«Almasri mi ha picchiato», parlano le vittime dei lager libici

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Nessun confronto in Parlamento. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e i tre membri del governo Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza con delega ai servizi segreti, Carlo Nordio, ministro della Giustizia e il titolare del Viminale Matteo Piantedosi sono indagati per favoreggiamento e peculato dopo la liberazione del capo della polizia giudiziaria libica Almasri, ma nessuno di loro è andato a riferire in Aula. L’unico aggiornamento proveniente su questo caso dal governo è che l’avvocata Giulia Bongiorno è stata scelta come unico legale per tutti e quattro. Nordio e Piantedosi erano attesi il 29 gennaio per un’informativa, ma è stata annullata subito dopo il video che Meloni ha pubblicato sulla sua pagina Facebook.

«Il procuratore Francesco Lo Voi, lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona mi ha appena notificato un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato, in relazione alla vicenda del rimpatrio del cittadino presumo al seguito di una denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, ex politico di sinistra molto vicino a Romano Prodi, conosciuto per avere difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi» ha detto Meloni nel suo video.

Frame del video pubblicato sulla pagina Facebook di Giorgia Meloni

In realtà, non è proprio così. L’associazione nazionale magistrati ha specificato che non si tratta di un avviso di garanzia ma di una «comunicazione di iscrizione al registro delle notizie di reato» e si tratta di un passaggio obbligatorio previsto dalla legge costituzionale del 1989 sui reati ministeriali. A differenza dell’avviso di garanzia questa comunicazione non prevede l’attivazione di un’indagine da parte della Procura di Roma. Anzi la norma prevede che il procuratore sospenda ogni attività investigativa e trasmetta gli atti al tribunale dei ministri che ha novanta giorni per decidere se archiviare il caso o chiedere l’autorizzazione a procedere alle Camere.

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L’avvocato Li Gotti ha specificato di aver intrapreso l’azione legale da «privato cittadino» e ha risposto alla presidente senza cedere alle provocazioni. All’Adnkronos ha detto: «L’iscrizione è un atto dovuto per legge, la procura non ha potuto iscrivere contro ignoti perché la denuncia è nominativa, ma è un atto consequenziale, scontato». Ha poi aggiunto «Adesso su questa vicenda mi aspetto chiarezza, quello che non c’è stato finora. Ho ipotizzato i reati di favoreggiamento e peculato ma sarà la magistratura a indagare». Ossia i sei riuniti nel tribunale dei ministri.

Anche le opposizioni si aspettavano chiarezza e non avendola ricevuta dal governo hanno deciso di provvedere da sole: oltre a chiedere una sospensione dei lavori per protesta fino al quattro febbraio, hanno organizzato con i membri di Refugees in Libya una conferenza stampa a Montecitorio.  

«Governo italiano complice»

«Speravamo nella giustizia, speravamo che il nostro aguzzino pagasse per ciò che ha ci ha fatto e invece abbiamo scoperto che è stato liberato». Questa la denuncia di David Yambio, sudanese rifugiato in Italia dal 2022 e portavoce di Refugees in Libya ma, soprattutto, detenuto e torturato nel lager di Mitiga proprio da Almasri. L’occasione per parlare della sua esperienza nelle carceri di Tripoli è stata la conferenza stampa – subito “sold out” – organizzata a Montecitorio dalle opposizioni e che, oltre a David, ha visto partecipare altri due sopravvissuti alle torture del capo della polizia giudiziaria libica, arrestato in Italia e poi rilasciato.

Nell’affollata sala conferenze di Montecitorio, come a dire che sul tema, stavolta, c’è totale unità, oltre alla leader dem Elly Schlein c’erano anche Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli (Avs), Riccardo Magi (+Europa), Maria Elena Boschi (Italia Viva) e Vittoria Baldino (M5S).

«Chiediamo una spiegazione ufficiale sul motivo per cui Almasri è stato rilasciato invece di essere consegnato alla Corte penale internazionale», ha detto David. Che ha continuato amaro: «Abbiamo atteso a lungo questo giorno, ma ora ci ritroviamo di fronte a una profonda delusione». Il motivo è presto detto: «Almasri è direttamente responsabile di innumerevoli crimini», ha sottolineato Yambio, che poi ha ricordato «tutti i nostri compagni morti o ancora intrappolati in Libia». «Siamo grati per averci dato un posto sicuro – ha aggiunto rivolgendosi all’Italia – ma non possiamo dimenticare ciò che abbiamo subito».

«Almasri mi ha picchiato», parlano le vittime dei lager libici
Lam Magok

Subito dopo, ha preso parola Lam Magok, che ha vissuto in Libia 5 anni e che, come David, è membro di Refugees in Libya. Anche lui prigioniero a Mitiga, ha denunciato: «Almasri mi ha picchiato, quando ho saputo che era stato arrestato ho provato una sorta di sollievo ma poi, alla notizia della sua liberazione, sono rimasto scioccato». Magok ha parlato delle violenze subite nel lager e del suo (fallito) tentativo di fuga: «Ci hanno catturati, Almasri è venuto di persona e ci hanno torturato per cinque giorni, poi ci hanno obbligato a trasportare i cadaveri dei nostri compagni».

Poi, l’appello diretto alla premier Meloni: «Ho sentito dire che è una madre e una cristiana: da madre, come ha potuto permettere che un uomo che tortura e che uccide anche bambini fosse rimesso in libertà?». E ancora: «Mi rendo conto di quanta complicità ci sia da parte del governo italiano in tutto quello che ho vissuto».

L’ultimo a intervenire nella sala conferenze di Montecitorio è Mahamat Daoud, originario del Sud Sudan e detenuto in un lager libico. «Nel 2021 ho partecipato a una protesta davanti alla sede dell’Unhcr a Tripoli – ha raccontato Mahamat –  ma le forze libiche l’hanno smantellata con violenza e ci hanno deportato in un altro campo, sotto il controllo di Almasri». Anche per lui, la delusione per il rilascio del generale libico è grande: «Chi si assume la responsabilità di tutte le morti nei lager? Chi risponderà per le vittime di Almasri?», si chiede Mahamat. Che ha lanciato un appello: «Almasri è un trafficante di esseri umani, una persona estremamente pericolosa. Chiediamo che la verità venga riconosciuta. Non saremo mai liberi finché tutti i rifugiati non saranno liberati dalle violenze atroci».

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Da qui, le richieste ufficiali al governo contenute in tre lettere con destinatari la presidente del Consiglio Meloni, il ministro dell’Interno Piantedosi, quello della Giustizia Nordio e il sottosegretario con delega ai servizi Mantovano. «Chiediamo l’immediata cessazione di tutti gli accordi tra Italia e Libia che permettono abusi contro i migranti – l’appello delle vittime – un impegno pubblico per ottenere il rilascio di chi è ancora detenuto a Mitiga e in altri centri libici, e una spiegazione ufficiale sul perché Almasri, che lo stesso governo italiano, nella persona del ministro Piantedosi, ha definito “pericoloso”, sia stato liberato invece di essere consegnato alla giustizia internazionale». Inoltre, i tre hanno sollecitato l’attivazione di un percorso legale per i migranti bloccati nei centri di detenzione libici, inclusa la riapertura dell’Ambasciata Italiana a Tripoli per il rilascio di visti umanitari.

Bonelli: «La premier dice che è mamma, ma libera uno stupratore di bambini»

A margine dell’incontro, il capogruppo dei Verdi alla Camera, Angelo Bonelli, ha detto a Zeta: «I fatti sono inoppugnabili, ossia che è stato liberato un torturatore come ha dimostrato questa conferenza stampa». Anche Bonelli come i tre uomini torturati riprende le parole di Meloni «Ogni volta la premier dice che è mamma, ci chiediamo allora come possa una madre liberare uno stupratore di bambini». Secondo quanto riportato da Bonelli – che ha avuto modo di «leggere l’analisi dei capi di imputazione con tutte le testimonianze» presentate all’Aia – Almasri è accusato di aver «stuprato 15 bambini, oltre a violenze su donne, assassinii e torture».

«Pubblicare il video sui social e non venire a parlare con noi in Parlamento – ha aggiunto Bonelli –  è l’arroganza di un potere che ormai ha capito come gestire la comunicazione che oggi si svolge su canali differenti di quelli che noi abbiamo immaginato». Il modus operandi è sempre lo stesso secondo il deputato di Avs: apparire come «vittima di un complotto, ma complotti non ce ne sono nemmeno da parte della magistratura accusata di reagire alla riforma di separazione delle carriere. Il fatto è uno solo. Hanno liberato uno stupratore e torturatore e questo è qualcosa di inaccettabile».

Leggi anche: Cosa rischia l’Italia davanti la Corte penale internazionale





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