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Negli ultimi anni, il settore biologico ha dimostrato una resilienza sorprendente, nonostante le difficoltà del mercato e le sfide di una comunicazione ambientale spesso alle prese la concorrenza insidiosa di aziende che parlano di sostenibilità ma praticano il “greenwashing”. Il Rapporto Bio Bank 2024, pubblicato dalla storica banca dati del bio, offre un’analisi approfondita dello stato del biologico in Italia e nel mondo, rivelando dati significativi che sottolineano la continua espansione del comparto.
Secondo il Rapporto, il valore del mercato biologico in Italia ha raggiunto i 9,1 miliardi di euro nel 2023, con una crescita dell’8,7% rispetto al 2022 e un incremento del 135% negli ultimi dieci anni. Un trend positivo che si riflette anche nei consumi domestici, saliti a 4,2 miliardi di euro (+6,7%), superando il tasso d’inflazione annuo. Inoltre, il settore della ristorazione biologica registra un boom con un incremento del 18,1%, raggiungendo 1,3 miliardi di euro.
Anche l’export bio continua a espandersi, con un valore che ha toccato i 3,6 miliardi di euro (+8% rispetto al 2022). Dati che confermano l’Italia come leader europeo per l’export biologico e per il numero di aziende di trasformazione (23.600 su un totale di 92.000), oltre a posizionarla al primo posto per produttori agricoli bio e terza per superfici agricole dedicate al biologico.
Sfide nel settore biologico
Nonostante i numeri positivi, il settore affronta alcune criticità. Il rapporto evidenzia una flessione del 5,6% nel numero di attività bio censite nel 2023, in particolare nei negozi specializzati e nella ristorazione, a causa della crescente presenza dei prodotti biologici nella grande distribuzione. Infatti, la quota della GDO sulle vendite bio è passata dal 40% al 58% in dieci anni, mentre quella dei negozi specializzati è scesa dal 36% al 23%.
Anche il settore della cosmesi bio vive una fase di incertezza, con un turnover negativo legato alla mancanza di una normativa europea unificata e alla diffusione del greenwashing, che mina la fiducia dei consumatori. Tuttavia, le Regioni leader del biologico rimangono Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto per numero di attività, mentre Trentino-Alto Adige, Marche ed Emilia-Romagna guidano per densità.
Il bio al centro della sostenibilità
Il rapporto pone l’accento sul ruolo chiave del biologico nella transizione ecologica. Con l’agroalimentare responsabile di oltre un terzo delle emissioni globali di gas serra, il biologico si afferma come un modello produttivo indispensabile per ridurre l’impatto ambientale e contrastare il cambiamento climatico. Dal 1995 al 2024, la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è passata da 361 ppm a 427 ppm, segno che il tempo per agire si riduce drasticamente.
Come sottolineato dal segretario generale dell’ONU, António Guterres, “l’era del riscaldamento globale è finita, è arrivata l’era dell’ebollizione globale”. In questo contesto, il biologico assume un ruolo centrale, non solo per la sostenibilità ambientale, ma anche per la tutela della biodiversità e della fertilità del suolo.
Il Rapporto Bio Bank 2024 fornisce una fotografia chiara e dettagliata dell’evoluzione del settore bio, evidenziando la sua capacità di crescita nonostante le difficoltà. Se da un lato il biologico deve affrontare la concorrenza della GDO e le insidie del greenwashing, dall’altro continua a dimostrarsi un pilastro fondamentale per un futuro più sostenibile.
La sfida ora è, da un lato, migliorare la comunicazione dei suoi valori e rendere sempre più evidente il suo impatto positivo sulla salute dell’uomo e del pianeta, dall’altro armonizzare e migliorare le normative nazionali ed europee. Una questione non secondaria visto le recenti polemiche sulla bozza del decreto ministeriale sulle contaminazioni accidentali nei prodotti biologici, resa pubblica a novembre 2024. La proposta, nota anche come “decreto ammazza-bio” rischia di compromettere il settore, imponendo limiti più restrittivi rispetto agli standard europei e scaricando sugli agricoltori l’onere di dimostrare l’assenza di dolo. Le nuove norme, contestate da ambientalisti e produttori, potrebbero favorire l’agricoltura convenzionale e penalizzare chi opera nel biologico, compromettendo gli obiettivi europei di crescita del settore.
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