Pace nel mondo e intelligenza artificiale — Il Domani d’Italia

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Da tempo la politica ha ceduto il passo all’economia che detta le sue regole, condizionando la vita di uomini e donne del mondo. Eppure, malgrado tutto, l’analisi dei costi e benefici di una situazione non del tutto irrilevante sembra non sappia incidere sulle scelte fatte ed anche per il futuro.

Appena una manciata di mesi fa le commemorazioni per lo sbarco in Normandia, il giorno più lungo di una battaglia che ha lasciato sul campo migliaia di morti, che, per essere chiari, non erano pupazzi da video giochi, ma gente finita in una bara per conquistare o difendere pezzi di terra contro l’avversario.

Oggi siamo in un mondo sbilanciato. C’è da ringraziare Dio che la terra sia rotonda e non piatta, altrimenti penderebbe tutto dalla parte del 10% di uomini che detengono il 90% delle ricchezze, tutti in attesa di quelli che se la passano male e che prima o poi, con la tecnologia che riusciranno lentamente ad acquisire, scateneranno conflitti di rivalsa a tutto spiano.

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Il rapporto presentato in apertura del World Economic Forum a Davos ci dice che tre miliardi e mezzo di persone vivono con meno di 7 dollari al giorno. Corrispondono al 44% dell’umanità mentre l’1% possiede il 45% delle ricchezze del pianeta. Attualmente 733 milioni di persone patiscono la fame, 151 milioni di più rispetto al 2019. La ricchezza dei miliardari è aumentata nel 2024 di ben 2000 miliardi ed ogni settimana si contano 4 miliardari ad aumentarne le fila. Così nel 2024 abbiamo 204 miliardari in aggiunta a quelli dell’anno precedente.

Si guardi ai progressi economici e militari di Cina ed India per comprendere che le bocce non stanno mai ferme e che ogni equilibrio figlio di Yalta non è più definitivo. Non si tratta di pollini che possano gemmare nuova vita, il mondo è una polveriera in fiamme e mancano estintori a spegnerne i fuochi, più facile estinguere gli uomini che mettere in piedi un programma di salvezza.

Il germe della pazzia si è impossessato delle menti dei leaders mondiali della terra, tutti impegnati a far fiorire gli incassi delle fabbriche d’armi o a stabilire metro prima o metro dopo dove sia legittimo far partire missili ed altro ancora.

Pazzia richiama ad una condizione di pathos e quindi di sofferenza, ma per altri suona anche di pattume e di sudicio. In ogni caso è qualcosa da cui guardarsi. Solo nella arguta lingua napoletana “pazzià” sta per giocare, depotenziando in questo modo, a monte, eventuali pericoli. Non è più tempo di analisi sulle cause del conflitto in Ucraina. Se Putin sia il cattivo che invade uno Stato libero o se invece si difenda da una NATO fuori misura.  Agli storici stabilire se le minoranze russe in Ucraina siano state perseguitate da un nazionalismo reazionario e spietato o se al contrario sia giusto il respiro di libertà rivendicato da quello Stato un tempo appartenente al blocco sovietico.

A contorno, sono seguite reazioni scomposte che non fanno presagire nulla di buono. La Polonia e la Svezia che esprimono tutta la loro scarsa simpatia per Putin e compagni, la Francia che immagina di mandare truppe sul fronte di guerra, l’Ungheria che si chiama fuori dal mettere la Russia davanti al plotone di esecuzione, la Germania in crisi di leadership che si barcamena e nel complesso un’Europa che semplicemente non c’è e che fa comodo che non ci sia.

Tutto da discutere se in caso di scontro, tra i paesi della NATO e Russia, gli USA effettivamente rimanderebbero i loro ragazzi a morire per aiutare i paesi alleati. Vaneggiando, si ha quasi nostalgia di un tempo dove ogni Stato dell’area europea stringeva accordi politici ed economici con altri Stati senza incutere timore al resto del mondo. Inutile anche discutere sul senso di una guerra per procura dove gli USA non spendono una goccia di sangue e così anche la Cina.

Se Trump staccasse la spina, l’Ucraina entrerebbe d’un tratto in una grave crisi economica e militare, mostrando drammaticamente la sua totale dipendenza da altri, a dispetto di ogni libertà. Un paese in macerie e generazioni saltate sulle mine di una guerra dagli effetti lunghi per decenni.

La Russia non se la passa meglio. Anche lì, oltre ad un’economia in sofferenza, i morti non si contano. Ragazzi o giovani uomini sacrificati al mito delle armi e alle spalle la Cina poco addolorata di vedere l’orso russo perdere sangue dalle sue ferite, indebolirsi e chiederle soccorso.  Uno dei prezzi da pagare è stata, per dirne una, l’apertura del porto di Vladivostok alla Cina, 163 anni dopo la sua cessione del grande Qing all’impero russo.

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Lo scontro finale sarà tra gli yankee e gli uomini dagli occhi a mandorla. Per adesso stanno solo facendo un po’ di riscaldamento, piccole scaramucce da bravi burattinai. In tempi di intelligenza artificiale sarebbe più semplice suggerire ai contendenti di cimentarsi in una guerra simulata che possa valere come fosse vera.

Verrebbero fuori tutte le conseguenze di una lotta: i morti da contare, le armi a disposizione, le finanze impegnate per lo sforzo bellico e le crisi economiche che ne scaturiranno, le difficoltà della ricostruzione, le atrocità da smaltire e tutto il bagaglio di dolore che comporta ogni conflitto.

Presto o tardi la guerra finirà. Resterà un fiume di sangue a memoria di ciò che è stato e che trova la sua inutilità proprio perché comunque prima o poi si arriverà ad una fine.

Costi e benefici suggerirebbero di evitare di sperimentarsi realmente l’uno contro l’altro, stabilendo, se proprio si dovesse, per convenzione internazionale, di procedere da oggi in poi con guerre solo per simulazione. Ci sarebbe per tutti un gran risparmio e l’uso della parola riprenderebbe valenza. Lì dove non arriva l’intelligenza umana, quella artificiale potrebbe essere di valido ausilio.

In occasione del Giubileo, il Papa ha disposto un summit che studi la possibilità di ridurre per questioni di giustizia il debito estero dei Paesi poveri. È un segnale per richiamare i Grandi del mondo alle loro responsabilità e sollecitandoli ad un diverso modo di procedere. Dobbiamo ancora imparare a stare al mondo e dobbiamo sbrigarci a capire come fare, prima che il mondo si dissolva.



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