Ad oltre due anni dalle elezioni politiche mentre il governo di destra – centro sembra rafforzarsi ogni giorno che passa le opposizioni arrancano prive di visione e quindi incapaci di uscire dalle secche nelle quali sono arenate dalla fine del governo del Governo Conte 2. Il sostegno al governo Draghi ha danneggiato tanto il PD quanto lo stesso M5S. Nel frattempo con il ritorno alla presidenza degli Stati Uniti di Donald Trump il mondo è completamente cambiato. Le avvisaglie del cambiamento le abbiamo viste già in Europa con la nascita di una Commissione UE frutto del trasformismo politico dettato dalla necessità, da parte della Von der Leyen di avere una maggioranza capace di andare oltre gli schieramenti politici che l’hanno rieletta. La vittoria di Trump, per quanto fosse scontata, ha rappresentato per le classi politiche dei Paesi aderenti all’UE, almeno per buona parte di esse, un brusco risveglio. Per quanto riguarda l’Italia la narrazione dei media attribuisce alla Meloni il possibile ruolo di mediatrice tra Trump e l’UE, pur essendo favorita dal nuovo corso politico della Casa Bianca non penso che essa possa avere il fisico politico adeguato alla funzione che le viene attribuita.
Se il governo di destra – centro appare in linea con il contesto internazionale godendo nel contempo di un’adesione uguale se non maggiore rispetto al risultato delle elezioni politiche del 2022, le opposizioni , sono incapaci di elaborare una strategia politica adeguata al contesto tanto nazionale quanto internazionale. Le ragioni di questa incapacità sono da ricercare nell’aver condiviso e sostenuto le politiche neoliberali e globaliste, oggi in crisi, tanto sul piano economico quanto sul piano culturale. Gli effetti della crisi si sono riversati a piene mani sui partiti e i movimenti politici del campo progressista. L’elezione della Schlein a segretario del PD e il dignitoso risultato alle elezioni Europee, a distanza di qualche tempo, esattamente come successe con Renzi, si stanno rivelando solo una illusione ottica. Il PD continua ad essere fermo ai box incapace di mettere a punto la propria macchina politica. Il M5S, dopo il dignitoso risultato delle elezioni politiche e quello meno buono delle elezioni europee, pur confermando la guida di Conte, continua ad essere travagliato da una profonda crisi di identità che lo rende indecifrabile. Le posizioni politiche delle opposizioni rispetto a temi cruciali quali: il conflitto ucraino – russo, il riarmo, il nuovo corso inaugurato da Trump, le privatizzazioni, la politica economica ecc. appaiono incomprensibili balbettii dovuti alla diversità di veduta. Le elezioni regionali, sulle quali hanno puntato per rodare la coalizione , hanno dimostrato che non è sufficiente mettere insieme i vari cartelli elettorali attorno a un candidato presidente per vincere le elezioni. Lo stesso veto del M5S rispetto a Renzi e Calenda, pur se dal mio punto di vista condivisibile, sul piano della proposta politica risulta incomprensibile.
L’unico effetto prodotto dalle elezioni regionali è legato al risultato umbro. L’area cattolica presente nel PD e nel centro ne è uscita rafforzata. Da Del Rio allo stesso Prodi fino a Gentiloni sono in molti coloro che hanno cominciato ad agitarsi chiedendo spazio, visibilità e la guida della possibile coalizione . A leggere le dichiarazioni dei personaggi politici sopra citati è evidente che ad essere riproposta è la solita pietanza, più o meno riscaldata, rappresentata da un ipotetico centro con molti leaders e pochi voti. Il centro della politica italiana per quanto appare sovraffollato di leaders o presunti tali, dovrebbe godere di in consenso pari a quello della DC degli anni d’oro, invece, come provano i risultati elettorali il consenso che raccoglie è sempre poca cosa . La causa è da ricercare in una proposta politica non solo vetusta ma soprattutto legata all’autoconservazione di un ceto politico decotto e scarsamente credibile. Ad ascoltare le dichiarazioni dei vari esponenti centristi le parole di Bergoglio, relative a questioni cruciali come quelle economiche e dei conflitti bellici, appaiono come le dichiarazioni di un rivoluzionario anticapitalista.
Di fronte a un quadro politico a dir poco confuso, se non addirittura misero, la proposta avanzata da Franceschini ed altri appare l’unica cosa sensata. La proposta di Franceschini è dettata da semplice realismo politico. Le differenze tra M5S, PD, AVS e Centro sono tali da non consentire la presentazione di una coalizione attorno ad un unico candidato alla presidenza del consiglio. Dato il sistema elettorale presentarsi uniti nei collegi maggioritari per poi correre separati sulla quota proporzionale appare come l’unica cosa fattibile. La proposta di Franceschini se dovesse essere un semplice escamotage tecnico non porterà da nessuna parte. Mi dispiace per il mio amico politologo Antonio Floridia ma le sue simulazioni sono tecniche sommatorie che nulla hanno a che vedere con le dinamiche politiche che interessano le elezioni. In politica 1+ 1 non fa necessariamente due per cui non è detto che ciò che sembra una possibile vittoria alla fine sia davvero tale. In campagna elettorale contano la proposta politica, il sentimento degli elettori , le modalità della campagna elettorale e i candidati; numeri e percentuali sono il risultato di indicatori in primo luogo di tipo qualitativo .
La costruzione dell’alternativa alla destra – centro passa attraverso un’offerta politico – programmatica ampia capace di andare oltre i confini rappresentati dall’attuale consenso elettorale. Per allargare la platea serve conquistare la “folla” ossia gli astenuti per questo sulla quota proporzionale ciascun partito, movimento ecc. è necessario che si presenti distinto rimarcando con forza la propria identità. Sarà il risultato delle urne a determinare la possibile maggioranza di governo e chi dovrà guidarlo.
A tal proposito bisogna riscoprire l’istituto del “contratto di governo”. Sull’idea del “contratto di governo”, sottoscritto a suo tempo tra Lega e M5S, i media nazionale ironizzarono e derisero la pratica dimenticando che in altre realtà il “ contratto di governo” non è qualcosa di estemporaneo è la normale prassi che porta alla nascita dei governi in una democrazia parlamentare.
In conclusione il rischio è che anche una proposta politica tutto sommato accettabile possa tradursi nel solito tatticismo finalizzato all’autoconservazione di ceti politici decotti incapaci di guardare il mondo per quello che è e non per quello che essi immaginano. Se ciò si dovesse verificare la vittoria della destra alle prossime elezioni politiche è scontata.
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