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Il cardinale Lojudice, presidente dei vescovi toscani – Siciliani

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Il cardinale Augusto Paolo Lojudice – arcivescovo di Siena – Colle di Val d’Elsa – Montalcino, vescovo di Montepulciano – Chiusi – Pienza e presidente della Conferenza episcopale toscana – guarda con preoccupazione ai toni che ha preso il dibattito in Toscana sulla proposta di legge sul suicidio assistito, che domani arriva nell’aula del Consiglio regionale.

Il tema delle scelte di “fine vita” ci mette di fronte a grandi questioni come la decisione sulla propria vita in esperienze di sofferenza estrema. Come ci si deve avvicinare a questo territorio così complesso e al dibattito che lo riguarda?

Prima di tutto in un atteggiamento di grande rispetto e di profondo ascolto. Di fronte al tema della sofferenza, del dolore e della malattia invalidante non possiamo applicare slogan preconfezionati. Non è accettabile utilizzare l’ideologia come scusa per giustificare atteggiamenti a favore della “morte” e contro “la vita”. Non scherziamo. Questo è un metodo molto pericoloso che rischia di avallare scelte che, in prospettiva futura, potrebbero portare a decretare la fine di una vita a tavolino in base a codici di legge, cavilli legali, campagne social e stampa e via dicendo: e questo non posso condividerlo. La vita è sacra e inviolabile in ogni sua forma, dal suo concepimento alla morte naturale.

Sta crescendo la domanda di cure, in ospedale e a domicilio, alla quale le istituzioni sanitarie faticano a fare fronte. In un quadro di risorse scarse e di “sistema salute” in grande difficoltà, come va data oggi una risposta all’altezza delle attese?

Questo tema, a mio avviso è centrale e chiama in causa prima di tutto le istituzioni e tutte quelle realtà preposte alla tutela della salute dei cittadini. Mi spiego meglio. Nella mia vita quotidiana di sacerdote e di vescovo incontro tante famiglie che devono affrontare la malattia di un congiunto, di una persona cara, la sofferenza e anche la fine della vita. Tutte, all’unisono, mi dicono di sentirsi sole, abbandonate al loro destino. C’è la necessità di rivedere profondamente il nostro sistema salute, che deve necessariamente rifondarsi partendo dalle cure domiciliari dove, alla dimensione medica, si abbini quella umana: il paziente, anche se grave, deve avere la possibilità di rimanere in un ambiente familiare, con accanto i suoi cari. Tutti dobbiamo contribuire per fare in modo che il sistema salute rimetta al centro l’uomo e non si affidi a dettami freddi e a logiche poco umane: è la logica dello “scarto”, che papa Francesco non fa che condannare. Il dolore, la morte, anche se difficile da accettare, fanno parte della nostra esistenza, da sempre. Ci può e ci deve essere una risposta: personalmente e come comunità stare vicini a quanti vivono la sofferenza. Solo questo senso di fraternità può contribuire al cambio di passo nei confronti di un’ideologia che punta al “tutto subito e senza problemi”. Ma la vita non è così.

In Toscana è aspro il dibattito politico sul suicidio assistito

In Toscana è aspro il dibattito politico sul suicidio assistito – Imagoeconomica

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La Costituzione definisce il diritto alla salute. Oggi c’è chi afferma che esisterebbe un “diritto di morire”. L’enfasi crescente per la libertà di scelta sulla propria vita porta a pensare che si possa scegliere anche il momento della propria morte. Qual è il suo pensiero?

È un processo pericoloso, che clamorosamente rischia di ledere veramente la libertà di ogni cittadino. Capovolgendo la questione: si rischia di non avere più la libertà di vivere. Se questo diritto verrà sancito da una legge allora avremo perso il nostro primo diritto come donne e uomini. Purtroppo siamo vittime, negli ultimi decenni, della potenza dei social e delle campagne ad essi legate dove esiste un’umanità patinata e perfetta e dove il dolore e i problemi vengono banditi. Si vive in un mondo virtuale dove altri prendono le decisioni per noi. Ma il cristiano a questa logica non può arrendersi e anzi, al contrario, deve sporcarsi le mani immergendosi nella vita che, ripeto, non è priva di dolore. Chi dice il contrario ci inganna.

I fautori della “morte medicalmente assistita” a cura del Sistema sanitario regionale si dicono convinti che la battaglia per ottenerla possa procedere di pari passo con quella per avere cure palliative per chi ne ha bisogno. Aiutare a vivere e aiutare a morire: la sanità può offrire indifferentemente entrambi i servizi?

Non possiamo valutare sullo stesso piano chi si impegna ad aiutare a vivere e chi aiuterebbe a morire. Non è una strada percorribile e giusta. Il Sistema sanitario è nato per la tutela della vita e non per altro. Snaturarlo significa prendere una strada senza ritorno che porterebbe a una logica non umana, che non ci appartiene.

Una recente nota della Conferenza episcopale toscana ricorda la tradizione di cura dei più fragili così radicata in questa terra. Cosa dice oggi alla nostra sensibilità questa storia plurisecolare di assistenza?

Lo abbiamo detto, la Toscana è stata esempio per tutti: la nascita dei primi ospedali, dei primi orfanotrofi, delle associazioni dedicate alla cura dei malati e dei moribondi, come le Misericordie, e poi tutto il movimento del volontariato, sono un’eredità che continua viva. Il 30 novembre 1786 il Granducato di Toscana fu il primo Stato al mondo ad aver tentato l’abolizione della pena di morte grazie a una legge di Pietro Leopoldo. Un’eredità che non può essere ignorata e che dovrebbe servire a rifondare il sistema sanitario regionale rimettendo al centro la vita.

La Chiesa toscana cosa dice alla politica regionale sul fine vita e sull’ipotesi di una legge?

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Siamo consapevoli che questa proposta di legge assume per molti un valore simbolico, nel senso che si chiede alla Regione Toscana di “forzare” la lentezza della macchina politica statale chiamata a dare riferimenti legislativi al tema – importantissimo – del fine vita. Vorremmo in primo luogo invitare i consiglieri regionali e i dirigenti dei loro partiti a non fare di questo tema una questione di “schieramento” ma di farne un’occasione per una riflessione profonda sulle basi della propria concezione del progresso e della dignità della persona umana. Vogliamo affermare la necessità di leggi nazionali aggiornate e siamo disponibili al dialogo e all’approfondimento sul grande tema del fine vita, pronti ad ascoltare e ad apportare, per la passione per ogni persona umana che impariamo da Gesù Cristo e che viene offerta a tutti come contributo libero alla nostra società.





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