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In pochi giorni Trump ha già fatto un sacco di cose tenendo fede alla sua promessa di sovvertire un po’ tutto. Solo che parecchie di queste cose sono da mettersi le mani nei capelli. 

È davvero difficile riassumere la quantità di ordini esecutivi firmati, di dichiarazioni, di prese di posizione di questi primi giorni. Per cui mi limiterò ad elencarne qualcuna e a fare qualche considerazione che non può essere esaustiva, per forza di cose.

Il tema forse più trattato dai giornali riguarda i dazi. Trump è partito a razzo imponendo dazi praticamente a chiunque, dal Canada, al Messico, minacciando l’Europa di essere la prossima. E sembra usare i dazi anche come arma di ricatto e contrattazione. Ad esempio ha già sospeso i dazi imposti al Messico in cambio di 10mila soldati messicani al presidiare il confine. 

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E a proposito di Messico e migranti, una delle prime mosse, ampiamente promessa e pubblicizzata, è stata l’espulsione di centinaia di migranti irregolari. Il 24 gennaio, mentre a Washington il vice di Trump JD Vance partecipava alla marcia per la vita organizzata dalle associazioni pro life e antiabortiste, la Casa Bianca pubblicava la foto di migranti in fila e ammanettati che venivano imbarcati su un cargo militare, accompagnata dalla scritta «i voli di deportazione sono iniziati». 

In contemporanea, racconta Avvenire, Trump ordinava anche la chiusura degli uffici immigrazione aperti da Joe Biden in Colombia, Costa Rica, Ecuador e Guatemala per esaminare le domande d’ingresso e dissuadere i cittadini di quei Paesi dall’attraversare il confine americano in modo illegale e sospendeva il programma di ammissione per i profughi provenienti da guerra e violenza, annullando i permessi ottenuti da 1,4 milioni di persone negli ultimi quattro anni. 

La nuova era anti-immigrazione prendeva forma anche al congresso, che nelle stesse ore approvava la prima legge del secondo mandato Trump: il Laken Riley Act, che prende il nome da una studentessa assassinata l’anno scorso da un venezuelano ricercato per furto.

Il provvedimento prevede la detenzione fino alla deportazione di un’ampia fascia di stranieri senza documenti che hanno commesso reati minori come il furto o il taccheggio, e costringerà tutte le forze dell’ordine americane a occuparsi di anche di immigrazione. 

Secondo un documento dell’ufficio delle dogane, inoltre, Trump si sta preparando ad imporre agli agenti di frontiera di negare l’ingresso ai richiedenti asilo se «hanno viaggiato attraverso un Paese con malattie trasmissibili». La nota sottolinea che anche un raffreddore può essere contagioso, chiudendo di fatto il confine a chiunque tenti di chiedere asilo. 

Pochi giorni dopo il nuovo presidente è passato all’attacco del più grande programma di aiuti umanitari americano. Trump ha infatti deciso di fatto di smantellare l’Usaid, l’agenzia americana istituita nel 1961 da John F. Kennedy e diventata la più grande macchina al mondo di aiuti civili e di assistenza allo sviluppo all’estero perché a detta sua “è gestita da un gruppo di pazzi estremisti di sinistra radicali”.

Da ieri l’agenzia e’ commissariata, con il segretario di stato Marco Rubio che ne ha assunto la direzione ad interim. Ed è solo l’ultimo tassello di una strategia di smantellamento del sistema di aiuti umanitari che gli Usa hanno da sempre fornito.

Leggo ancora sul Guardian che già il 20 gennaio Trump ha decretato la sospensione dei finanziamenti per 90 giorni a tutti una serie di programmi. Ad esempio al programma Pepfar, che fornisce farmaci salvavita contro l’HIV a milioni di persone. Con cliniche in Uganda, campi profughi in Bangladesh e unità sanitarie mobili in Ucraina che stanno già affrontando gravi difficoltà nell’approvvigionamento.

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L’ordine esecutivo ha imposto l’immediato stop ai progetti già in corso, con poche eccezioni (come gli aiuti militari a Israele e l’assistenza alimentare d’emergenza). ONG e operatori sanitari hanno denunciato un impatto devastante, con la chiusura di cliniche, licenziamenti e interruzione di servizi critici, come vaccinazioni infantili e programmi contro malaria e poliomielite.

Secondo Thomas Byrnes, esperto del settore umanitario, l’interruzione è senza precedenti: gli USA coprono il 42% degli aiuti globali e il 54% del budget del Programma Alimentare Mondiale, causando un effetto a catena devastante.

E non è ancora tutto. Come racconta Leonardo Bianchi nella sua interessantissima newsletter Complotti, un nuovo ordine esecutivo firmato da Donald Trump il 29 gennaio 2025, con il pretesto della lotta all’antisemitismo prende di mira il movimento pro-Palestina e la sinistra statunitense. La misura prevede l’espulsione di studenti stranieri che abbiano partecipato a proteste pro-Palestina e il rafforzamento della repressione contro atti definiti “filo-Hamas”.

L’ordine esecutivo si ispira al “Progetto Ester”, un piano elaborato dal think tank ultraconservatore Heritage Foundation, che collega i movimenti filopalestinesi a un’immaginaria “Rete di supporto ad Hamas”. Il piano prevede l’uso di sorveglianza digitale, infiltrazioni e leggi antiterrorismo per soffocare il dissenso nelle università, arrivando persino a ipotizzare la “rimozione” di figure chiave del movimento.

Bianchi evidenzia il parallelismo con il Maccartismo degli anni ‘50, in cui bastava il sospetto di simpatie comuniste per essere perseguitati. Qui, il solo sostegno alla causa palestinese rischia di diventare una minaccia alla sicurezza nazionale. La misura si inserisce in un più ampio contesto di repressione della sinistra americana, con Trump che ha promesso di “estirpare comunisti, marxisti e radicali di sinistra”.

La cosa assurda è che nell’ordine esecutivo si cita sempre, solo ed esclusivamente l’antisemitismo di sinistra, tenendo fuori quello ben più rilevante storicamente di destra. Ma in passato sia Trump che il suo entourage hanno spesso diffuso retorica antisemita. Quindi il perché è presto detto. In sostanza, l’ordine esecutivo non mira a combattere l’antisemitismo, ma a criminalizzare la solidarietà con la Palestina e a reprimere l’opposizione politica.

Poi vabbé, c’è l’uscita dall’accordo di Parigi, annunciata fra le prime mosse da Trump, c’è l’uscita dall’Oms. 

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In parallelo, e forse questa è l’unica notizia vagamente positiva lato nuovo governo Usa, si parla di colloqui segreti fra Trump e Putin per un cessate il fuoco in Ucraina, sebbene il governo Ucraino lamenti di non essere stato coinvolto nella cosa.



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