Le “balle” di Elena Piastra sul “commercio”. Mille euro per “salvarlo” e rilanciarlo

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Quando nel programma elettorale della sindaca Elena Piastra si parlava di una “strategia di uscita dalla crisi di sistema” e di “un nuovo ruolo nel tessuto economico e sociale della città” per i negozi di prossimità, in molti avevano pensato a riforme coraggiose e investimenti solidi. Dopotutto, era scritto nero su bianco: incentivare la trasformazione delle vetrine come strumento di comunicazione, formazione per la gestione e il marketing, sostegno alle collaborazioni, perfino agevolazioni fiscali, riduzioni di TARI e IMU, e via dicendo. Insomma, una pletora di promesse che sembravano preludere a un rilancio in grande stile del commercio locale e della piccola imprenditoria.

Ebbene, a distanza di tempo, ecco l’attesa svolta: un bando per la concessione di contributi da ben… 30mila euro complessivi. Capito? Trenta. Si tratta, a conti fatti, di un piatto di lenticchie da dividere fra i tanti negozi di Settimo Torinese che, per usare le stesse parole del programma della sindaca, “devono fronteggiare la concorrenza dell’e-commerce e della grande distribuzione”. Sembra quasi la trama di un film tragicomico: da una parte, le roboanti promesse di rinnovamento; dall’altra, la realtà di un finanziamento totale che, tolti i soliti balzelli, lascia a ciascuna attività un massimo di 1000 euro (salvo straordinari incrementi a 1500 o 2000 in casi particolari).

Ora, non vorremmo fare gli eterni scontenti, ma se chiudi un occhio sull’enfasi con cui l’Amministrazione comunale annuncia di voler “favorire l’innovazione, la digitalizzazione, il risparmio energetico, la sostenibilità ambientale, l’inclusione sociale” e via discorrendo, ti troverai a pensare: cosa puoi davvero fare con 1000 euro, se hai una bolletta della luce che pesa ben oltre quella cifra, o devi rifare l’insegna e mettere mano al registratore di cassa ormai antiquato?

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Mettiamola così: con 1000 euro, magari, riesci a farti una discreta consulenza di mezza giornata su come curare il profilo social della bottega. Ma “reinventare il negozio di prossimità”? Quella è un’altra storia.

A rincarare la dose, ecco l’intervento dell’assessora al commercio, Carmen Vizzari, che celebra il bando come un inedito sostegno al commercio locale. “È la prima volta che il Comune finanzia questo progetto,” ci ricorda orgogliosa. Peccato che molti esercenti, invece, si aspettassero qualcosa di più vicino a una svolta epocale, non a un gettone da mille euro. Forse, per la prossima “prima volta”, sperano in un piano organico di taglio delle tasse o quantomeno in qualche forma concreta di formazione strutturata.

Nel frattempo, però, il massimo che l’Assessora sembra poter offrire è un pacchetto di speranze natalizie e la rassicurazione che “questo è solo l’inizio”. Certo, come no: in fondo anche un “crodino” offerto può essere “solo l’inizio” di una cena di gala… peccato se poi la cena non arriva mai.

Eppure, scorrendo il programma elettorale di Elena Piastra (lo trovate qui), ci era parso di capire che l’Amministrazione mirasse alla creazione di un vero e proprio “hub di start-up” e a forme di “forte riduzione dell’IMU, della TARI”, così da favorire le nuove aperture.

Si vociferava persino di agevolazioni legate alla sosta e di un sistema di eco-sconti da spendere nei negozi cittadini. Che fine ha fatto tutto questo? A leggere il bando, non ci sono tracce di significative riduzioni tributarie, di sostanziose spalle coperte per i commercianti afflitti dall’aumento dei costi fissi, né tantomeno di soluzioni “epocali” per la digitalizzazione. Si parla sempre e solo di contributi a posteriori, con tetti massimi da borsellino quasi vuoto.

La nota più “audace” del bando è il riferimento alla voglia di “rafforzare il commercio di vicinato” contro l’e-commerce. In concreto? Chi vuole innovare, e magari dotarsi di un bel sito di vendita online, potrà chiedere un finanziamento… che copre il 70% delle spese, certo, ma comunque limitato a un massimo di 1000 euro. Insomma, giusto quel che serve a comprare un dominio web, un paio di ore di consulenza e (forse) un template base per l’e-commerce. Poi, se serve un buon gestionale o se si vuole investire in un po’ di pubblicità, bisogna arrangiarsi.

Intanto, mentre i commercianti si affannano a compilare domande e raccogliere fatture, la concorrenza dell’online e della grande distribuzione galoppa come sempre. Ci chiediamo anche come tutto questo si sposi con l’idea, dichiarata dalla sindaca, di “riqualificare” il tessuto urbano e rilanciare i quartieri. Sarà che 30mila euro ci sembrano un po’ pochini per “ripensare” un’intera rete di negozi, come dal capitolo sulle “Azioni per la rivitalizzazione del commercio locale” del programma elettorale.

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Certo, è pur sempre un inizio, potrebbe dire qualcuno con spirito caritatevole. Eppure, se è questo il tanto atteso “bando per salvare i negozi di vicinato”, c’è il rischio che molti esercenti abbiano già riposto le loro speranze in un cassetto, proprio accanto al registratore di cassa.

Insomma ci si attendevano sgravi fiscali, consulenze serie per il marketing e l’e-commerce, interventi strutturali, non una mancetta da bruciare in piccole migliorie.

La morale? Nell’attesa, di fronte al “boom del commercio elettronico” e al peggioramento della crisi, l’unica ancora di salvezza sarà quel caro vecchio motto: “Chi fa da sé, fa per tre”. Con un migliaio di euro in tasca o poco più, almeno – per usare un pizzico di ironia – si potrà comprare qualche bella decorazione per la vetrina… Sperando che, prima o poi, anche le promesse dell’Assessora (e di tutto il Palazzo) si trasformino in qualcosa di più consistente di un Crodino.





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