Banche e IA generativa, il momento della verità

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Quanto è grande l’impatto dell’intelligenza artificiale sulle banche italiane? L’utilizzo dell’AI nel mondo degli istituti di credito non è cosa nuova, ma guardando i numeri, il 2025 sembra avere tutte le caratteristiche per essere l’anno in cui, soprattutto sulla GenAI, si inizierà a fare sul serio. Nove banche su dieci prevedono di aumentare gli investimenti, mentre si attrezzano per poter governare quella rivoluzione, tra presidi dedicati e iniziative di formazione per manager e dipendenti.

In Italia l’intelligenza artificiale è un fattore di cambiamento, ma non è l’unico: è arrivata nel pieno del ricambio generazionale in corso da anni nel settore.

Bper, nel comunicato sul piano industriale al 2027 (650 mln investiti sull’AI), ha legato l’aumento della produttività all’automazione dei processi grazie all’intelligenza artificiale.

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È stata anche prevista una riduzione dell’organico del 10%, ma definire l’AI una causa del ridimensionamento del personale sarebbe una forzatura, fanno sapere dall’istituto, che indica tra le cause di quella riduzione ragioni molto più ampie, come le acquisizioni degli ultimi anni. Lo sostiene anche il Segretario generale Fabi, Elisabetta Mercaldo: “L’adozione dell’AI non sta causando licenziamenti”, ma il settore bancario ha un’età media elevata e questo può facilitare uscite volontarie. “Non si parla di licenziamenti di massa, ma di ricambi generazionali e di una maggiore attenzione alla formazione per adattarsi ai nuovi ruoli”.

Mentre il conteggio totale dei dipendenti diminuisce, il valore aggiunto dell’AI comincia a farsi sentire, anche sulle assunzioni. Già nei risultati relativi al 2023 Intesa Sanpaolo ricordava che anche grazie agli specialisti AI dell’istituto (150 nel 2023, 300 nel 2025) si sarebbero sbloccati circa “100 mln di euro di apporto aggiuntivo al risultato corrente lordo 2025, non previsti nel piano di impresa, senza considerare ulteriori benefici potenziali derivanti dall’adozione di soluzioni di Generative AI”.

Benefici potenziali in cui tutti i maggiori istituti italiani credono molto. “I piani industriali delle principali banche italiane hanno sempre più integrato strategie di medio-lungo termine legate all’AI”, dice Mercaldo. “Fino al 2021-2022, gli investimenti in digitale erano consistenti ma non paragonabili a quelli dal 2022 in poi. I numeri parlano chiaro: i primi cinque gruppi bancari italiani hanno investito circa 10 miliardi di euro. Intesa Sanpaolo ha già avviato investimenti per 5 miliardi, UniCredit per 3”, dice citando i dati di uno studio Fabi. Ai primi due in classifica seguono Banco Bpm, Bper e Mps. E siamo solo all’inizio. Secondo ABI Lab (il Centro di ricerca e innovazione promosso dall’Associazione bancaria italiana), alla fine di quest’anno l’88% delle banche italiane avrà una strategia per la GenAI, e il 38% l’ha già costruita.

Il 54% delle banche ha in corso collaborazioni con aziende ICT (Big Tech comprese) per lo sviluppo di iniziative di GenAI, mentre le sinergie future saranno realizzate principalmente con software vendor, fintech e startup. “Il settore fintech, che sembrava poter sostituire le banche tradizionali, ha invece spesso collaborato con esse. Alcune banche preferiscono esternalizzare i servizi tecnologici per restare competitive senza dover affrontare investimenti troppo elevati”, riassume Mercaldo.

Ma resta una percentuale enorme di sviluppo interno per il quale serve più personale. Da ABI Lab si spiega che c’è una forte domanda di competenze in AI e data science nel settore bancario che non viene sempre soddisfatta. Non si prevede un effetto di sostituzione dei lavoratori, ma piuttosto un arricchimento e adattamento dei ruoli esistenti. La mancanza di laureati in discipline Stem potrebbe essere un ostacolo, ma le banche prevedono un aumento dei dipendenti che si occuperanno di GenAI. In media 4 dipendenti ogni 1.000 sono coinvolti in iniziative di AI e GenAI e circa tre quarti delle banche prevede per i prossimi due anni un incremento degli FTE (Full-time equivalent) dedicati.

Per ora l’AI generativa viene usata principalmente a supporto ai canali assistiti (come la raccolta delle richieste di assistenza e l’analisi dei contatti) e il supporto al business (previsione e analisi dei bisogni della clientela, piani di marketing, campagne pubblicitarie). Ma sono in fase pilota e di studio anche gli utilizzi nei processi core (credito e servizi bancari) e funzioni di controllo, dalla compliance alla cybersecurity. Tra i possibili utilizzi della GenAI c’è anche l’advisory, ma con le dovute cautele: ABI Lab spiega che l’advisory basata sull’AI evidenzia opportunità di investimento, ma non sollecita l’investimento. È più una base per gli investitori, con dati elaborati tramite machine learning. E anche nel credito, l’AI aiuta in diverse fasi, ma non necessariamente nella valutazione del merito creditizio.

Un altro aspetto importante su cui si stanno concentrando le banche è la governance. Ogni progetto di intelligenza artificiale deve essere verificato per eticità, correttezza e compliance.

Intanto il 57% delle banche ha già coinvolto il business nelle sperimentazioni per accelerare e passare alla produzione vera e propria delle proprie soluzioni GenAI, mentre il 50% sta creando nuove strutture, nuovi  ruoli e i meccanismi di coordinamento che aiuteranno a gestirli. Ed è nella formazione che secondo ABI Lab le banche guardano più alle risorse esterne: quasi il 50% punta sull’assunzione di nuovo personale. Oltre il 57% delle banche dichiara uno skill gap moderato o alto in aree relative a Ethics, Solution Testing & Deployment, Data Science, Prompt Engineering.

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Se da una parte quindi le uscite doppiano gli ingressi, dall’altra le persone giuste da far entrare sono difficili da trovare.

Ma per Fabi il processo avviene in maniera ordinata: “Il contratto nazionale è lo strumento principale per gestire i cambiamenti nei ruoli e nelle mansioni. Inoltre, con l’ultimo rinnovo contrattuale, abbiamo introdotto una cabina di regia che permette di creare regole condivise tra ABI, sindacati e banche. Anche il Fondo per l’Occupazione (FOC) e il Fondo di Solidarietà sono strumenti centrali: dal 2012 hanno supportato 40.000 nuove assunzioni a fronte di 90.000 uscite”, ricorda Mercaldo.

Intanto c’è anche il tema della chiusura degli sportelli bancari: –10.000 in dieci anni, secondo i dati di Banca d’Italia. Nel primo semestre del 2024, secondo la First Cisl, sono spariti più di 150 sportelli, con una desertificazione bancaria totale in ormai un quarto del territorio nazionale e 326mila persone senza sportelli nel proprio comune. “Alcuni gruppi bancari hanno scelto di ridurre la loro presenza, ma altri stanno facendo scelte opposte, preferendo rafforzare la rete fisica per essere più vicini alla clientela”, dice Mercaldo. La clientela italiana, per ragioni di età, ha ancora bisogno di sportelli e di persone con cui parlare, ed è indietro nell’utilizzo dei servizi digitali rispetto ai clienti europei.

È vero che sugli sportelli qualcuno va in controtendenza, soprattutto le Bcc (“e anche alcuni degli attori più grandi”, dice Mercaldo). Intanto mentre i gruppi più importanti hanno già piani strutturati per integrare l’AI, le banche di piccole e medie dimensioni fanno più fatica a sostenere investimenti simili. È questo il vero nodo da affrontare con l’avvento della GenAI nel sistema bancario italiano?

 

 

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