A giorni il consiglio regionale della Toscana discuterà la proposta dell’Associazione Coscioni in tema di suicidio medicalmente assistito. Un déjà vu, dato che già tre consigli regionali (Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia) hanno votato la pregiudiziale di costituzionalità sulla medesima questione e l’Avvocatura generale dello Stato (nel parere del 15.11.23 prot. 2088) ha escluso che la stessa proposta dell’Associazione Coscioni, contenente un testo sovrapponibile a quello ora in discussione in Toscana, possa essere di competenza regionale.
Sull’insistente tentativo di introdurre nel Servizio Sanitario Regionale l’obbligo di fornire prestazioni che producano la morte dei malati facendo leva su un’erronea interpretazione della sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019, il Network di associazioni “Ditelo sui tetti” interviene esprimendo totale dissenso. “È una proposta gravemente sbagliata per diversi motivi” asserisce il presidente del Network, Domenico Menorello, in un comunicato indirizzato ai consiglieri regionali della Toscana.
Sono così state poste in evidenza le ragioni antropologiche contrarie alla prospettiva della legalizzazione del suicidio assistito, come è emerso del resto nel corso delle audizioni rese presso la competente commissione. In tal senso non può essere trascurata l’influenza di determinate scelte normative sulla mentalità: “Ogni decisione legislativa o politica ha, innanzitutto, l’effetto di indirizzare verso un ritenuto bene il relativo corpo sociale. E ogni legge che introducesse l’obbligo del Servizio Sanitario Regionale o Nazionale di eliminare una vita malata sceglierebbe di indicare come ‘bene’ che la fragilità non ha valore, che è bene scartare i più deboli, che possono andarsene, quindi che devono andarsene. Il dolore viene interpretato come un segno di debolezza, qualcosa da nascondere o da eliminare’, perché ‘non compatibile con la performance’ e con una ‘società dominata dal poter fare’” puntualizza Menorello citando Byung-Chul An. E fornendo alcuni dati significativi che rappresentano una “controprova oggettiva”: gli studi statistici documentano scientificamente che ogni legge di questo tipo ha sempre prodotto un’impennata delle richieste di morte (cfr. Colombo-Della Zuanna, La demografia del fine vita, Rass. Sociologia, 2023), avverando la triste ma realistica profezia della fondatrice degli hospice Cicely Saunders.
Nella stessa comunicazione vengono chiarite le ragioni di trasparenza che impongono un’interpretazione corretta della sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019, la quale ha solo tracciato un circoscritto ed eccezionale perimetro in cui l’aiuto al suicidio potrebbe non essere sanzionabile con la reclusione. “Ma un simile gesto rimane, in generale, sempre penalmente (cfr. artt. 579 e 580 cp) e civilmente (cfr. art. 5 cc) illecito – viene precisato –. Addirittura la Consulta espressamente avverte che “la declaratoria di illegittimità costituzionale si limita a escludere la punibilità dell’aiuto al suicidio nei casi considerati, senza creare alcun obbligo di procedere a tale aiuto in capo ai medici” e dunque al Servizio Sanitario Nazionale e Regionale (cfr. par. 6, sent. 242/19, cit)”.
Una puntualizzazione che riconduce la questione nell’alveo dei principi sanciti dalla Costituzione, a partire dal riconoscimento del diritto alla vita che prevede inderogabilmente il corrispondente dovere dell’ordinamento di assicurarne la tutela attraverso la legge, secondo il dettame costituzionale che stabilisce “compito della Repubblica porre in essere politiche pubbliche volte a sostenere chi versa in simili situazioni di fragilità, rimovendo, in tal modo, gli ostacoli che impediscano il pieno sviluppo della persona umana”.
Una visione completamente ribaltata, che mette allo scoperto il vero compito del Servizio sanitario e conseguentemente le inadempienze e lacune che andrebbero colmate per assicurare “una appropriata terapia del dolore e l’erogazione delle cure palliative previste dalla legge n. 38 del 2010, e da questa incluse nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza)” (Corte cost. n. 242/19, par. 5), terapie che, ove offerte in modo adeguato, fanno scendere grandemente la domanda di morte.
La Toscana accusa invece oggi gravi carenze assistenziali alle fragilità: risulta avere attivi solo il 59% dei posti hospice, solo 26 unità domiciliari su 36, appena 1 letto hospice pediatrico, mancando di una assistenza h 24 e 7 giorni su 7.
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