Dove finiscono le tasse degli italiani? Il quadro delle destinazioni fornito da Agenzia Entrate

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Finanziamenti e contributi

 


Dove finiscono le tasse degli italiani? È la domanda che si pongono tutti i cittadini e alla quale, da un po’ di tempo, l’Agenzia delle Entrate prova a dare risposte pubblicando periodicamente il quadro della destinazione percentuale delle risorse che gli italiani versano allo Stato.

Tanto per introdurre il tema, è opportuno subito sapere che il 21% serve per pagare pensioni e assistenza, alla sanità il 19% (2,1 miliardi) e l’11% serve per saldare gli interessi del debito pubblico. Alla cultura e allo sport finiscono solo 262 milioni (2,3%).

Così sono le pensioni, l’assistenza a chi non ce la fa, il debito pubblico e l’istruzione, le quattro voci che assorbono oltre il 61% delle nostre tasse secondo il dato che si evince dalle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche italiane. All’istruzione sono destinati 1,2 miliardi di euro, circa il 10,8% del totale dei versamenti, mentre fanalino di coda resta purtroppo il settore della promozione culturale e sportiva con un 2,3%. La fotografia è rilevata dall’ultimo documento rilasciato da Ernesto Maria Ruffini, ex Direttore Generale di Agenzia Entrate, dimessosi a novembre 2024 e oggi sostituito.

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L’osservazione statistica è stata effettuata su di un saldo complessivo di 11 miliardi di euro di imposte monitorate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e la cui destinazione è attribuita dalla Ragioneria Generale dello Stato sulla base di dati certi.

Si tratterebbe di un dato al ribasso tra l’altro perché l’ultimo report sulla evasione IRPEF pubblicato dal MEF a ottobre 2024 e relativo al periodo 2017-2021 avrebbe fatto emergere ben 29,5 miliardi di euro di imposte attese e non versate dai contribuenti. Il monitoraggio, tra l’altro, riguarda esclusivamente l’IRPEF, la cedolare secca sugli affitti, i contributi di solidarietà, i versamenti di imposte sulle somme soggette a tassazione separata, le imposte sostitutive sui premi di risultato, la tassa piatta al 15% per i forfettari e chi ancora in regime agevolato e di vantaggio. In buona sostanza l’intero quadro di tassazione delle persone fisiche. Il dato non rileva invece le imposte versate dalle persone giuridiche soggette a IRES ed IRAP, per le quali il monitoraggio segue percorsi di verifica diversi.

La verifica della destinazione delle imposte è alla portata di tutti i cittadini nel proprio cassetto fiscale.

Il meccanismo, voluto dallo stesso Ruffini, calcola per ogni soggetto che presenta la dichiarazione precompilata le imposte versate dovute. Queste ultime vengono poi attribuite con una tabella nei diversi settori pubblici che lo Stato è chiamato a finanziare.

Importante osservare che l’impatto per il pagamento delle pensioni sia particolarmente rilevante e non sia coperto a sufficienza dal versamento dei contributi periodici di lavoratori e imprese. Il 21,2% infatti serve allo Stato per liquidare le pensioni e a sostenere le politiche di assistenza sociale come le pensioni di invalidità, i sussidi e gli aiuti alle famiglie.

Solo questa ultima voce assorbe oltre 2,3 miliardi di euro l’anno. Altro comparto fondamentale è la sanità e in particolare il Servizio sanitario nazionale per assicurare l’assistenza sanitaria pubblica a tutti cittadini.

Rispetto a quattro anni d’imposta fa la destinazione per la sanità è in leggera flessione attestandosi al 19,3% (2,1 miliardi) contro il 20% del 2020. Un dato che poi si riflette nelle vite di tutti gli italiani con le conseguenze che conosciamo.

Un’altra parte estremamente pesante delle tasse versate dai cittadini va a coprire gli interessi sul debito pubblico, percentualmente si tratta del 19,3% e cioè 1,2 miliardi di euro, una somma che esattamente è paragonabile a quanto spendiamo per la pubblica istruzione in Italia.

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Quali sono i settori meno finanziati allora?

Il comparto della difesa, ordine pubblico e sicurezza scende purtroppo al di sotto del 10% delle risorse nonostante il dibattito pubblico sul tema, almeno negli ultimi due anni, sia stato piuttosto acceso. C’è da ricordare tra l’altro che gli impegni internazionali richiederebbero che l’Italia investisse circa il 2% del PIL nella difesa, ma siamo ben lontani da questo obiettivo. Alle forze armate, Polizia di Stato e a tutte le altre agenzie che si occupano di sicurezza dello Stato, vanno circa 975 milioni di euro, con una percentuale pari all’8,8% annuo.

Percentuale che scende di qualche decimale all’8,3% per i servizi generali delle pubbliche amministrazioni, a cui vengono riconosciuti dallo Stato 921 milioni. A seguire nella speciale classifica spicca anche la voce “Economia e lavoro” che nel dettaglio ricomprende comunicazioni, agricoltura e attività manifatturiere: a questi settori arrivano 726 milioni, il 6,5% del totale.

Ancora meno, poi ai trasporti, altro settore finito sotto i riflettori negli ultimi tempi. Complessivamente dell’Irpef versata e delle relative addizionali, la voce trasporti assorbe il 4,4% pari a 490 milioni di euro.

La protezione dell’ambiente (2,4%), sport e cultura (2,3%) e le abitazioni con assetto del territorio (1,8%) assorbono complessivamente dalle imposte dichiarate e versate 738 milioni.

Una coperta corta sulla quale pesa anche la proiezione degli effetti del Superbonus 110 di questi ultimi anni. L’efficientamento raggiunto sugli immobili oggetto di investimento ha superato gli obbiettivi concordati con l’UE per oltre 17 milioni di immobili, ma di converso il peso delle agevolazioni da spalmare sul bilancio dello Stato per i prossimi anni è altissimo, supera i 35 miliardi di euro e deve essere coperto esattamente con lo stesso prelievo fiscale che serve a garantire i servizi dello Stato.

Altro tema è quello della emersione dell’evasione fiscale, il cui obbiettivo è assai lontano dalle previsioni e spesso anche dalla propaganda con la quale, in maniera superficiale, si tratta l’argomento.

Dal 2017 al 2021 sono emersi circa 29 miliardi di euro, rispetto ai 100 miliardi annui che vengono dichiarati assenti dal Bilancio dello Stato a causa dell’evasione fiscale. E’ il sintomo che o sono sbagliate le previsioni sulla evasione fiscale oppure tutti gli strumenti messi in campo dalle agenzie fiscali italiane non sono adeguati a contrastare il fenomeno.

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*Dottore Commercialista – Revisore Legale





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