“L’Anm sbaglia. La chiusura al dialogo sulle riforme è strategia suicida”. Il j’accuse del pm Racanelli

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Il procuratore di Padova, ex segretario di Magistratura indipendente: “La separazione delle carriere non lede la nostra indipendenza. L’Associazione nazionale magistrati ha sbagliato a scegliere la strada di una frontale contrapposizione al governo”


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“Sappiamo benissimo che viviamo in un momento storico nel quale la magistratura e in genere il sistema giustizia non godono della fiducia dei cittadini e quindi la politica è in una posizione di vantaggio rispetto alla magistratura.  In questa situazione non ha alcun senso andare alla ‘guerra’. Per questo non ho assolutamente condiviso la posizione dell’Associazione nazionale magistrati di totale contrapposizione e di rifiuto di ogni dialogo di fronte alle proposte di riforma. Si tratta di una strategia ‘suicida’”. A parlare, intervistato dal Foglio, è un pezzo da novanta della magistratura italiana: Antonello Racanelli, oggi capo della procura di Padova, già procuratore aggiunto a Roma ed ex consigliere del Csm. Racanelli è stato per anni anche uno dei principali protagonisti della vita associativa della magistratura, ricoprendo il ruolo di segretario di Magistratura indipendente, la corrente moderata delle toghe. “Era necessario confrontarsi, provare a negoziare e ritengo che ci fossero i presupposti anche per ottenere modifiche alle proposte di riforma”, afferma Racanelli, riferendosi soprattutto alla riforma della giustizia. “Sia pure con qualche perplessità, non sono contrario alla separazione delle carriere a condizione che vengano mantenute l’autonomia e l’indipendenza del pubblico ministero. Il disegno di legge governativo è indubbiamente un passo in avanti rispetto ad altri progetti di riforma”. 

 

“Il Csm dei pm nel disegno di legge governativo è presieduto dal presidente della Repubblica, e ciò indubbiamente rappresenta una garanzia sul fronte dell’autonomia e indipendenza del pubblico ministero”, sottolinea Racanelli. E ancora: “Con la riforma non vi è nessuna sottoposizione del pm all’esecutivo e personalmente non dubito dell’onestà intellettuale del ministro Nordio. Poi certo possiamo fare tutte le illazioni, ma questa è la realtà: basta leggere l’art. 104 della Costituzione, così come riformulato”. 

 

“Fino a qualche tempo fa ero contrario alla separazione delle carriere, ma già nel novembre 2023, durante un convegno organizzato da Magistratura indipendente a Venezia, avevo testualmente detto che era necessario fare ‘un esercizio di sano realismo politico’”, ammette Racanelli. “Mi spiego: ci troviamo di fronte a una forte maggioranza parlamentare, legittimata dal voto popolare, che ha un preciso programma politico in tema di giustizia e di magistratura”.

 

Secondo Racanelli, con l’apertura al confronto la magistratura avrebbe potuto ottenere miglioramenti alla riforma, ad esempio “il passaggio da una forma di sorteggio secco a una forma di sorteggio temperato per l’elezione dei togati al Csm, che avrebbe consentito di mantenere una facoltà di scelta da parte del singolo magistrato nei confronti dei candidati sorteggiati”. “E’ evidente – prosegue il procuratore di Padova – che anche in un sistema del genere le correnti svolgerebbero un ruolo significativo nel determinare l’elezione dei vari componenti, ma sicuramente il rapporto che lega un consigliere alla corrente sarebbe meno forte, dovendo il consigliere dire grazie alla sorte per essere stato candidato, e soprattutto i consiglieri eletti non sarebbero quasi tutti (come avviene ora) provenienti da impegni associativi all’interno dei gruppi e dell’Anm”.

 

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“Anche sul sorteggio anni fa avevo delle perplessità, ma gli avvenimenti degli ultimi anni mi hanno fatto cambiare idea”, dichiara Racanelli. “Era possibile negoziare anche sul fronte dell’Alta corte disciplinare chiedendo che venisse estesa a tutte le magistrature e  anche di mantenere il rapporto di due terzi e di un terzo, o anche evidenziare l’importanza di una presenza nel collegio disciplinare non solo di magistrati di legittimità ma anche di magistrati di merito”. 

 

Al contrario, attacca Racanelli, “si è scelta la strada di una frontale contrapposizione accompagnata, peraltro, da manifestazioni di protesta che personalmente non ho condiviso”: “L’iniziativa di rifiutarsi di ascoltare, in sede di inaugurazione dell’anno giudiziario, il ministro della Giustizia o i suoi rappresentanti non credo sia stata una buona idea. Cosa avremmo detto noi magistrati se di fronte a presidenti di Corti di appello o a procuratori generali che legittimamente nei loro interventi hanno avanzato argomentate critiche tecniche alla riforma i parlamentari o gli esponenti governativi presenti si fossero alzati per non ascoltarli? Ascoltare non è mai un esercizio inutile: il confronto è sempre preferibile al rifiuto del dialogo. Invece dai giornali leggo che in un distretto ci si è persino alzati anche quando parlava un consigliere del Csm!”. 

 

Quelle proposte da Racanelli sono riflessioni di buon senso e anche di realpolitik: “Alzare lo scontro in vista della battaglia referendaria non credo sia una buona strategia. Dobbiamo essere consapevoli che la politica ha strumenti di comunicazione che i magistrati non hanno e che, quindi, il referendum rischia di fatto di avere a oggetto non le questioni tecniche relative alla riforma ma una semplice domanda: avete fiducia o no nella situazione attuale della giustizia? E’ facile prevedere la risposta e sappiamo tutti che molte sono le cause di questa sfiducia, alcune imputabili alla politica ma altre imputabili a noi magistrati (corrisponde a verità l’espressione che ‘i peggiori nemici dei magistrati sono alcuni magistrati’)”. 

 

Un profondo j’accuse nei confronti dell’Anm, che si conclude con una considerazione rivolta soprattutto alla politica: “Dobbiamo essere consapevoli che siamo in presenza di una riforma dell’ordinamento giudiziario e della magistratura piuttosto che della giustizia, e che la riforma non risolverà certamente i problemi della giustizia italiana, che necessitano di altri interventi”. 
 

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