I fermi disposti dalla Dda, organizzata una vera e propria filiera del commercio illecito che stipava i rifiuti in capannoni in varie località del Mezzogiorno
Dalle prime ore di questa mattina, i carabinieri del Gruppo per la Tutela Ambientale e la Sicurezza Energetica di Napoli stanno dando esecuzione a numerose ordinanze cautelari disposte dal gip presso il tribunale di  Lecce su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia a carico di un gruppo di imprenditori ritenuti responsabili di un traffico illecito di rifiuti provenienti prevalentemente dalla Campania e smaltiti illegalmente in varie regioni del Mezzogiorno: circa 4000 tonnellate di rifiuti speciali sono state abbandonate in capannoni in disuso della provincia di Taranto o Matera e in aree agricole della provincia di Cosenza. Quella dei capannoni stipati di rifiuti e dati anche alle fiamme è la nuova modalità di smaltimento illegale che è stata illustrata proprio in questi giorni, al prefetto di Napoli al vertice convocato dopo la sentenza Cedu su Terra dei Fuochi, dal tossicologo dell’Isde già consulente per diverse Procure Antonio Marfella, un traffico che vede protagoniste soprattutto aziende ben consapevoli del risparmio sui costi di smaltimento. Ottanta i carabinieri del Noe e dell’Arma territoriale impegnati nell’operazione di oggi.
Le indagini hanno mappato un traffico di robuste quantità di rifiuti industriali smaltiti in terreni o capannoni in particolare nelle province di Taranto, Cosenza, Matera, ma anche a Napoli e persino in provincia di Avellino, la cosiddetta verde Irpinia che si credeva scampata ai traffici di rifiuti. L’ordine di custodia cautelare è nei confronti di nove persone: autisti, organizzatori dei trasporti, intermediari e gestori formali e di fatto delle società ritenute responsabili. Le accuse sono di associazione a delinquere, gestione illecita e traffico illecito di rifiuti e di impedimento al controllo. I rifiuti venivano occultati con false classificazioni prodotte in particolare da un’azienda del viterbese e nella falsa documentazione erano indicati siti di destinazione inesistenti.Â
Sono state sequestrate tre società di trattamento rifiuti a Giugliano (Napoli), a San Martino Valle Caudina (Avellino) e ad Onano (Viterbo). Ed ancora: sigilli a tre capannoni industriali a Pulsano e Cassano allo Ionio; a due terreni agricoli a Villapiana ed a 25 automezzi con rimorchio. È stato sequestrato anche un milione di euro ritenuto frutto dei traffici. Trentaquattro gli indagati denunciati a piede libero.Â
L’inchiesta è partita nel giugno del 2023 con pedinamenti seguiti a denunce per abbandono di rifiuti. Secondo l’accusa, l’organizzazione ha smaltito rifiuti speciali industriali mescolandoli a frazione indifferenziata di Rsu e nel mucchio ci sono anche gli scarti delle aziende in nero del comparto tessile, tutti rifiuti di origine campana, pure compressi e camuffati come «ecoballe»: la parte intercettata dai carabinieri invece di finire ai siti di smaltimento autorizzati è stata smaltita abusivamente in terreni e soprattutto capannoni abbandonati. Una vera e propria filiera del commercio illecito di rifiuti che comprendeva l’intermediazione, il trasporto e lo smaltimento abusivo. I primi siti di abbandono sono stati individuati a Villapiana, Cassano allo Ionio, Pulsano e Ferrandina: soprattutto in Puglia i rifiuti venivano abbandonati ma anche dati alle fiamme in aree di particolare pregio naturalistico o affacciate su strade comunali e provinciali.Â
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