In Giappone manca il riso e scatta l’emergenza. Potrebbe sembrare una banalità, ma i giapponesi consumano in media 8 milioni di tonnellate di riso all’anno. Per capire la portata della crisi del riso, si può provare a immaginare che cosa accadrebbe in Italia senza un piatto di pasta asciutta sul tavolo ogni giorno.
Non è che il riso manchi del tutto, ma il prodotto inizia a scarseggiare e il prezzo, di conseguenza, continua ad alzarsi. I motivi sono diversi e tra questi c’entra, purtroppo, anche l’eccessivo turismo.
Emergenza riso: il Giappone attinge alle scorte
Se si pensa alle scorte di emergenza in Europa e in Italia, l’immaginazione corre a gas e petrolio. Lo abbiamo vissuto di recente con lo scoppio della guerra in Ucraina e la riduzione del gas russo in Europa. In quel caso furono molti i governi che dovettero attingere ai siti di stoccaggio per provvedere al fabbisogno dei Paesi. Così anche il Giappone ha aperto i magazzini delle scorte di emergenza, ma in questo caso ripieni di riso.
Questa è la soluzione trovata dal governo giapponese per tentare di ridurre il costo medio per 5 kg di riso, che nell’ultima settimana di stima (tra il 20 e il 26 gennaio 2025) è arrivato a toccare i 3.650 yen. Si tratta di un livello record, equivalente a circa 24 dollari per 5 kg.
Per comprendere l’entità della crisi, basti pensare che rispetto allo scorso anno il prezzo del riso è cresciuto del +79,7%, attestandosi per diversi mesi consecutivi intorno ai 3.000 yen per 5 kg.
Quali sono le cause dell’aumento del prezzo
Ma cosa si nasconde dietro l’aumento del prezzo del riso? La risposta è una serie di fattori, del tutto prevedibili purtroppo, partire dal fatto che il riso consumato in Giappone è interamente prodotto nel Paese. Il Giappone, infatti, non importa l’ingrediente da Paesi esteri per favorire l’economia interna, ma questo ha delle conseguenze.
Una è la possibile carenza se il raccolto è poco produttivo. Il caso ha voluto che il caldo dell’estate del 2023 abbia compromesso il raccolto. Meno produzione, uguale meno scorte e, come conseguenza, il prezzo si è alzato.
Se a questo si aggiunge anche l’aumento della domanda da parte dei cittadini e dei turisti, il gioco è fatto. Ad agosto 2024 i cittadini giapponesi hanno comprato molto riso, con l’obiettivo di farne scorta in vista del possibile mega-terremoto nel Pacifico. La notizia di un terremoto distruttivo, che è previsto da qui ai prossimi trent’anni, ha scatenato il panico, portando a un aumento della vendita di riso. E poi c’è il turismo.
È colpa anche dell’overtourism
Chi di recente ha cercato informazioni in merito a una vacanza in Giappone si sarà reso conto che anche i giornali non di settore ormai parlano di “eccessivo turismo”. Il fenomeno dell’overtourism è piuttosto conosciuto anche in Europa e Italia. Da sempre, infatti, i cittadini delle città più gettonate lamentano la presenza di troppi turisti tra attrazioni, ristoranti e mezzi pubblici. Sono noti i casi di Firenze, Roma, Venezia, Napoli e diverse altre città.
Il fenomeno non è solo italiano e, anzi, negli ultimi dieci anni il Giappone è stato inghiottito dai turisti, passando da meno di 10 milioni nel 2010 a oltre 30 milioni di turisti l’anno nel 2024.
Ai giapponesi il turista straniero crea fastidio in molti modi, a partire dalle cattive maniere nei luoghi di culto, dall’aumento della confusione negli spazi di convivialità, dalla presenza di valigie ingombranti sui mezzi pubblici sempre molto affollati e, ultimo ma non per importanza, per l’aumento del consumo di riso.
Perché sì, il numero di turisti stranieri è cresciuto e questi mangiano molto riso. Secondo il ministero dell’Agricoltura giapponese, il consumo da parte dei visitatori è passato da 19mila tonnellate del 2022 a 51mila tonnellate nel 2024.
La decisione del governo per abbassare il costo
Il governo ha preso la decisione: non vuole limitare il numero di turisti, ma non può neanche creare una crisi del riso per i cittadini. Da qui l’idea di attingere alle scorte d’emergenza.
Così, per contrastare il caro-riso, si va ad aprire il centro di stoccaggio: un magazzino con milioni di tonnellate di chicchi bianchi. L’idea di creare una riserva di riso è nata nel 1993-94, dopo un anno disastroso per la produzione. Secondo le informazioni attuali, in questi magazzini è contenuto 1/8 del consumo annuale del Paese. In ogni caso, la scorta non sarà immessa tutta sul mercato, ma solo quanto basta per diminuirne il costo.
In passato sono già stati aperti i magazzini di stoccaggio. L’ultima volta, in particolare, fu nel 2011, con la crisi della centrale nucleare di Fukushima.
Come funziona il magazzino di riso?
I magazzini di riso sono stati necessari non solo per l’emergenza del ’93-’94, fatto che ha portato alla luce un sistema già con molte falle. Infatti, dagli anni ’60 il Giappone non importa il riso e, quando lo fa, vi applica sopra dei dazi. Tutto per arrivare all’autosufficienza interna di un alimento fondamentale per la dieta dei cittadini.
Con il disastro del ’93-’94 si è resa necessaria una soluzione a lungo termine. Da qui nasce la conservazione di circa 1 milione di tonnellate di riso per affrontare la scarsa produzione o le conseguenze di un evento climatico estremo che porta a un calo del raccolto. Il governo stesso acquista ogni anno 200mila tonnellate e le conserva per cinque anni. Allo scadere del tempo, se il riso non è stato utilizzato, viene rivenduto per diventare mangime per animali.
Il governo ora apre i magazzino. Si tratta di una soluzione temporanea, ma non è chiaro se darà il risultato sperato, ovvero abbassare il costo del riso. I motivi sono gli stessi citati sopra: la crisi climatica continuerà a impattare nei prossimi mesi sulla produzione del riso, tanto che anche la Cina sta notando una scarsa resa in fatto di quantità e qualità del prodotto; inoltre, il turismo non sembra destinato a rallentare nei prossimi anni, anzi si parla ormai di una vera e propria “mania del Giappone”.
Alcune realtà hanno quindi deciso di reagire. La piccola Kyoto, per esempio, tasserà il soggiorno fino a 60 euro a notte per contrastare l’eccessivo numero di turisti.
Un’altra soluzione, che potrebbe risolvere l’overtourism ma non la crisi del riso, è quella di spostare i turisti nelle aree meno conosciute, ma comunque affascinanti, garantendo maggiori collegamenti e costi ridotti per raggiungere aree rurali, città meno note e siti archeologici nell’estremo nord e sud del Paese.
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