All’inaugurazione della Capitale europea della cultura con un unico desiderio: rivendicare la pace

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 


Vado verso Gorizia e Nova Gorica ripensando a queste parole di un’autrice bulgara, Kapka Kassabova: “Il confine rappresenta un invito per il solo fatto di esistere. Vieni, sussurra, oltrepassa questa linea, sempre che tu ne abbia il coraggio”. Sabat 8 febbraio: non sto andando ad assistere ad una cerimonia di inaugurazione. Vado verso un richiamo.

Prima dei nastri e degli applausi ho però bisogno di affondare le scarpe nella ponca, la terra florida del Collio. Adesso cantano le viti, poco più di cento anni fa cantavano le mitragliatrici. Dai vigneti di Oslavia e San Floriano posso vedere nitidamente Gorizia e Nova Gorica.

Le cose si vedono meglio da lontano. O forse da lontano si spera meglio. Qui, ad esempio, spero che diventino davvero una sola città in cui si parlano più lingue e si mescolano gli sguardi, un corpo solo che ha rimarginato le ferite e s’incammina saldo, fragile verso l’Europa.

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

Prima di ascoltare i discorsi dei Presidenti, ho bisogno di ascoltare i discorsi degli avventori delle frasche, sedermi con loro davanti a una caraffa di vino sincero.

Paolo Maurensig, scrittore goriziano, rispondendo a un intervistatore che gli aveva chiesto cosa potesse insegnare Gorizia, disse: “Le frasche”. Nella sua risposta avverto la pace. Il vino aiuta noi gente di confine a dimenticare gli orrori e ad abbracciarci.

Trovo una “privata” aperta a Trussio. La gestisce la signora Fausta. Non faccio tempo a sedermi che già mi offrono del vino e del pane. Siamo in otto, da tutta la regione, e iniziamo a volerci bene al primo brindisi. Parliamo di luoghi che sono scomparsi o che stanno per scomparire, poi mi azzardo e chiedo cosa pensino della Capitale europea della cultura. Subito si accendono gli animi. Ciascuno porta sulla tavola la sua ferita, però nessuno, nemmeno di fronte a una ferita ancora aperta, abbandona la tavola. Dice Eugenio, 83 anni:

«Visto quanto abbiamo sofferto, questa cosa non potrà che farci bene».

Nessuno di loro andrà all’inaugurazione. La festa è anche qua, accanto allo spargher. La frasca ha a che fare con la riconciliazione.

Oggi non mi interessano le critiche e i malumori. Che senso avrebbe oggi parlare di ciò che non va o che si sarebbe potuto fare in un altro modo? Voglio cercare ciò che splende. Come splendeva il valico della Casa Rossa, il 13 agosto del 1950, nella famosa “Domenica delle scope”, quando finalmente si alzò la sbarra tra Italia e Jugoslavia, anche se solo per un giorno.

Come splende la prima pagina del Piccolo che custodisco a casa in una teca: “Confine addio”, recitava il titolo. Era il 21 dicembre del 2007. Si alzarono le sbarre tra Slovenia e Italia. O come splendono le centinaia di persone che si stanno riversando nelle strade. Camminano portate dall’allegria. Camminando leggere cancellano il confine.

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Oggi non dobbiamo rimuginare, solo splendere. Ma anche domani, e soprattutto tra un anno, quando tutto sarà finito e torneremo ad essere la periferia che siamo. Non dobbiamo avere paura ad essere una periferia. Prima eravamo lontani da Vienna, ora da Roma e da Lubiana. In futuro chissà. Forse sta proprio in questo dato geografico la nostra forza. Forse dobbiamo sperare di rimanere una periferia. Non per sederci e aspettare che qualcuno ci aiuti, ma per vedere meglio e ragionare con saggezza.

Vado verso piazza della Transalpina ad ascoltare Sergio Mattarella e Nataša Pirc Musar. Supero i varchi di sicurezza, esibisco il mio pass e osservo. Poco prima dell’inizio il sole esce dalle nubi e ci illumina.

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 

Pirc Musar dice che i sopravvissuti si sono stretti le mani sulle rovine e si sono perdonati a vicenda. Mattarella dice che nessuna provocazione farà tornare indietro la storia che Slovenia e Italia stanno scrivendo insieme.

Vorrei saltare oltre la transenna, andare sotto il palco a prendere per mano i Presidenti e portarli a camminare lungo la linea che divise in due il mondo e le case, le stalle, le cucine, i cimiteri. Mangiare una putiza sotto un tiglio e recitare insieme i versi dell’inno nazionale sloveno:

“Vivano tutti i popoli / che anelano al giorno / in cui la discordia verrà sradicata dal mondo / e in cui ogni nostro connazionale / sarà libero, / e in cui il vicino / non sarà un diavolo, ma un amico! ”.

Siamo qua oggi, l’8 febbraio, proprio perché France Prešeren è morto l’8 febbraio del 1849, ed è morto dicendo che dovremmo essere amici. Ecco cosa direi ai Presidenti delle nostre repubbliche mangiando la putiza sotto un tiglio: amici, ostia, splendiamo insieme!

Microcredito

per le aziende

 

Molte persone di buona volontà hanno lavorato in questi anni per costruire ponti e arrivare a questo giorno. Altre hanno lavorato per farli saltare, come soldati in ritirata. I secondi solo quelli che vorrebbero farci ripiombare nel Novecento più cupo, sventolando bandiere una contro l’altra. Però hanno vinto i primi. Se ne facciano una ragione. Oggi dobbiamo ringraziare i costruttori di ponti.

Diceva lo scrittore Fulvio Tomizza:

«Sono stato italiano a Belgrado, istro-italiano a Zagabria, croato-italiano a Lubiana, slavo-istriano a Trieste, triestino-italiano in Istria».

Io oggi in piazza Transalpina mi sento italiano, sloveno, europeo, cittadino del mondo con una bandiera bianca nello zaino. Mi arrendo per andare avanti. Non sono sconfitto, sono felice. Non ho nulla da rivendicare a parte la pace.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 

Source link