Inter e l’inchiesta di Report, Chinè scrive a Ranucci: “Chi è l’anonimo della Covisoc?”. E l’indagine Figc su Gravina resta in sospeso…

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Altro che “Mina Settembre”, “Che tempo che fa” e il derby del Sud tra Roma e Napoli: domenica sera, in prime time, il procuratore capo della Figc (lo è dal 2019, che in arrivo sia la riconferma dopo la rielezione bulgara di Gabriele Gravina?), il calabrese Giuseppe Chinè (già magistrato del Consiglio di Stato, già capo di Gabinetto del Mef e da quasi due anni consigliere della Giustizia amministrativa della Regione Sicilia) deve essersi sintonizzato, come quasi altri due milioni di italiani, su Raitre per seguire la puntata di Report. Una puntata (come tutte le altre) imperdibile, ma stavolta poi ci sarebbe stato anche il calcio. Come disertare l’appuntamento, si sarà detto Chinè?

In fondo le gustose anticipazioni c’erano state, e in fondo la vena del segugio inquirente o ce l’hai o non te la inventi: nella puntata del programma condotto da Sigfrido Ranucci ci sarebbe stato spazio anche per il calcio, con un nuovo approfondimento (a firma di Daniele Autieri) sugli sviluppi dell’inchiesta della Procura di Milano (due giorni fa sono state chiuse le indagini) sulle infiltrazioni e gli intrecci tra la malavita, le tifoserie di Inter e Milan e le possibili interrelazioni con le due società calcistiche milanesi, e anche a una finestra su alcune operazioni economico-finanziarie dell’Inter nell’era Suning e della gestione Zhang. Sul tema di alcune sponsorizzazioni verso il club nerazzurro che sarebbero state “decisive” ai fini (anche) dell’iscrizione in campionato e in sostanza sulla tenuta dei conti (che si sia in presenza di sponsorizzazioni fittizie – un caso nel 2009 riguardò la Salernitana – dopo quello delle plusvalenze fittizie?), dopo le rivelazioni di un’analista finanziario da Londra corroborate dall’analisi del commercialista milanese ed esperto di diritto penale dell’economia Gaetano Bellavia, un ex componente Covisoc (la Commissione di vigilanza sui conti dei club calcistici che dipende dalla Figc, a proposito, ma a che punto è il passaggio di funzioni all’Autority – battezzata Commissione indipendente per la verifica dell’equilibrio economico e finanziario delle società sportive professionistiche – voluta dal ministro Abodi, la primavera incombe e la nuova stagione calcistica è alle porte?), coperto dall’anonimato, ha rivelato come «ricevevo continue pressioni ogni volta che si prendeva una posizione. Inizialmente ti dicevano “Ma non hai capito, stai sbagliando”, e anche insistendo alla fine ti rendevi conto che c’era poco da fare. La pressione la sentivi eccome. Dicevano: “Non mettere in difficoltà un sistema che garantisce flussi per tantissime persone”. L’Inter? Io avevo segnalato alla Procura federale questa situazione delle sponsorizzazioni dalla Cina. Ma non si tratta solo dell’Inter…».

Apriti cielo: davanti al televisore, Chinè sarà (forse) sobbalzato dal divano? Chissà, di certo c’è che si è repentinamente attivato: perché, mentre intanto arrivavano le rassicuranti dichiarazioni del presidente federale e del presidente (da giugno 2024) della Covisoc Tommaso Miele concordanti su come tutti i controlli siano stati sempre svolti, che non ci siano mai state pressioni e che tutto sia (stato) regolare, il procuratore capo Figc Giuseppe Chinè ha invece preso carta e penna e inviato via mail (e via pec) una lettera (firmata di proprio pugno, il numero protocollo Figc è 18450) alla redazione di Report e alla cortese attenzione del direttore del programma, Sigfrido Ranucci.

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Nel testo si legge… “nel corso della trasmissione del 2 febbraio è andata in onda, in forma anonima, l’intervista di un asserito ex componente della Covisoc che in sostanza ha dichiarato di aver subito pressioni nell’ambito delle funzioni di vigilanza svolte…poiché, ove tali dichiarazioni fossero vere, tesserati o comunque appartenenti all’ordinamento sportivo avrebbero commesso gravi illeciti – rientranti nella competenza della Procura Figc – per poter valutare l’apertura di un procedimento disciplinare sportivo, svolgere le relative indagini e fare irrogare le relative sanzioni, sono a chiederle di volermi fornire le generalità del predetto intervistato…confido nel benevolo accoglimento della richiesta”.

Il procuratore capo Giuseppe Chinè chiede dunque a Ranucci di fornirgli il nome dell’anonimo ex componente Covisoc… ricordando al direttore di Report (a noi tutti, ma magari anche a lui stesso) che “in funzione del comma 1 dell’articolo 116 del codice di giustizia sportiva, la Procura federale esercita le funzioni inquirenti e requirenti necessarie all’accertamento delle violazioni statutarie e regolamentari di cui ha notizia”. La considerazione più spontanea e sorprendente non è tanto (!) che il magistrato (in questo caso sportivo) Chinè chieda a un giornalista la fonte, ma che punti ad aprire indagini (anche e soprattutto nei confronti della fonte) in seguito a rivelazioni televisive, e non invece su quanto magari realmente avvenuto (se avvenuto) nel corso di questi anni in ambito federale-Covisoc sul tema. Inciso: per un lungo periodo Chinè è stato contemporaneamente anche capo di Gabinetto del Ministero dell’Economia e Finanze.

Non è però la prima volta (e non sarà l’ultima) nella quale la Procura Figc di Chinè si muove sempre dopo rivelazioni giornalistiche, spesso relative a inchieste giudiziarie: senza tornare troppo indietro nel tempo, ma restando sempre al tempo di Chinè procuratore capo Figc e Gravina presidente Figc, si potrebbe ricordare ad esempio il caso Suarez, quello delle plusvalenze (fittizie), filone aperto dalle sollecitazioni Consob alla Covisoc girate poi alla Procura federale (che si mosse parecchi mesi dopo), dopo l’apertura dell’inchiesta Prisma da parte della Procura di Torino, al caso “ludopatia” dei calciatori della Nazionale Fagioli e Tonali e così via.

L’elenco sarebbe lungo, l’ultimo della serie riguarda proprio le infiltrazioni e gli intrecci tra la malavita, alcuni gruppi di tifosi nerazzurri e milanisti, e i due club di calcio (nelle intercettazioni si fa menzione non solo ad alcuni calciatori, ma anche a dirigenti, come Giuseppe Marotta). Emersa alle cronache a settembre con l’apertura dell’inchiesta della Procura di Milano, solo a novembre la Procura Figc decideva di aprire un’inchiesta, chiedendo gli atti ai magistrati milanesi che ora sono arrivati alla chiusura delle indagini.

Sempre “sollecita” nell’aprire inchieste a rimorchio dei media o delle procure, la Procura federale guidata da Chinè invece per oltre un anno e mezzo deve aver completamente “rimosso” l’inchiesta penale che vede coinvolto il presidente federale Gabriele Gravina (rieletto col 98% dei voti, ma non c’erano dubbi, leggi qui), accusato dalla Procura di Roma di auto-riciclaggio. Eppure Gravina è anche il primo dei tesserati Figc, e nel codice di giustizia sportiva, come fondamento e base di una serie infinita di inchieste e deferimenti, c’è l’articolo 4 comma 1 che prescrive come “tutti i soggetti appartenenti all’ordinamento sportivo sono tenuti all’osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali e osservano i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva». Eppure, per oltre un anno e mezzo, mentre quotidiani e televisioni si occupavano (a singhiozzo) del caso, e mentre la Procura di Roma continuava nelle indagini, Chinè non ha mosso un dito, non ha alzato il telefono, non ha scritto al procuratore capo di Roma (leggi qui).

Niente, niente almeno fino a dicembre 2024. Quando, proprio nell’imminenza della chiusura indagini, lo stesso Gravina ha dovuto avvertire Chinè (né il capo della Procura dello Sport presso il Coni Taucer, né Giuliano Amato, Garante del Codice di comportamento sportivo del Coni gli avevano chiesto conto di questa “inerzia” e avrebbero potuto per le loro funzioni, e lettera morta sarebbe diventata anche la denuncia inviata anche a loro, non solo a Chinè, da parte di un tesserato Aia che si rivolgeva anche all’Uefa, leggi qui, qui). Un auto-denuncia dolorosa e obbligata. Il 3 dicembre Gravina scriveva a Chinè una lettera nella quale, ribadendo “l’assoluta convinzione della mia totale estraneità ai fatti contestati, ritengo opportuno informarla per quanto di sua competenza”, segnalava la chiusura delle indagini della Procura di Roma a suo carico, chiedendo di fatto di aprire un’inchiesta della giustizia sportiva nei suoi confronti.

Era il 3 dicembre 2024: da quel giorno è calato un apparente (e rumoroso) silenzio. Sono passati sessanta giorni: a che punto è l’inchiesta Figc sul presidente Figc? Sta andando avanti, o è stata archiviata? Magari, profittando dell’occasione, Sigfrido Ranucci potrebbe chiederlo a Chinè…

 

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