Rwanda e Congo sponsor del grande calcio europeo

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Nella notte tra il 26 e il 27 gennaio la città di Goma è caduta sotto il controllo del gruppo ribelle M23. Siamo nel Nord Kivu, ai confini orientali della Repubblica Democratica del Congo, accanto all’Uganda e al Ruanda: qui è in corso da circa vent’anni un violentissimo conflitto che ha causato già circa 3 milioni di profughi, motivato ufficialmente da ragioni etniche (M23 è una milizia Tutsi, un gruppo minoritario in Congo), ma più profondamente da questioni economiche e strategiche. Il Nord Kivu è una regione ricca di risorse minerali, su tutte il coltan, componente fondamentale per il funzionamento di molti apparecchi elettronici della nostra quotidianità.

Può sembrare assurdo ma in qualche modo in tutta questa storia c’entra anche uno dei più noti club di calcio al mondo, il Milan. A fine settembre il Corriere della Sera rivelava infatti che il club rossonero stava definendo un controverso accordo di sponsorizzazione proprio con la Repubblica Democratica del Congo. Il Milan doveva aggiungere, sul retro della propria maglia, uno slogan per promuovere il turismo nel Paese africano, che negli ultimi anni sta investendo molto su questo fronte. Una scelta discutibile, considerando appunto la situazione in Congo, dove l’instabilità politica è un tratto distintivo della società locale, purtroppo, fin dalla caduta dello spietato regime di Mobutu, nel 1997.

Anche Kaka e George Weah

La RD del Congo è il paese in cui, il 22 febbraio 2021, è stato assassinato l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, ucciso in un agguato di non meglio identificati uomini armati avvenuto nel villaggio di Kibumba, proprio nel Nord Kivu. Consapevole di questa situazione, il Milan aveva fatto inserire nell’accordo con Kinshasa un progetto di sostegno ad associazioni umanitarie della regione, come Mama Sofia, la fondazione creata nel 2017 da Zakia Seddiki, la moglie di Attanasio. Le rivelazioni del Corriere sono arrivate pochi giorni dopo la condanna a morte di 37 persone a Kinshasa per un tentato colpo di stato contro il Presidente Félix Tshisekedi, e tra di esse figuravano anche alcuni cittadini statunitensi ed europei.

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L’idea di stringere una partnership commerciale, per giunta finalizzata a incrementare il turismo, con un Paese in perenne guerra civile e da poco sfuggito a un golpe ha destato molte perplessità. Eppure un mese dopo l’articolo del Corriere della Sera il Ministero del Turismo congolese ha reso pubblici i dettagli dell’accordo col Milan. Ne emergeva che ai funzionari congolesi sarebbe stato permesso di accedere all’area VIP dello stadio Meazza per incontrare potenziali investitori, e che il club rossonero avrebbe realizzato un’academy nella RD del Congo, sfruttando come testimonial alcuni suoi ex campioni, come il brasiliano Kaká e l’ex- Presidente della Liberia George Weah. Da allora sono però passati tre mesi, e il Milan non ha ancora ufficializzato l’accordo né iniziato a mostrare lo slogan sulle proprie maglie.

C’è poi un altro dettaglio, ancora più ambiguo, attorno a questa vicenda. Non è infatti una novità che alcuni Stati investano in accordi promozionali per il turismo con note squadre di calcio: uno degli esempi migliori, in questo caso, è il Ruanda. Il paese guidato da Paul Kagame ha infatti iniziato a far comparire il logo di Visit Rwanda sulle maglie di importanti club europei come PSG e Arsenal, in questi ultimi anni. Il Ruanda è però anche il Paese accusato di aver creato e finanziato (almeno fino al 2013) la milizia M23. Dopo la caduta di Goma, il governo di Kinshasa ha interrotto le relazioni diplomatiche con il Ruanda, denunciando quanto accaduto come una “dichiarazione di guerra”. Il calcio europeo rischia forse di diventare l’arena di una guerra parallela (e purtroppo in senso non molto figurato) tra due potenze africane?

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