Avalle è stata la prima donna ad allenare in serie A1 femminile (nel 1991), dopo una lunga cavalcata dalla B1. Nel 1994 portò la squadra fino alla vittoria della Coppa Cev
È stata una delle anime della pallavolo romana e italiana. Non c’era grande evento sportivo al quale non partecipasse, con la sua inconfondibile chioma argentata e assieme al fratello Gianni, cinque anni più grande – anche lui allenatore e dirigente del mondo del volley – fido scudiero e con cui seguiva le azzurre in Italia e all’estero (l’estate scorsa era ad Antalya e Macao per i primi successi della Nazionale di Velasco). La «Signora del volley» Simonetta Avalle se n’è andata nella notte per un arresto cardiaco, dopo una lunga malattia che, comunque, non l’aveva mai allontanata dai campi.
Aveva 74 anni, avrebbe festeggiato i tre quarti di secolo il 21 aprile, il Natale di Roma, secondo la leggenda il giorno dell’anniversario della fondazione nel 753 avanti Cristo. Per il volley di vertice della capitale, Simonetta Avalle è sempre stata una figura di riferimento: è stata la prima donna ad allenare in serie A1 femminile (nel 1991), dopo una lunga cavalcata dalla B1 e nel 1994 portò la squadra fino alla vittoria della Coppa Cev. Ora era l’allenatrice della selezione regionale del Lazio, dopo un passato anche nel consiglio federale tra il 2008 e il 2012. «Oggi – dice il presidente della Federvolley Giuseppe Manfredi – piangiamo la scomparsa di una grande allenatrice, ma soprattutto di una persona speciale. Simonetta ha incarnato alla perfezione i valori del nostro sport, educata, gentile, capace di dedicarsi con impegno e passione sia al volley di vertice, sia all’attività giovanile».
Laureata in Lettere e Filosofia, Simonetta Avalle si avvicinò alla pallavolo quasi per caso alla fine degli anni Sessanta quando fondò una squadra a Tor Sapienza – dove era cresciuta – attorno alla parrocchia del quartiere e con tutte le atlete della zona. Si allenavano all’aperto e fu quella la genesi di una squadra che poi arrivò fino ai successi degli anni Novanta. «Ero forse più portata alla guida del gruppo da fuori del campo che a giocare – raccontò in un’intervista del 2022 al sito sportmemory.it –. Ho un ottimo ricordo, quando da insegnante del liceo, seguivo la squadra di pallavolo che poi partecipò a quella splendida manifestazione che erano i Giochi della Gioventù. Ricordo anche alcune follie, si anche io rientro tra quegli allenatori considerati un po’ matti, facevamo allenamento dalle 7 alle 8 del mattino all’aperto, prima di entrare a scuola, e poi ci allenavamo nuovamente nel pomeriggio».
Il momento più alto della sua carriera arrivò nel 1993, quando guidò Roma alla conquista della Coppa Cev, battendo in finale le turche dell’Eczacibasi in una memorabile trasferta. Una vittoria che sancì la sua presenza tra i grandi nomi della pallavolo italiana. «Credo che se non me la fossi conquistata a forza di promozioni – prosegue in quell’intervista – non me l’avrebbero mai data una panchina in A1. Qualcuno ha puntato su di me, ma pochi. Quello che è certo è che ho trovato sempre un’ottima accoglienza e collaborazione dai colleghi allenatori uomini, mentre, al contrario, ho sofferto una certa diffidenza da molti dirigenti e procuratori». Nel corso della sua carriera, Simonetta allenò anche Arzano, Firenze e Reggio Calabria, contribuendo alla crescita di numerose giocatrici, tra cui Manu Leggeri, la capitana della Nazionale di Marco Bonitta che nel 2002 a Berlino salì per la prima volta (e finora unica) sul gradino più alto del podio mondiale.
La camera ardente di Simonetta sarà allestita mercoledì 29 gennaio al Policlinico Gemelli a partire dalle ore 8.00 fino alle 11.30.
Il funerale si svolgerà lo stesso giorno alle ore 12.00, presso la chiesa Parrocchiale di San Vincenzo de’ Paoli in via Tor Sapienza 52 –
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