espressione di un terreno molto particolare». Con un residuo di 3,5 grammi litro, il vino ha una grandissima piacevolezza: ampio al naso, con sentori soprattutto fruttati, in bocca è lineare, pulito e fresco. Dalla grande bevibilità.
Quattro produttori, quattro zone produttive differenti, quattro vini diversi, che hanno come “fil rouge” l’eleganza e la piacevolezza. Ma soprattutto quattro ragazzi (in rappresentanza dei giovani della zona) con le idee chiare che sapranno dare qualcosa in più al distretto del Conegliano Valdobbiadene. Anzi, lo stanno già facendo.
(3 / fine)
La prima parte: Conegliano Valdobbiadene Docg: lasciarsi stupire da vino e territorio
La seconda parte: «Il nostro Prosecco? Un famoso sconosciuto. Ma dobbiamo puntare sull’identità»
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