Il nuovo, ultimo attacco della Regione Lombardia alla fauna selvatica colpisce gli uccelli migratori. Con un colpo di spugna la Giunta guidata da Attilio Fontana ha deciso di sanare le gravi irregolarità – accertate nel tempo dalle forze dell’ordine – che permeano la caccia d’appostamento, vale a dire l’attività ludica di chi uccide gli uccelli servendosi di altri uccelli in gabbia (i cosiddetti richiami vivi) che col loro canto attirano i primi. In particolare, la Lombardia ha stanziato 200mila euro per produrre e consegnare gratuitamente ai cacciatori circa 247mila contrassegni, uno per ciascun capo denunciato nell’apposita banca dati. Poiché catturare uccelli è vietato, i contrassegni devono essere inamovibili e apposti agli uccelli, nati e allevati in cattività su autorizzazione dello Stato, dagli allevatori. Ora, però, si fa tabula rasa delle regole. E riscrivendole la Regione Lombardia permette a ogni cacciatore di dotare i richiami vivi del nuovo contrassegno, sanando di fatto eventuali irregolarità. Il tutto rendendo i controlli delle autorità preposte sostanzialmente impossibili da mettere in pratica. Ma andiamo con ordine.
È da quando si è insediata la nuova Giunta – e il nuovo Consiglio – che il centrodestra lavora per allentare le regole sulla caccia, pur continuando a scontrarsi coi giudici amministrativi (e in un caso, che diremo a breve, coi carabinieri forestali). Già nell’estate del 2023 la commissione Agricoltura aveva presentato un emendamento all’articolo 26 della legge 26/93 con cui modificare la norma che disciplina l’utilizzo dei contrassegni (o anellini) inamovibili. Ma allora, abbastanza sorprendentemente, lo stesso assessore all’Agricoltura, Alessandro Beduschi, si era opposto, scatenando l’ira delle doppiette. Nel frattempo il vicepresidente della commissione, il consigliere di Fratelli d’Italia, Carlo Bravo (guarda caso ex presidente dell’Associazione cacciatori lombardi), tra i principali referenti a Palazzo Lombardia del mondo venatorio, era stato denunciato proprio per aver alterato e contraffatto i sigilli dei propri richiami vivi. Fino a uno degli smacchi più clamorosi: Tar prima e Consiglio di Stato poi hanno certificato l’incompetenza dei politici lombardi di gestire i valichi interessati dalle migrazioni degli uccelli (dove sarebbe vietato sparare ma dove i cacciatori ambiscono a sparare), commissariando la Regione.
Ma ora con una semplice delibera di Giunta, il centrodestra si è preso la propria rivincita. Prima ha istituito la banca dati dei richiami vivi, poi ha stabilito che i cacciatori possono sostituire i vecchi anellini con bugne in alluminio o addirittura fascette di plastica, che sono per la loro stessa natura facilmente alterabili. Nella delibera si scrive che “a seguito del rilascio del contrassegno lo stesso è apposto, sostituendo il precedente, a tutti i richiami vivi posseduti, compresi gli esemplari adulti”. Poi si fa appello al benessere animale. Per questa ragione “non si procede alla sostituzione dei contrassegni in duralluminio, acciaio o altro materiale idoneo purché dotati di idoneo certificato rilasciato da un laboratorio di prova accreditato”. Ma qui, come si comprende bene, si tratta di una facoltà lasciata al cacciatore. Vale a dire: puoi non sostituirlo (se hai l’idoneo certificato), ma non sei obbligato. Anche nell’allegato richiamato dalla delibera si parla di alcune condizioni da dover rispettare per procedere alla sostituzione. Ma sono così ambigue da lasciare mano libera. Una condizione su tutte: si possono sostituire gli anellini “per esigenze di unifomazione dei contrassegni di individuazione dei richiami disposte dalle autorità“. Ma la stessa Regione Lombardia può essere considerata una “autorità”. E allora liberi tutti.
Per richiedere alla Regione i nuovi contrassegni, oltre all’iscrizione alla banca dati, è sufficiente presentare domanda “all’associazione venatoria di iscrizione o ornitologica” con “specifica istanza motivata corredata da dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del DPR 445/2000″. “Significa che basta un’autocertificazione – attacca Domenico Aiello, avvocato e responsabile tutela giuridica della natura per il Wwf – in pratica è lo stesso cacciatore a dire che i propri uccelli vengono da un allevamento e non dalla cattura. Non c’è un ente terzo che verifica. La verità è che in Lombardia c’è un problema enorme di illegalità e ora chi governa la regione, anziché combattere il bracconaggio, lo agevola. Stiamo valutando se impugnare la delibera di fronte al Tar, poiché palesemente in contrasto con la direttiva Uccelli”.
Coi nuovi sigilli (o addirittura con le fascette di plastica) sarà impossibile per le forze dell’ordine verificare se i richiami vivi in uso da parte di un cacciatore sono stati catturati in natura. Un controsenso, se si considera che le valli bergamasche e quelle bresciane sono ritenute uno dei peggiori black spot del bracconaggio europeo. In tal senso, le operazioni dei carabinieri forestali del Soarda lo dimostrano. “È il più grande regalo al bracconaggio fatto da un’istituzione – commenta la vicepresidente della Lac, Katia Impellittiere – la delibera approvata è un pasticcio normativo che di fatto azzera qualsiasi forma di contrasto al traffico illegale di richiami vivi, in totale violazione della normativa nazionale e comunitaria, ed espone la Regione e il Paese alla certezza di pagare i danni, all’erario e all’Europa”. Il riferimento è alla probabile apertura di una procedura d’infrazione.
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