Giustizia, il day after del Guardasigilli Nordio, «elettrizzato» dalle critiche: «Sono ancora più determinato»

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di
Virginia Piccolillo

Il ministro: «Nessuna amarezza». E sul libico scarcerato: «Spiegherà Piantedosi»

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«Ripensamenti? Nessuno. Resto orgoglioso della riforma. Non ho alcuna amarezza. Anzi, sono ancora più determinato». La protesta, le critiche, le accuse e gli schiaffi morali dei magistrati, che sabato hanno animato di protesta l’inaugurazione dell’anno giudiziario, non hanno sortito alcun effetto sul ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Se non quello di rendere ancora più «elettrizzante», dice lui stesso, la partita con i suoi ex colleghi magistrati.
 
A chi lo ha sentito, Nordio ha spiegato che le critiche rivolte alla sua riforma della separazione delle carriere — con doppio Csm per sorteggio e Alta corte disciplinare — non hanno scalfito la sua convinzione ad «andare avanti senza esitazioni». Di attacchi ce ne sono stati molti. Lo sa. Ma, ha confidato a un collega, «chi ha letto i miei libri e i miei articoli, sa che dal 1995 erano tutti previsti e confutati. Niente di nuovo».

Né lo infastidisce il nuovo attacco dell’Anm che lo accusa di «inerzia» nel caso Almasri. «Il ministro Piantedosi nell’informativa al Senato spiegherà tutti i passaggi», si limita a dire.




















































Certo, il Guardasigilli ha apprezzato chi «seppure dissenziente si è comportato in modo impeccabile». Non altrettanto alcune proteste più plateali. Prima fra tutte l’iniziativa del segretario di Areadg, Giovanni Zaccaro, che ha avvicinato il viceministro Francesco Paolo Sisto, dicendo: «Visto che vi affidate al sorteggio, ho comprato un regalo per il ministro: così giochiamo ai dadi la giustizia italiana. Niente più studio per avvocati e magistrati, niente più motivazione, giochiamocela ai dadi. Lo aveva già pensato Rabelais». Il viceministro della giustizia, Francesco Paolo Sisto, ha risposto con una battuta che «i dadi stanno meglio nel brodo», ma anche per questo ieri ha detto che le manifestazioni durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario sono state «un atto di belligeranza».

Il Guardasigilli, però, non ha intenzione di farsi distrarre dal suo obiettivo nemmeno dallo sciopero già indetto per il 27 febbraio. Il «sì» della Camera alla riforma è già arrivato, ora il passaggio è al Senato. Blindato come alla Camera o si potrà discutere? La premier Giorgia Meloni ha aperto alla possibilità: «Quando ci si confronta, poi i punti di contatto si trovano». E anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha auspicato il confronto: «Le posizioni possono anche essere diverse e divergenti ma devono trovare una sintesi in un confronto serio». E ha offerto «spazi» di discussione.
E il ministro Nordio? «Lo spero anch’io. Se c’è la voglia, possiamo discutere. Ma certo con il silenzio non può esserci alcun confronto. Il muro contro muro, però, è pericoloso per tutti. E siccome alla fine ci sarà il referendum, i magistrati, che già hanno sondaggi di popolarità molto bassi, rischiano di uscirne con le ossa rotte».

Ma se una trattativa può esserci il momento è ora. Perché in questa partita il tempo è un fattore cruciale.
Il governo, infatti, procede a tappe forzate perché è intenzionato a portare a casa la riforma prima che il Consiglio superiore della magistratura, che scadrà a settembre 2026, venga rieletto con la legge attuale. E, temono a Palazzo Chigi, «con le vecchie regole e trattative sottobanco tra correnti, secondo le quali sono già decisi i nomi di chi dovrà sedere a Palazzo dei Marescialli. Per questo il gioco è tirare la riforma per le lunghe».
La Costituzione prevede infatti tempi tecnici per le leggi di revisione della Carta. L’art.138 stabilisce che ciascuna Camera approvi due volte il testo. E che tra l’una e l’altra approvazione passino non meno di tre mesi.
Poi il testo deve essere approvato a maggioranza assoluta e, qualora non si raggiungano i due terzi, sottoposto a referendum. Che il ministro ha già annunciato di voler richiedere comunque. Va richiesto dopo la pubblicazione della legge e ci sono tempi tecnici da rispettare anche per espletarlo.

In settimana la capigruppo del Senato assegnerà la riforma alla commissione. Non è chiaro se solo a quella Affari costituzionali come alla Camera, o anche alla commissione Giustizia, cosa che allungherebbe un po’ i tempi. Ecco perché la sfida si annuncia tutta in accelerazione.


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26 gennaio 2025 ( modifica il 26 gennaio 2025 | 22:39)

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