Duro colpo alla criminalità quello inferto dai carabinieri del Comando provinciale di Rimini e della Compagnia di Riccione che, all’alba di martedì, hanno scardinato una banda di malviventi specializzata nei furti negli appartamenti e nelle rapine che, poi, reinvestiva i proventi dei colpi nel traffico di stupefacenti. L’indagine, coordinata dal sostituto procuratore Davide Ercolani, era partita lo scorso maggio quando una pattuglia dell’Arma aveva intercettato una Cupra con a bordo alcuni soggetti sospetti che non si erano fermati all’alt. Ne era nato un inseguimento che si era concluso con la vettura abbandonata in mezzo a una strada e le persone all’interno dell’abitacolo che erano fuggite facendo perdere le loro tracce. Sono così iniziati gli approfondimenti sulla Cupra con gli investigatori che erano riusciti a collegarla a diversi furti negli appartamenti non solo del riminese ma, anche, alle province limitrofe.
Oltre a questo, gli inquirenti erano stati in grado di identificare un gruppo di cittadini albanesi e i loro telefoni erano stati messi sotto controllo. Dalle intercettazioni era quindi emerso un particolare agghiacciante: un carabiniere, in forza al Comando provinciale di Rimini, era il basista della banda ed era coinvolto in una violenta rapina. Secondo le indagini, infatti, il militare dell’Arma era in contatto con uno dei componenti del sodalizio criminale e aveva fornito al malvivente tutti i dettagli su un facoltoso imprenditore riminese. Quest’ultimo, la scorsa estate, era così finito nel mirino dei rapinatori che grazie alle informazioni del carabiniere lo avevano atteso nel garage della sua abitazione. In quella occasione la vittima era stata aggredita e scaraventata a terra per poi strapparle dal polso un prezioso Rolex del valore di 45mila euro.
Sempre grazie alle intercettazioni, dove i malviventi si vantavano di avere “un amico” nelle forze dell’ordine, era emersa anche la complicità della moglie del militare (finita anche lei agli arresti domiciliari) oltre al modus operandi messo in atto dalla banda per riciclare i proventi di furti e rapine. In quella occasione, infatti, il prezioso orologio era rimasto danneggiato ed era stato portato in Albania per essere rivenduto. I danni riportati, tuttavia, avevano fatto abbassare sensibilmente il valore del Rolex e sia il carabiniere che la moglie, intercettati, si lamentavano del fatto di non aver ottenuto la cifra che si erano aspettati.
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Questo particolare ha permesso agli investigatori di scoprire che i furti commessi dalla banda negli appartamenti di tutta l’Emilia-Romagna, una ventina quelli documentati na non si esclude che possano essere molti altri tra cui anche quello avvenuto durante le festività natalizie nell’abitazione di Pierina Paganelli, servivano a finanziare il traffico di droga. La banda, infatti, era suddivisa in due cellule: la prima si occupava dei colpi che, secondo gli investigatori, avevano fruttato almeno 800mila euro tra contanti e preziosi. La seconda, invece, si occupava di reinvestire i proventi dei furti in cocaina. Il valore dello stupefacente sequestrato all’ingrosso è stato calcolato dai carabinieri in oltre 8 milioni di euro, che al dettaglio, una volta tagliato e suddiviso in dosi, avrebbe reso ai membri della struttura criminale oltre 25 milioni di euro
Nel corso delle indagini è emerso come le figure al vertice, tutti di nazionalità albanese ma residenti in Emilia-Romagna, di volta in volta,reclutavano connazionali fatti appositamente giungere in Italia per mettere a segno i furti e, dopo un breve periodo nel nostro Paese o quando erano arrestati, venivano fatti rientrare in Albania e rimpiazzati con nuove figure criminali. Rilevante anche il ruolo delle compagne italiane dei cittadini albanesi arrestati, destinatarie anche loro di misure cautelari detentive: il loro compito era quello di trasportare la droga che in precedenza avevano provveduto a suddividere in dosi. Sono state documentate decine e decine di cessioni effettuate da giovani incensurati a tossicodipendenti mentre, per quantitativi maggiori, i “cavalli” albanesi si attivavano per effettuare consegne a domicilio in zona ma anche a Cervia, nel nord delle Marche (Fano, Pesaro) e a San Marino. Tuttavia gli arresti eseguiti durante l’indagine avevano messo in allarme il gruppo che, a novembre, aveva spostato la base operativa tra Cesenatico e Cervia dove, oggi, sono state eseguite 3 catture.
Il primo duro colpo al gruppo era stato inferto a Imola nel mese di novembre quando, i carabinieri, avevano intercettato un carico di 20 chili di cocaina. Altre località al centro di ingenti sequestri sono state Termoli (CB) a gennaio, Pesaro a luglio e novembre, Cento (FE) e Treviso sempre nello scorso mese di novembre, nonostante il maggior numero di catture sia stato effettuato in Riviera. Uno degli arresti più eclatanti è stato eseguito lo scorso dicembre a Piacenza quando, a finire in mantte, è stato un pericoloso latitante, ricercato per reati contro il patrimonio e la persona, che con false generalità aveva trovato rifugio nella città emiliana nell’attesa di trasferirsi all’estero: il 36enne era finito nella rete degli inquirenti e arrestato con numerosi preziosi ed oltre 100 grammi di oro.
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Sempre nell’abito di questa indagine rientra anche l’arresto di quattro cittadini albanesi effettuato dai carabinieri della Compagnia di Riccione. I malviventi erano stati trovati in possesso di oltre 750 grammi di cocaina oltre a svariata refurtiva composa da gioielli e orologi preziosi e 10 armi da fuoco (6 pistola e 4 fucili). Nella mattinata di mercoledì, durante l’esecuzione delle ordinanza di custodia cautelare, sono stati arrestati anche un cittadino albanese e una cittadina marocchina trovati in possesso di oltre un chilogrammo di cocaina. L’uomo, inoltre, ha opposto resistenza aggredendo un militare dell’Arma.
Il bilancio finale dell’operazione ha visto, in totale, finire in manette 61 persone. Nella giornata di mercoledì sono state 39 le misure cautelari eseguite dai carabinieri di cui, 26, in carcere; 3 ai domicliari; per altri 12 indagati, invece, ci dovrà essere l’interrogatorio di garanzia. In tutto sono stati sequestrati 253 chili di cocaina e 40 di hashish e, in particolare, i militari dell’Arma di Riccione in collaborazione con i militari dei comandi Arma di Milano e Vimercate (MB), il 27 settembre scorso in due distinte perquisizioni eseguite contestualmente hanno sequestrato ben 203 kg di cocaina.
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