Le sorti della proposta di legge Cappato sul suicidio assistito in aula il prossimo 10 febbraio.
Battute di emendamenti alla proposta di legge della associazione Coscioni sul suicidio assistito e pregiudiziali di costituzionalità della legge, sono le armi ad oggi sfoderate dai consiglieri regionali che si oppongono alla delicatissima questione sollevata, accolta e licenziata favorevolmente dalla terza commissione del Consiglio Regionale della toscana presieduta da Sostegni del Pdl n.5 lo scorso 22 gennaio, per arrivare alla sua discussione definitiva in aula, in programmazione per il prossimo 10 febbraio.
Come noto, l’associazione Coscioni sta portando avanti con una strategia “a tappeto” nei vari consigli regionali italiani sotto il nome di PDLIP n.5, la proposta di legge affinchè il Servizio Sanitario Regionale possa fornire prestazioni che producano la MORTE dei malati, asserendo che questo sia quanto dichiarato dalla Sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019.
Non possiamo veramente credere che questa sia la verità e per dovute ragioni di conoscenza e cronaca riporto integralmente il passaggio in essa esplicitato, affinchè tutti possano comprendere giuristi e non giuristi: «la declaratoria di illegittimità costituzionale si limita a ESCLUDERE la punibilità dell’aiuto al suicidio assistito nei casi considerati, SENZA CREARE ALCUN OBBLIGO DI PROCEDERE A TALE AIUTO IN CAPO AI MEDICI» e dunque sia chiaro intendere anche il servizio sanitario nazionale e regionale (cfr. par.6 sent. 242/19).
Giustificare una presa di posizione che vada verso una approvazione della legge sul suicidio assistito o meglio omicidio assistito in Regione Toscana, significa solo tradire il vero compito delle Regioni, ossia promuovere politiche sanitarie che favoriscono la diffusione e la conoscenza e l’uso sulle cure palliative, la formazione adeguata del personale, la presenza di hospice dove la persona malata in fase terminale trovi un accompagnamento pieno, nelle varie dimensioni del suo essere, al fine di allievare il dolore e lenire la sofferenza ( fisico e morale).
Purtroppo nella nostra Regione Toscana, molte sollecitazioni sono state fatte in ordine al tema del fine vita, non per ultimo il convegno a Pistoia del 12 dicembre scorso al quale hanno partecipato giuristi, medici, teologi, economisti dal titolo “Aiutare a Vivere o aiutare a Morire. Dalla cura allo scarto della persona umana”, dove chiare furono le prese di posizioni tanto laiche che ecclesiastiche, che hanno messo in luce le gravi carenze assistenziali alla fragilità: allo stato attivi solo il 59% dei posti hospice, solo 26 unità domiciliari su 36, solo 1 posto letto come hospice pediatrico.
Come raggiungere nel 2027 il 90% del fabbisogno come indicato nella previsione di cui alla proposta2023DG000924 della “Direzione Sanità Welfare e coesione sociale”, quali strategie?
La scusa addotta dalle forze politiche di centro sinistra del Consiglio regionale è l’inerzia del legislatore nazionale, ma al contrario esiste un iter in corso in Senato ed opera dal 13 gennaio 2025 un comitato ristretto Giustizia e Sanità di Palazzo Madama che porterà alla redazione di un testo legislativo nazionale.
Parlare semplicemente, da parte delle forze di centro sinistra, di un “intervento procedimentale e di attuazione delle sentenze della corte costituzionale” è assolutamente fuorviante. Si parla di questioni antropologiche di cui dobbiamo assolutamente tenere conto e il supposto principio regolatore dell’azione del servizio sanitario regionale andrebbe solo ad eliminare e quindi scartare una vita malata, una vulnerabilità umana che non ha più valore e una richiesta di morte, che dobbiamo chiamare con il suo vero nome: eutanasia.
Nell’attesa del lavoro in aula del prossimo 10 febbraio è importante insistere in un accorato e unanime appello a quel discernimento politico che ponga al centro la persona umana, che punti ad allontanare l’imperante cultura dello scarto, laicamente parlando, e non cedere al semplice, banale tentativo di stabilire una procedura per il suicidio assistito, scaricandone il senso di responsabilità che impone ad una istituzione di garantire la libertà o al contrario sancire definitivamente la sua fine.
Avvocato Michela Cinquilli
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