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Le spese veterinarie sono insostenibili per gran parte dei cittadini italiani. Nel nostro paese vivere con un cane comporta una spesa di circa 341 euro per le sole cure veterinarie, ma le cifre lievitano rapidamente in presenza di patologie croniche o altri problemi di salute improvvisi, diventando spesso inaccessibili per le famiglie. I costi delle cure veterinarie appaiono arbitrari ma sono il frutto di un sistema complesso di cui pagano il prezzo (salato) le persone e soprattutto i loro animali.
I numeri aumentano ad ogni passaggio che separa il produttore dall’utente finale, lo Stato però potrebbe avere un ruolo per contenerli. Per fare chiarezza sui costi nascosti dei farmaci veterinari abbiamo contattato Marco Melosi, presidente dell’Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani (Anmvi). «Oggi gli animali vengono considerati al pari dei beni di lusso, le loro spese vengono tassate con l’Iva al 22%, la stessa che c’è sui liquori».
A parità di principio attivo i farmaci veterinari costano più di quelli umani, e non di poco. Perché accade?
È indubbio che la maggior parte dei farmaci veterinari costino di più di quelli umani pur contenendo lo stesso principio attivo. Le ragioni sono molte. La prima è che non esiste un tavolo di concertazione per i farmaci veterinaria. In umana l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) quando deve immettere sul mercato un nuovo farmaco apre un tavolo di confronto dove viene stabilito il prezzo finale. Questo non accade in veterinaria, quindi oggi sono le aziende decidono loro che prezzo imporre, sulla base di una serie di fattori.
Quindi come vengono decisi i costi?
La decisione è frutto di una serie di momenti diversi. Innanzitutto il mercato del farmaco veterinario è circa il 4% di quello umano. Nel caso dell’umano i costi di produzione vengono spalmati su migliaia e migliaia di confezioni vendute, mentre in veterinaria le quantità sono molto ridotte, questo ovviamente può incidere sul prezzo. Il secondo aspetto riguarda le linee di produzione: la maggior parte dei prodotti veterinari oggi hanno degli “appetizzanti” per rendere più facile la somministrazione. Questo vuol dire che non si possono utilizzare le stesse linee di produzione umane perché i prodotti per cani e gatti utilizzano ingredienti diversi, come ad esempio farine di carne.
Poi c’è un’altra considerazione, che è l’ultima, e riguarda la registrazione del farmaco al Ministero della Salute. Nel caso dell’uomo viene fatta un’unica registrazione per la specie umana, ma quando si parla di un farmaco veterinario la registrazione deve essere diversa per ogni specie animale. Spesso si tratta anche di 4 o 5 registrazioni a seconda delle specie animali alle quali è destinato il farmaco veterinario, e ognuna ha un proprio dossier.
Queste sono le differenze rispetto al farmaco umano e le ragioni per le quali il farmaco veterinario costa di più. Quanto debba costare di più è un discorso diverso.
Se i farmaci umani constano meno perché i veterinari non li prescrivono direttamente anche per cani e gatti?
Come veterinari noi non abbiamo nessuna possibilità di farlo, e la colpa non è nostra. Deve essere chiaro ai consumatori che noi non possiamo prescrivere il farmaco umano. Esiste un regolamento europeo, recepito anche dall’Italia, che obbliga il veterinario a utilizzare il farmaco veterinario, si può fare eccezione solo nel caso in cui il farmaco veterinario non esista, ma si tratta di casi abbastanza rari. L’attenzione e la sensibilità della nostra società nei confronti del mondo animale è aumentata, quindi c’è molta attenzione.
Cosa succede al veterinario che prescrive a un animale un farmaco ad uso umano?
Ci sono sanzioni che possono arrivare fino a 15 mila euro se il veterinario prescrive un analogo umano. Ma il motivo per cui non si dovrebbe fare è anche un altro: il farmaco veterinario, al contrario di quello umano, viene testato per la compatibilità con gli animali non solo per quanto riguarda il principio attivo, ma anche per gli eccipienti, è quindi più sicuro.
In umana sono sul mercato anche i farmaci generici, cioè quelli che pur avendo la stessa composizione del farmaco “di marca” costano meno. In veterinaria però sono ancora poco diffusi. Ci sono altri modi per permette già ora la riduzione dei costi di alcuni farmaci?
Sì, i generici in medicina veterinaria esistono e quindi un po’ il prezzo si è abbassato, anche se non sono tanti. Contribuiscono a ridurre i costi anche prediligere le confezioni multiblister rispetto alle confezioni a imballaggio singolo. Ma quello che farebbe davvero la differenza è l’aumento delle detrazioni per le spese veterinarie.
Quest’anno ci sarà nuovamente il Bonus animali domestici. È sufficiente per supportare aiutare i cittadini a sostenere le spese?
Come Anmvi abbiamo portato avanti una battaglia per aumentare le detraibilità delle prestazioni veterinarie che oggi ammontano al massimo a poco più di 50 euro. Per noi il Ministero della Salute deve intervenire in questa direzione aumentando le detrazioni. Inoltre, i cani sono considerati al pari di beni di lusso: l’Iva sulle prestazioni veterinarie è del 22%, la stessa che c’è sui liquori, mentre su altri generi alimentari o su altre prestazioni è molto più bassa. Ad esempio, quando si va dal medico in umana l’Iva non c’è affatto. Speriamo che il Governo agisca per aumentare le detrazioni.
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