di Ugo Gaiba
Molto spesso nelle norme del codice civile si fa riferimento alla figura retorica “diligenza del buon padre di famiglia”: arrivata fino a noi dal diritto romano, costituisce un modello per la valutazione della responsabilità, in cui sussiste l’idea e concezione di un’autorevolezza e di un’autorità positiva.
Nel sistema di governo basato sulla democrazia rappresentativa, può esistere un’astensione intesa come “mozione di sfiducia” contro i rappresentanti che non applicano la diligenza del buon padre di famiglia?
Prevalentemente chi si occupa dell’opinione pubblica, e convintamente ritiene di conoscerla assai bene, ribadisce e sostiene che: per l’opinione pubblica l’astensione o non voto è una reazione e manifestazione di protesta o sfiducia contro il sistema, poiché l’elettore non ha in alcun modo la possibilità di delegare (votare) la giusta rappresentanza per le proprie specifiche istanze politiche. Ma tutto questo è solamente narrazione, ed è paradossalmente in contrasto con il comune buon senso, di fatto il non voto garantisce il perpetuarsi dello status quo, di rimanere nella situazione precedente se non peggio. Eppure per chi gestisce la comunicazione e l’informazione, per chi è in grado di influire e creare l’orientamento dell’opinione pubblica, questa “favola” è la corretta narrazione.
Chi governa esercita i tre poteri sovrani tradizionalmente identificati: il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario, ma non solo questi; esercita anche il quarto potere, quello di orientare e formare l’opinione pubblica. Strumenti del quarto potere sono: il mainstream asservito, i tuttologhi e gli intellettualoidi a busta paga, e poi tutta la corte dei miracoli che sta appresso ai potenti, quelli che se ne stanno tutti lì, in attesa di un posto al sole o di prebende. Sono loro gli artefici del chiacchiericcio, che nel nulla e dal nulla creano la tendenza e la moda. Ed è di moda quello stridente leitmotiv: l’astensione è voto di protesta, l’astensione è voto di protesta… e ripeti, ripeti qualcosa resta… al punto tale che anche un’idiozia appare sensata, tanto da convincersi che per protestare non si debba andare a votare… e così: se i temi della politica appaiono incomprensibili, se nei talk-show l’olezzo ripugnante del populismo e della demagogia è insopportabile, col cine-panettone ci si può
rilassare, e poi per dar sfogo alla rabbia è sufficiente non andare a votare…
E comunque che senso avrebbero tanto l’atto della delega quanto quello della sfiducia, verso il “facente funzione” del buon padre di famiglia? Si tratta esclusivamente della rinuncia a esercitare responsabilmente una propria coscienza e consapevolezza, sia individuale che sociale, ma soprattutto è una rinuncia alla democrazia politica. Fondamentalmente per giudicare l’idiozia dell’astensione di protesta, basta ancora il buonsenso del detto: “chi tace acconsente ed è complice”, ed hanno un bel dire: “sono tutti uguali” o “è sempre stato così”, una scusa e un pretesto idiota per giustificarsi di essere complice.
Poi? Poi ci sono quelli che si appropriano delle iniquità, malvagità e scelleratezza del sistema, si tratta solo di ribadire, addirittura, di avere il diritto all’illecito in quanto si tratta di perseguire “la diligenza del buon padre di famiglia”, in quanto “chi non ruba, ruba ai suoi figli”. E ancora: che “la ragione è dei fessi” riscontrando che nella realtà i grandi illeciti raramente portano alle giuste condanne.
E infine dal momento che si ha un approccio con l’illegalità, e la tendenza a riconoscerla come ineluttabile e sistemica, si apre un percorso tale da accondiscendere in modo succube, omertoso e comunque complice, a chi si identifica nelle tre scimmiette, quelle che: io non ho visto, io non ho sentito, e se anche avessi visto e sentito non ne parlo. Si tratta di assumere comportamenti comuni alle mafie…
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