Secondo l’ultimo rapporto di Ref Ricerche, l’economia europea continua a rallentare con una crescita prevista dell’1% nel 2025, e l’Italia, pur riducendo il deficit al 3%, fatica a decollare. Intanto, a livello globale, Trump potrebbe cambiare le regole del gioco, mentre la Cina domina nel commercio, soprattutto nel settore delle rinnovabili e auto elettriche
L’economia europea continua a rallentare, con una crescita prevista di soli 1% nel 2025, il terzo anno consecutivo di debolezza. Secondo l’ultimo rapporto di Ref Ricerche, la situazione in Italia non è migliore: il deficit pubblico, che nel periodo 2020-2023 superava il 7% del Pil, scenderà al 3% entro il 2026. Se questa correzione verrà attuata, sarà la più grande nella storia del Paese. Questo aiuterà a contenere lo spread, ma la crescita potrebbe soffrire.
A livello globale, le incertezze politiche sono aumentate dopo le elezioni Usa. Le politiche annunciate da Trump potrebbero non essere così disruptive come sembrava inizialmente, ma i mercati potrebbero comunque reagire, con effetti sull’economia reale. Anche l’Europa ha le sue difficoltà politiche, soprattutto con la riforma fiscale che rischia di naufragare, complicando la gestione delle sfide economiche future.
Trumpnomics: parole o fatti?
Il 2024 segna la fine della corsa inflazionistica che ha scosso le principali economie mondiali negli ultimi due anni. L‘inflazione è finalmente in discesa, evidenziano i ricercatori di Ref Ricerche, grazie al superamento dei picchi legati alla pandemia e alla crisi energetica, accompagnato dal calo delle materie prime. Le economie riprendono fiato, ma le disuguaglianze persistono.
Sul fronte fiscale, gli Usa mantengono una politica espansiva, mentre in Europa il deficit è sceso sotto il 3% del Pil, ma l’economia ha rallentato dalla fine del 2022, colpita dalla stretta della politica monetaria. Guardando al futuro, la politica fiscale Usa continuerà a stimolare la domanda interna, ma i tassi d’interesse reali potrebbero subire un’impennata. I mercati hanno già reagito: tassi a lungo termine in crescita e un dollaro più forte.
Le politiche economiche di Trump restano un punto interrogativo, con impatti attesi che potrebbero non essere catastrofici come ci si potrebbe aspettare da una vera e propria “Trumpnomics“.
Nei prossimi mesi – spiegano i ricercatori di Ref Ricerche – scopriremo se Trump passerà dalle parole ai fatti. Se così fosse, potremmo vedere inflazione in risalita, tassi più alti negli Stati Uniti, un dollaro più forte e mercati sotto pressione. E se pensavamo che la sua politica commerciale fosse solo una questione di Cina, adesso lo sguardo si è allargato su Panama, Canada e Groenlandia. La Kamchatka, però, sembra essere l’unico obiettivo che manca.
Il commercio mondiale e l’energia: come la Cina sta vincendo la partita
Negli ultimi mesi, sottolinea il rapporto, il commercio internazionale ha visto un netto contrasto: mentre la Cina continua a battere record con il suo avanzo commerciale, gli Stati Uniti vedono il loro deficit crescere. La grande forza della Cina? Settori chiave legati alla transizione energetica, come i macchinari per le energie rinnovabili e i veicoli elettrici. Le case automobilistiche cinesi, grazie ai forti investimenti nel settore, stanno guadagnando quote di mercato a livello globale, penalizzando i produttori esteri, in particolare quelli europei. Infatti le case automobilistiche europee arrancano nel settore elettrico, con un ritardo che penalizza l’industria. Non aiuta nemmeno l’alto costo dell’energia, che in Europa resta più alto rispetto ad altre economie come quella americana. Sebbene i prezzi del gas siano lontani dai picchi del 2022, sono comunque ben oltre i livelli pre-pandemia.
La crisi dell’auto e i costi energetici stanno mordendo soprattutto le economie manifatturiere, e la Germania sta facendo i conti con un calo della sua base industriale.
In Eurozona, la decelerazione è evidente, con l’Europa che si distanzia dalle altre economie avanzate. Mentre gli altri paesi mantengono alti deficit, l’Europa sta cercando di adattarsi, ma Francia e Germania stanno già mostrando i limiti di questo approccio. Potremmo quindi assistere a una revisione delle politiche fiscali, spingendo per una nuova flessibilità.
Per la Bce, la svolta potrebbe essere dietro l’angolo. Se i tassi Usa non scenderanno come previsto e il dollaro continua a rafforzarsi, la Bce potrebbe puntare a un allentamento, ma dovrà fare attenzione a non rischiare un deprezzamento eccessivo dell’euro, che potrebbe riaccendere le tensioni con gli Usa.
Italia tra aggiustamenti fiscali e crescita stagnante
L’Italia, pur trovandosi sulla stessa rotta dell’Eurozona, ha intrapreso una traiettoria leggermente diversa. Dopo un 2023 con una politica fiscale espansiva, il paese ha dovuto fare i conti con un severo aggiustamento dei conti pubblici, come parte di uno sforzo per ridurre il debito. Nonostante questi tentativi, la crescita resta moderata. Il Pil italiano nel 2025 è previsto crescere di soli lo 0,5%, un tasso che si colloca ben al di sotto di quello di molte altre economie avanzate.
Anche se gli investimenti pubblici sono destinati ad aumentare, in particolare grazie al Pnrr, la situazione resta complessa, con segnali di rallentamento dovuti soprattutto alla fine dell’effetto Superbonus e alla difficile transizione del settore delle costruzioni. A questo si aggiunge il fatto che, nonostante il rafforzamento degli investimenti pubblici, la spesa corrente è destinata a ridursi, con conseguenze sulla domanda interna.
L’Italia sta quindi affrontando una situazione economica complessa, con una crescita economica che stenta a decollare e un Pil che, nel migliore dei casi, dovrebbe crescere di appena l’1% all’anno nei prossimi cinque anni. Anche l’impulso occupazionale che ha caratterizzato gli ultimi tre anni è destinato a ridursi.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link