Da gioiello delle terme a rudere, il grande spreco di Santa Cesarea. Spesi 49 miliardi di lire per la costruzione

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Antonio Della Rocca

Va deserto il bando per acquisirne la gestione, la proprietà resta nella mani di Comune e Regione

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Il nuovo centro termale di Santa Cesarea, in provincia di Lecce, entra a buon diritto nella lista speciale degli sperperi più clamorosi di denaro pubblico: 49 miliardi delle vecchie lire per una struttura che, nata a suo tempo con lo scopo di massimizzare la redditività delle benefiche acque clorurate, solfuree e iodiche della località salentina, oggi è ridotta a poco più di un rudere mentre il bando per il coinvolgimento dei privati nella gestione delle terme è andato deserto.

L’ultimo flop di una lunga e inconcludente gestione da parte dei principali attori: Regione Puglia e Comune di Santa Cesarea, proprietari, rispettivamente, del 50,4876 per cento e del 49,47 per cento delle quote della Società delle Terme. Per molti osservatori, l’insuccesso della gara era più che prevedibile a causa del gravame di responsabilità e obblighi, soprattutto economici, previsti in capo all’aggiudicatario: 10 milioni di euro per l’acquisizione delle quote regionali; un canone annuale di affitto d’azienda di 1.2 milioni di euro per i primi cinque anni e di 800 mila euro per le annualità successive, fino al termine della prevista gestione sessantennale.
Senza contare l’ingente costo dei lavori necessari per il ripristino del nuovo centro termale, brutalmente vandalizzato e abbandonato all’incuria più assoluta. Ci vorranno almeno 60 milioni di euro secondo la Ge.Ter. srl di Roma, interessata a gestire la struttura per poi cambiare idea. Ma chi sembra voler fare la parte del leone nell’affare delle Terme è il Comune che, attraverso una strategia labirintica, illustrata nel testo dell’avviso pubblico, punta a impossessarsi delle quote regionali senza scucire neppure un centesimo, ma utilizzando i soldi dell’aggiudicatario.




















































Ecco il meccanismo spiegato a chiare lettere nel bando: «Il Comune si impegna ad acquistare l’intera partecipazione azionaria detenuta dalla Regione nella società, per un prezzo di 10 milioni di euro», ma il «pagamento del valore della partecipazione della Regione sarà direttamente posto a carico dell’aggiudicatario della procedura di gara, il quale verserà il relativo prezzo …».
Va aggiunto, inoltre, che l’aggiudicatario subentrerebbe ad una gestione tutt’altro che virtuosa, considerando il volume delle perdite consolidate degli ultimi anni: 15,3 milioni di euro nel 2020; 14,4 milioni nel 2021;15.409.288 euro nel 2022; 15,2 milioni di euro nel 2023. Non solo. Dall’analisi degli ultimi bilanci vengono fuori cifre impietose. La gestione 2021 presenta una perdita effettiva di 1,033 milioni di euro (317.833 euro più 715.216 euro di ammortamenti sospesi), quella del 2022 mostra una perdita di 1,106 milioni di euro (392.397 più 714.087 di ammortamenti sospesi), mentre il dato contabile del 2023 evidenzia una perdita di 830.488 euro (107.898 euro con 722.590 di ammortamenti sospesi).
La società, avvalendosi del decreto legge 104/2020 convertito nella legge 126/2020, ha potuto avvalersi della facoltà di non iscrivere nel conto economico le quote annuali di ammortamento dei beni materiali e immateriali.

Ma se l’intento dichiarato è quello di rilanciare le Terme, come si spiega un avviso pubblico che sembrerebbe assai oneroso, quindi non proprio appetibile, per gli investitori, obbligati a sborsare persino dieci milioni di euro per le quote regionali di cui si approprierebbe il Comune? E quanto è plausibile l’ipotesi che pure sottotraccia circola in questi giorni anche in ambienti della Regione, che in fondo il fine ultimo sia quello di mantenere lo status quo. Magari a tutela di interessi vecchi (e forse nuovi) che comunque gravitano attorno alle Terme.
«Che il bando per l’affidamento in gestione delle Terme di Santa Cesarea sia andato deserto – osserva il consigliere regionale di opposizione, Paolo Pagliaro – non mi stupisce. Non serviva una Cassandra, purtroppo, per prevedere che la richiesta di 10 milioni di euro per acquisire il 50,49% della società per un periodo a termine, sia pure di 60 anni, e per giunta in comproprietà con il Comune, avrebbe scoraggiato le offerte dei privati, anziché incentivarle. Quel bando, concepito e partorito male, non è appetibile», conclude Paolo Pagliaro.
Oggi pomeriggio, intanto, il Pd coopta i cittadini di Santa Cesarea Terme in un’assemblea pubblica nell’Albergo Palazzo: del futuro delle Terme parlerà l’onorevole dem leccese Claudio Stefanazzi e chissà che non vengano fuori buone idee su cui costruire qualcosa di solido. Si tratta di un incontro molto atteso.
A Santa Cesarea Terme, dunque, dopo anni di parole, i cittadini aspettano i fatti. Perché le chiacchiere stanno a zero.

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25 gennaio 2025 ( modifica il 25 gennaio 2025 | 08:40)

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