Il presidente di Timor-Leste: straordinaria la visita del Papa, è un leader rispettato da tutti

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Ramos-Horta riflette sull’impatto della visita di Francesco nel Paese nel settembre 2024 e sul Documento sulla Fratellanza umana, firmato ad Abu Dhabi dal Pontefice e dal Grande Imam. Per il capo di Stato, il testo è di “estrema importanza” per Timor-Leste, poiché mira a creare una “società pacifica, inclusiva, tollerante”. Ricordando il percorso di riconciliazione con l’Indonesia, afferma: “I leader portano le persone alla guerra o la prevengono. Abbiamo bisogno di leader che guidino alla pace”

Joseph Tulloch – Abu Dhabi

Ogni anno il 4 febbraio, ad Abu Dhabi, viene assegnato il Premio Zayed per la Fraternità Umana, in ricordo del Documento sulla fratellanza umana, firmato nel 2019 da Papa Francesco e da Ahmed al-Tayyeb, Grande Imam di Al Azhar, durante il viaggio papale negli Emirati Arabi Uniti. L’evento annuale riunisce i vincitori del premio e numerosi leader politici e religiosi globali. Tra questi, quest’anno, presente anche José Ramos-Horta, presidente di Timor-Leste, Paese del sud-est asiatico che il Pontefice ha visitato nel settembre del 2024. In un’intervista con i media vaticani, il presidente riflette sulla fratellanza umana, sulla visita del Papa nel suo Paese e sul percorso di riconciliazione del Timor-Leste con la vicina Indonesia, dopo decenni di conflitti violenti.   

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Il presidente di Timor-Leste, José Ramos-Horta

Presidente, nel 2022 Timor-Leste è diventato il primo Paese al mondo ad adottare ufficialmente la Dichiarazione di Abu Dhabi sulla fratellanza umana. Cos’è la fratellanza umana e perché è così importante?

Il fatto che sia stata redatta da Sua Santità Papa Francesco insieme al Grande Imam al-Tayyeb di Al Azhar dovrebbe di per sé suscitare interesse e curiosità. Lo trovo un documento eccezionale che racchiude in modo molto profondo ciò in cui tutti crediamo. Ha elementi che si trovano nella Costituzione del Timor-Leste, nella Dichiarazione universale dei diritti umani, e in molteplici insegnamenti religiosi e spirituali. In particolare, essendo stato firmato dal Papa e dal Grande Imam, ho pensato che questo documento fosse di estrema importanza per il Timor-Leste, per continuare il cammino che abbiamo intrapreso. Siamo un Paese piccolo e nuovo, e abbiamo superato la violenza del passato. Proseguiamo con la riconciliazione, non con la vendetta. Il nostro cammino non è fatto di rabbia, violenza, ma di guarigione delle ferite dell’anima, del corpo, e della creazione di una società pacifica, inclusiva e tollerante. Quindi, ancor prima di essere investito ufficialmente per il mio secondo mandato, non appena sono stato eletto, sono andato nel nostro Parlamento Nazionale e ho detto che era importante che approvasse una risoluzione dichiarando la Dichiarazione di Abu Dhabi un documento nazionale. Lui ha accettato. Ho visitato diversi leader di partito e tutti hanno concordato. E così, prima ancora che io fossi investito, il testo è stato adottato all’unanimità. Ma non dovrebbe rimanere solo un documento. Dovrebbe essere tradotto nelle nostre lingue e integrato nei programmi scolastici. E così sta accadendo. È un processo in corso, ma il lavoro è già iniziato per adattare la Dichiarazione per i bambini di diverse età. Così, quando arriveranno all’università, saranno in grado di leggere e comprendere il documento completo.

Recentemente il Papa ha visitato Timor-Leste. Quali impressioni e ricordi ha di questo viaggio?

La popolazione di Timor-Leste è al 96% cattolica e molto devota. La domenica, tutte le chiese del Paese – centinaia e centinaia, dalla cattedrale alle più umili cappelle nei piccoli e poveri villaggi – sono piene. Quindi può immaginare l’attenzione alla figura del Papa, la sua enorme autorità. Stimavamo che circa 700 mila persone sarebbero venute, e avevamo ragione. E questo solo perché abbiamo messo come massimo 700 mila! Come presidente, ero preoccupato per la nostra capacità di accogliere così tanta gente. Come avremmo fatto a fornire acqua potabile a centinaia di migliaia di persone durante la giornata? Faceva molto caldo. La gente era lì dalla mattina presto, alcuni anche accampati dal giorno prima. Come avremmo gestito la sanità? La sicurezza? Non perché ci fosse ostilità, ma se ci fosse una calca? Bastano poche persone che entrano in panico per creare il caos. Eppure tutto è andato incredibilmente bene. Non ci sono stati incidenti di violenza, di caos, di calca. C’è stata la reazione, l’emozione della gente. Ero lì vicino a Sua Santità, il Papa, e guardavo come reagivano le persone: erano davvero emozionate, piangevano. Cercavano in tutti i modi di toccare le mani del Papa. Ho visto bambini piangere, volevano vedere il Papa, e li ho portati da lui. Io stesso ero emozionato, guardando come reagiva il popolo. Che esperienza straordinaria!

Il presidente Ramos-Horta parla con Papa Francesco durante la sua visita a Timor-Leste

Il presidente Ramos-Horta parla con Papa Francesco durante la sua visita a Timor-Leste

Qual è stato l’impatto della visita del Papa?

È stato interessante perché avevo pianificato di lanciare delle attività importanti nel 2024 per promuovere il Paese a livello internazionale, e avevo assunto specialisti dei media e degli eventi. Poi è stata confermata la visita. Sapevamo che almeno 100 giornalisti lo avrebbero accompagnato. Ho personalmente inviato messaggi, inviti ad altri giornalisti, e alla fine sono venuti più di 200 giornalisti. Quello che avevo pianificato come presidente per promuovere il nostro Paese non era più necessario! In realtà, la visita del Papa è stata di gran lunga più efficace di qualsiasi grande piano avessi messo in atto. Quindi cosa è successo? L’arrivo del Papa ha consolidato la fede della gente, ha reso le persone molto orgogliose di essere cristiane e cattoliche, e le ha rese più attente al messaggio del Papa e della Chiesa sulla fratellanza umana, prendersi cura gli uni degli altri, prendersi cura dei bambini. Il Papa sottolinea sempre l’importanza dei bambini. Dice di prendersi cura della gente comune. E poi, mentre il Papa si stava preparando a partire, mi disse: “Cuiden bien de este pueblo maravilloso (Prendetevi cura di questa gente meravigliosa)”. Era emozionato, il Papa stesso era emozionato. Quello che mi ha colpito molto è stata la sua resistenza. Ero preoccupato, anche se non l’ho detto a nessuno, ma nel profondo ero preoccupato per la sua salute. Così dal primo giorno, quando abbiamo iniziato a parlare della visita papale, ho detto: “Il programma deve essere il più leggero possibile. Non possiamo stancarlo”. Eppure il programma era pieno. Ma guardavo il Santo Padre, e lui sorrideva sempre. Io forse avrei resistito un’ora, e poi avrei detto “Basta, basta, vado a casa!”. Questo è stato straordinario. La sua resistenza nel gestire quei due giorni pieni a Timor-Leste, e nel farlo sempre con il sorriso, sempre di buon umore.

Lei è qui ad Abu Dhabi per un Majlis (o consiglio) sulla fratellanza umana e per la premiazione del Premio Zayed. Qual è l’importanza di questi due eventi?

In quest’epoca ci sono tante vittime: bambini, donne, madri. Guardiamo a quanto succede a Gaza, in Ucraina, in Afghanistan, in Libia, in Myanmar, nella Repubblica Democratica del Congo, in Sudan, dove si registra attualmente la peggiore crisi umanitaria al mondo. Dobbiamo perseverare. Dobbiamo fare del nostro meglio. Una cosa che ho condiviso con Papa Francesco è come dobbiamo investire di più nella prevenzione dei conflitti. Avremmo potuto prevenire gli eventi del 7 ottobre e le tragedie a Gaza. Avremmo potuto evitare l’escalation delle tensioni tra Russia e la Nato. Il Papa è l’unico leader che tutti rispettano, perché gli altri leader globali sono coinvolti in tensioni o in conflitti reali.

Il presidente di Timor-Leste parla a Vatican News

Il presidente di Timor-Leste parla a Vatican News

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Pensa che ci sia una lezione per il mondo nel processo di riconciliazione tra Timor-Leste e lndonesia? Il Papa ne ha parlato durante la sua visita…

Sì. Tutto si riduce alla leadership. I leader sono quelli che portano le persone alla guerra, i leader sono quelli che prevengono la guerra, e i leader sono quelli che guidano le persone verso la pace. Nel nostro caso, il nostro leader era Xanana Gusmão che era guerrigliero, un prigioniero. È lui che ha detto: dobbiamo andare avanti, niente vendetta, niente odio; dobbiamo riconciliarci prima tra i timoresi, e poi con l’Indonesia. Anche l’Indonesia ha mostrato abilità politica e maturità. Invece di rifiutare Timor-Leste, perché noi li avevamo respinti in un referendum, hanno accettato la nostra mano di amicizia. È stata necessaria leadership da entrambe le parti. Se solo ciò potesse accadere altrove nel mondo, tra palestinesi e israeliani, in Myanmar, in Afghanistan, nella Repubblica Democratica del Congo, in Sudan… Abbiamo bisogno di leader che ci guidino verso la pace.



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