Cala la voglia di investire nel Sannio. Nel corso dell’anno da poco conclusosi, hanno aperto i battenti per la prima volta 1304 aziende. 1465, di contro, li hanno chiusi definitivamente. Il saldo, dunque, si chiude con 161 imprese in meno rispetto alle 67 in più certificate alla fine del 2023.
È quanto emerge da Movimprese, l’analisi statistica trimestrale della natalità e mortalità imprenditoriale condotta da Infocamere per conto di Unioncamere. È un risultato, che fissa al ribasso dello 0,46% il tasso di crescita, relegando il Sannio, nella graduatoria che sintetizza i risultati di ciascuna provincia, dal 68esimo al 106esimo posto.
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Un esito reso più amaro se si considera che le altre province campane sono giunte al traguardo di fine anno col segno positivo contribuendo a una crescita, sia pure contenuta, del Mezzogiorno. Prima è risultata Napoli con un incremento dello 1,58%. In seconda posizione Caserta con un rialzo dello 0,88 Segue Salerno che ha guadagnato lo 0,48. Al quarto posto, Avellino con una crescita dello 0,06. Vale subito aggiungere che la dimensione della decrescita del patrimonio produttivo sannita è di gran lunga superiore.
Dal rapporto, infatti, si deve prendere atto che al 31 dicembre risultano iscritte nell’apposito registro camerale 33.554 aziende. Se ne contavano 35.272 dodici mesi prima. A conti fatti, 1.557 unità cancellate d’ufficio dall’ente camerale perché dichiarate, a vario titolo, inattive. È il segno degli ostacoli, delle contraddizioni, con cui un’area interna come quella sannita è costretta da sempre a misurarsi nel suo percorso verso la crescita e lo sviluppo. Puntando lo sguardo sui numeri dei singoli comparti, si scopre che i più colpiti sono il commercio e l’agricoltura. Passano, rispettivamente, da 7.229 a 6.771 con 458 botteghe in meno e da 10.600 a 10.186 con 414 imprese perse per strada.
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I commenti
«Stiamo ancora bene afferma, sarcasticamente, Gianluca Alviggi, presidente provinciale della Confesercenti-.Dubito che il 2025 sarà migliore. I piccoli commercianti, in particolare, vivono difficoltà crescenti al punto tale che in tanti saranno costretti, prima o poi, ad abbassare per sempre le saracinesche se non si arresta questa spirale perversa». Gennarino Masiello, presidente provinciale e vice presidente nazionale della Coldiretti è allo stesso modo convinto che la contrazione non si fermerà.
«Credo sottolinea che il futuro continuerà a riservarci una situazione del genere». E tuttavia, non lo considera un male in assoluto. Per quale ragione? «Ci si sta proiettando spiega – verso un mondo agricolo composto sempre di più da veri imprenditori e non da dilettanti che si mettono sul trattore nel fine-settimana. Tanti avverte hanno la partita iva ma, di fatto, svolgono un altro mestiere. Con la loro scomparsa si renderà disponibile una quota crescente di terreno da coltivare, che è per l’agricoltore un fattore fondamentale di produzione. Si favorirà la creazione di un’agricoltura governata da professionisti che potranno garantire una produzione di eccellenza, ottimizzando costi e ricavi».
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Un calo, molto più contenuto, ha caratterizzato il mondo delle costruzioni, passato da 3.782 a 3.585 società: 197 in meno. È la conseguenza, soprattutto, di tanta improvvisazione prodotta dal superbonus. L’industria è la sezione che ha subito meno danni. La decrescita si è fermata a quota 110, passando da 2.538 a 2.428. «Non è un dato che piace afferma deciso Claudio Monteforte, presidente provinciale della piccola industria di Confindustria ma si colga la lezione che viene da questa realtà circa la necessità di andare verso un’industria da adeguare e migliorare. Vanno aggiornati i modelli di business. Un elemento positivo c’è: Benevento è seconda solo a Cagliari, per numero di donne imprenditrici. Bisogna insistere su questo percorso attirando anche, con le opportune misure, i giovani portatori di idee e progetti moderni, in grado di fronteggiare le esigenze che il mercato pone». Il commissario della Camera di Commercio Irpinia Sannio, Girolamo Pettrone, esprime grande preoccupazione: «I dati non lasciano spazio a dubbi: vanno messi in campo interventi concreti per invertire la rotta. La perdita di dinamismo imprenditoriale, unita ai problemi di spopolamento, rischia di compromettere il futuro economico delle nostre province».
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