Il Papa: “Comunicare è cosa divina”. Giornalisti di tutto il mondo attraversano la Porta Santa. Presente anche una delegazione marchigiana

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di Stefano Fabrizi

Il Giubileo del Mondo della Comunicazione è il primo grande evento dell’Anno Santo, si è svolto dal 24 al 26 gennaio 2025, un evento che ha visto nel pellegrinaggio alla Basilica di San Pietro uno dei momenti più intensi di partecipazione collettiva. Migliaia di giornalisti e operatori dei media provenienti da 138 Paesi si sono radunati per riflettere su come comunicare la speranza in un mondo segnato da conflitti, povertà e disastri.

Una delegazione dell’Ordine delle Marche guidata dal presidente Franco Elisei (Alessandra Pierini, Egidio Montemezzo, Stefano Fabrizi, Giampiero Cinelli, Raffaele Vitali, Italo Tanoni, Paola Cimarelli), era presente sabato 25 all’udienza con Papa Francesco nella gremitissima Aula Paolo VI.

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La giornata è iniziata alle 7:30 con il pellegrinaggio per Via della Conciliazione alla Basilica di San Pietro per attraversare la Porta Santa. Immancabile la visita alla tomba di Papa Wojtyla e alla Pietà di Michelangelo, poi il trasferimento nell’Aula Paolo VI.

A seguire, prima dell’udienza con Papa Francesco, si svolto l’incontro culturale moderato dal giornalista e scrittore Mario Calabresi, con la giornalista filippina Maria Ressa, Nobel per la Pace nel 2021, e Colum McCann, scrittore irlandese di fama internazionale. A porgere il benvenuto ai presenti è stato Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione, insieme al segretario monsignor Lucio Adrián Ruiz. “Siamo qui per interrogarci su come e se è ancora possibile comunicare speranza in un mondo in crisi, in un mondo in guerra – dice Ruffini – su come sperare ancora nella comunicazione fra persone e non fra macchine, su come la tecnologia può e deve essere guidata, la libertà garantita, la conoscenza condivisa su come sia difficile la ricerca della verità e facile il diffondersi delle falsità, su come sia importante il dialogo”.

Mario Calabresi

A parlare, poi, è stato il giornalista Mario Calabresi, che ai tanti colleghi ha domandato: “Si può ancora comunicare con speranza? O quella dei nostri giorni è solo una narrazione disperata, un’informazione in cui il male è protagonista assoluto, in cui la cronaca nera è il nostro pane quotidiano — riflette —, un’informazione in cui la rabbia e l’odio sono l’aria che respiriamo, in cui la propaganda costruisce ogni giorno un nemico, un colpevole”. Ma se “il male va raccontato” perché i fatti tragici, dolorosi e negativi non vanno taciuti, questa non può essere l’unica narrazione, “non può essere la sola chiave di lettura del mondo e non può essere il motore dell’informazione, perché anche dentro il male esistono e si possono vedere elementi di bene”. Calabresi ha sottolineato che ci sono “cose che ci possono parlare di speranza e che ci possono aiutare a ricostruire la fiducia negli altri e nell’umanità” e ci sono persone che costruiscono relazioni, si prendono cura, cercano di risolvere situazioni, cercano la verità, si battono per la giustizia.

Maria Ressa

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Ressa sostiene che i social media sono diventati un’arma di manipolazione di massa, diffondendo disinformazione e alimentando la divisione. Questa erosione della fiducia minaccia la democrazia e la nostra capacità di affrontare sfide globali come il cambiamento climatico. Poi, critica i modelli di business delle principali aziende tecnologiche, che danno priorità al profitto rispetto al bene pubblico e sfruttano le vulnerabilità umane. Queste piattaforme sono progettate per amplificare indignazione e odio, portando alla polarizzazione e al crollo della società. Ressa condivide la sua esperienza personale di persecuzione e minacce per il suo lavoro di giornalista nelle Filippine. Evidenzia la tendenza globale degli attacchi ai giornalisti e la riduzione dello spazio per i media indipendenti. Ressa, quindi, chiede un approccio su più fronti per affrontare queste sfide: costruire ponti e promuovere la fiducia all’interno e tra le comunità,chiedere conto alle amministrazioni e alle aziende tecnologiche delle loro azioni, sostenere i gruppi emarginati e difendere coloro che lottano per la verità e la giustizia, abbracciare l’azione collettiva e utilizzare la propria influenza per promuovere un cambiamento positivo. E, infine, nonostante le sfide, Ressa sottolinea l’importanza della speranza e dell’azione collettiva. Crede che lavorando insieme possiamo superare questi ostacoli e costruire un futuro più giusto ed equo.

In sostanza, il messaggio di Ressa è un duro avvertimento sui pericoli del potere tecnologico incontrollato e un grido di battaglia rivolto a individui e comunità affinché rivendichino il loro potere e lottino per un mondo più veritiero e giusto.

Colum McCann

McCann ha sostenuto che, nonostante i progressi tecnologici, stiamo vivendo un’epidemia di solitudine e isolamento. Siamo sempre più disconnessi gli uni dagli altri, viviamo in “camere dell’eco” e ci rifiutiamo di ascoltare prospettive diverse. McCann sottolinea il ruolo cruciale della narrazione nel colmare le divisioni e promuovere l’empatia. Crede che condividere narrazioni personali possa aiutarci a comprendere le esperienze degli altri, a costruire connessioni e a superare i pregiudizi. Inoltre, sottolinea l’importanza dell’ascolto attivo come componente chiave della connessione umana: “Ascoltando veramente le storie degli altri, possiamo sviluppare empatia e riconoscere la nostra umanità condivisa”. Poi, McCann mette in guardia dai pericoli del silenziamento degli altri e del negare loro l’opportunità di raccontare le proprie storie; “Ciò può portare alla disumanizzazione, alla paura e, in ultima analisi, alla violenza”. McCann chiede un “pellegrinaggio di riparazione”, uno sforzo collettivo per ricostruire ponti di comprensione e compassione. Ci incoraggia ad abbracciare la narrazione come strumento per il cambiamento sociale, ad ascoltare attivamente e a lavorare per un mondo più interconnesso e compassionevole.

In sostanza, il messaggio di McCann è un potente invito a riconoscere il potere delle storie di sanare le divisioni, promuovere l’empatia e costruire un mondo più giusto ed equo. Egli sottolinea l’importanza dell’ascolto attivo, del dialogo aperto e dell’accettazione della diversità dell’esperienza umana.

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Mario Calabresi

È stato infine Calabresi a lanciare un ultimo invito: non lasciar soli gli attivisti, i giornalisti, tutti coloro che fanno sentire la loro voce. E ha sollevato il capitolo sull’alto numero di giornalisti minacciati dalla mafia che vivono sotto scorta in Italia: “Il più grande alleato della disinformazione è l’isolamento e la solitudine”. A conclusione, un suggerimento che sembrerebbe una contraddizione con la tendenza all’ipervelocità nell’informazione e invece è un modo per ricercare la profondità: “Nell’epoca della rincorsa a una informazione istantanea si è portati a pensare che stare al passo è sempre premiante. Vi suggerisco di rallentare, dire cose pensate che lascino davvero un segno. Poi bisogna avere pazienza, nel ripetere le cose che pensiamo abbiano valore, nel continuare a ripeterle. Come si dice nelle Scritture, la verità è paziente”.

Nel complesso, il dialogo ha fornito spunti preziosi sulle sfide e le opportunità che i giornalisti devono affrontare oggi. Gli oratori hanno sottolineato l’importanza della verità, del coraggio e della speranza.

A intrattenere i presenti il concerto del Maestro Uto Ughi, in attesa del Papa, che ha eseguito con una ensemble di archi brani di Bach e di Astor Piazzolla.

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Papa Francesco

Con una grande ovazione è stato accolto lì ingresso di Papa Francesco. E queste sono state le sue prime parole dette a braccio:

Care sorelle e cari fratelli, buongiorno! E grazie tante di essere venuti!

Nelle mani ho un discorso di nove pagine. A quest’ora, con lo stomaco che incomincia a muoversi, leggere nove pagine sarebbe una tortura. Io darò questo al Prefetto. Che sia lui a comunicarlo a voi.

Volevo soltanto dire una parola sulla comunicazione. Comunicare è uscire un po’ da se stessi per dare del mio all’altro. E la comunicazione non solo è l’uscita, ma anche l’incontro con l’altro. Saper comunicare è una grande saggezza, una grande saggezza!

Sono contento di questo Giubileo dei comunicatori. Il vostro lavoro è un lavoro che costruisce: costruisce la società, costruisce la Chiesa, fa andare avanti tutti, a patto che sia vero. “Padre, io sempre dico le cose vere…” – “Ma tu, sei vero? Non solo le cose che tu dici, ma tu, nel tuo interiore, nella tua vita, sei vero?”. È una prova tanto grande. Comunicare quello che fa Dio con il Figlio, e la comunicazione di Dio con il Figlio e lo Spirito Santo. Comunicare è una cosa divina. Grazie di quello che voi fate, grazie tante! Sono contento.

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E adesso vorrei salutarvi, e prima di tutto dare la benedizione.

Nel suo discorso ufficiale al Giubileo per il mondo della comunicazione, il Papa ha sottolineato il ruolo critico dei giornalisti nella società odierna. Ha chiesto la liberazione dei giornalisti imprigionati, ha sottolineato l’importanza di un’informazione accurata e veritiera e ha evidenziato la necessità di un approccio più umano e fiducioso al giornalismo. Il Papa ha messo in risalto il potere della narrazione e l’importanza di alimentare la speranza, anche di fronte alle avversità. Ha esortato i giornalisti ad andare oltre il semplice riportare le notizie e a contribuire attivamente alla costruzione di un mondo più giusto e compassionevole. Il discorso ha anche toccato i pericoli della disinformazione e la necessità di alfabetizzazione mediatica.

Il discorso integrale QUI

Soddisfatto delle tre giornate il presidente nazionale dell’Ucsi (Unione cattolica della stampa italiana) il marchigiano Vincenzo Varagona.

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