OpenAI accusa la startup cinese DeepSeek di aver utilizzato i suoi modelli per sviluppare una tecnologia AI open-source, violando la proprietà intellettuale. Intanto la Marina Usa vieta ai suoi membri l’uso del modello cinese
OpenAI ha dichiarato di avere prove che DeepSeek, startup cinese diventata famosa in poche ore per il suo modello AI gratuito e open-source, abbia sfruttato i modelli proprietari di OpenAI (ChatGpt) per sviluppare la propria tecnologia. Secondo il colosso statunitense questa pratica viola la proprietà intellettuale e i termini di servizio.
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La questione non è solo legale, ma sta scuotendo i mercati globali: la pubblicazione del modello R1 di DeepSeek – capace di rivaleggiare con le soluzioni più avanzate degli Usa su benchmark di settore, ma a costi significativamente inferiori – ha fatto crollare del 17% le azioni di Nvidia lunedì, alimentando i timori che l’era dei miliardi investiti in AI stia per essere messa in discussione da soluzioni low-cost e competitive.
E non finisce qui: nelle ultime ore Alibaba ha annunciato il lancio di una nuova versione del suo modello di IA, Qwen 2.5, che superebbe DeepSeek-V3.
OpenAi accusa DeepSeek: ecco come avrebbe copiato ChatGpt
David Sacks, consigliere di Donald Trump sull’intelligenza artificiale e sulle criptovalute, è intervenuto sulla questione, affermando a Fox News che ci sono “prove sostanziali” che il colosso cinese abbia sfruttato gli output dei modelli di OpenAI per sviluppare la propria tecnologia. “Non credo che OpenAI sia disposta a tollerarlo”, ha aggiunto, pur senza fornire dettagli sulle prove.
Secondo quanto riportato dal Financial Times e da Bloomberg, OpenAI sospetta che DeepSeek abbia utilizzato una tecnica chiamata distillazione, che permette di trasferire conoscenze da modelli avanzati a versioni più piccole e meno costose. Questa strategia, pur essendo comune nel settore, costituirebbe una violazione se impiegata per creare un modello concorrente.
Ovviamente, DeepSeek nega le accuse e afferma di aver speso “solo” 5,6 milioni di dollari, utilizzando 2.048 GPU Nvidia H800, per addestrare il suo modello V3. Una cifra ridicola rispetto agli investimenti colossali di OpenAI o Google.
Sospetti di esfiltrazione e indagini in corso
Bloomberg riporta che i ricercatori di sicurezza di Microsoft, partner e principale investitore di OpenAI, avrebbero osservato lo scorso autunno un’esfiltrazione massiccia di dati tramite le Api di OpenAI, collegata a soggetti ritenuti vicini a DeepSeek. Le Api, che rappresentano il principale punto di accesso per gli sviluppatori e i clienti aziendali, sarebbero state usate per scaricare una grande quantità di output a scopo di addestramento.
L’amministratore delegato di OpenAI, Sam Altman, ha dichiarato ai dipendenti che l’azienda sta indagando per capire fino a che punto le prestazioni di DeepSeek siano attribuibili alla distillazione di GPT-4 piuttosto che a una vera innovazione indipendente.
Reazioni dagli Usa: avvertimenti e contromisure
Il governo statunitense ha espresso preoccupazioni crescenti per i rischi associati all’intelligenza artificiale sviluppata in Cina. OpenAI ha ribadito l’impegno a lavorare a stretto contatto con le istituzioni americane per proteggere le tecnologie strategiche dagli avversari stranieri.
Intanto la Marina Usa ha ordinato ai suoi membri di evitare l’uso del modello cinese. In un avviso inviato tramite e-mail venerdì al personale di “non scaricare, installare o utilizzare in alcuna forma il modello DeepSeek” a causa di “potenziali problemi di sicurezza ed etici”.
Un settore in bilico
La rapida ascesa di DeepSeek, con modelli AI open-source e a basso costo, rappresenta una sfida diretta ai giganti della Silicon Valley, come OpenAI e Google, fondati su soluzioni chiuse e investimenti miliardari. David Sacks ha avvertito che questa situazione spingerà le aziende statunitensi a intensificare le contromisure per limitare i modelli “copia”.
Nel frattempo, OpenAI è impegnata anche su altri fronti legali: affronta accuse di violazione del copyright da parte di autori e giornali, inclusa una causa in corso con il New York Times, che sostiene che l’azienda ha utilizzato articoli e libri protetti da copyright per addestrare i propri modelli senza autorizzazione.
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