Progetto “InVita”, azioni e percorsi collettivi per aiutare i malati terminali

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Reggio Emilia “InVita. Percorsi e azioni per la creazione di Caring Communities” è un progetto di rete, attivo nella provincia di Reggio Emilia, coordinato da Csv Emilia e portato avanti da una rete di associazioni e Unioni dei Comuni, insieme all’azienda sanitaria reggiana.

Nato nel 2023, grazie al finanziamento della Fondazione Manodori nell’ambito del bando welfare, all’inizio le azioni si sono concentrate principalmente a Puianello di Quattro Castella, Albinea, Scandiano e Castellarano. Queste quattro località sono state scelte perché sedi di Case della Salute impegnate nel passaggio a Case della Comunità.

InVita è dunque un percorso condiviso da realtà diverse, unite da uno stesso obiettivo, ovvero costruire insieme un nuovo modello di cura che coinvolga tutta la comunità, ispirato alle Caring Communities.

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Si tratta di realtà diffuse in diverse parti del mondo, gruppi formati da volontari e operatori che affiancano chi sta affrontando una malattia inguaribile – oncologica, neurodegenerativa o causata dalla vecchiaia avanzata – con l’obiettivo di migliorare la sua qualità della vita e offrire supporto a chi l’affianca e se ne prende cura, soprattutto nelle fasi avanzate e nel fine vita.

Il progetto è stato diviso in due fasi. La prima aveva l’obiettivo di esplorare i bisogni, le difficoltà, le barriere e le risorse relative ai percorsi di accompagnamento al fine vita sul territorio dell’Unione Colline Matildiche e dell’Unione Tresinaro Secchia.

Attraverso l’utilizzo di strumenti di tipo qualitativo (interviste e focus group) è stato possibile intervistare ventuno rappresentanti di associazioni, enti, servizi già attivati nell’offrire supporto a chi affronta una malattia inguaribile e un fine vita, e organizzare due gruppi di discussione con alcuni caregivers che hanno accompagnato i propri famigliari nelle ultime fasi della vita.

Questo è quanto è emerso. I risultati evidenziano la necessità di parlare maggiormente del tema della morte, e di superare i tabù legati al fine vita, alla fragilità e alla sofferenza così radicati nella società attuale. Per rispondere a questi bisogni e rafforzare le risorse già presenti, il progetto InVita ha attivato un gruppo di lavoro con l’obiettivo di promuovere un cambiamento culturale in relazione al tema del fine vita e della morte. Le attività saranno rivolte alla preparazione di uno spettacolo teatrale con la collaborazione di alcuni partner del progetto e all’attivazione di percorsi con le scuole.

È stato riscontrato un bisogno di avere informazioni relative ai percorsi di cura e alla rete di servizi che si possono attivare nel fine vita: le persone intervistate riportano che i servizi sono presenti sul territorio, ma spesso non sono conosciuti o i caregivers non sanno come accedervi e come recuperare le informazioni utili alla gestione dei pazienti. La rete di servizi sembra essere poco visibile. Il progetto InVita ha attivato un gruppo che ha come obiettivo l’attivazione di diversi canali di comunicazione per rendere la rete dei servizi più conosciuta dalle persone: la costruzione di un portale web, l’utilizzo di depliant, l’uso dei social network, la promozione dei servizi durante gli eventi sono le prime azioni concrete che si prevede di sviluppare.

Formare professionisti e volontari nella gestione dei percorsi di fine vita è un ulteriore aspetto emerso dalle analisi. Tanto le parti interessate quanto i caregivers hanno evidenziato il bisogno di avere professionisti più preparati. Il bisogno principale dunque è di rendere più efficaci le formazioni, ottimizzare le risorse esistenti e creare maggiori connessioni sul territorio. Per quanto riguarda il tema “formazione” il progetto InVita ha attivato un gruppo di lavoro che ha iniziato un dialogo con i medici di base del territorio. L’obiettivo è di inserire nei percorsi di formazione il tema del fine vita, la conoscenza e la gestione della rete dei servizi, nonché dei percorsi possibili.

Sia le parti interessate sia i caregivers percepiscono le difficoltà organizzative del sistema sanitario legate alla scarsità delle risorse economiche e di personale, la mancanza di figure di coordinamento nei percorsi legati al fine vita, il bisogno di avere dei servizi specifici che intervengano in maniera tempestiva. Il “modello a guida comunitaria” presentato durante il convegno dalla prof.ssa Samar Aoun è la “buona prassi” che InVita sperimenterà nei prossimi mesi anche nel nostro territorio, con l’obiettivo di riattivare processi di condivisione, collaborazione, solidarietà, comunicazione, che aiutino a sviluppare un senso di appartenenza al territorio e, di conseguenza, fare in modo che la comunità allargata attivi le proprie risorse per rispondere ai bisogni delle persone. Sebbene non sia emerso esplicitamente dalla mappatura, nel corso dello sviluppo del progetto il tema delle “tutele e dei diritti sul fine vita” è sembrato essere di grande impatto per la vita delle persone, ma poco considerato dalla rete dei servizi.

Sono emersi altri risultati, come la necessità di rispondere a bisogni di tipo psicologico-emotivo e spirituale di pazienti, caregivers, famiglie, volontari, professionisti, ma anche la difficoltà di tipo sociale e relazionale, dovute ad un maggior isolamento, ai problemi economici delle famiglie, alla disgregazione del tessuto sociale. 

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