Gioco d’incastri: un “palazzo” in un cortile

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In un angolo della Bolognina, nascosto alla vista, si sta erigendo un edificio fuori dimensione e contesto: toglierà luce e aria e farà aumentare la temperatura della zona. Poggia pure su di un terreno percorso da falde acquifere. Sorge una domanda di fronte a queste brutture, invadenti e distruttive: ma chi ha dato il permesso di fare tutto questo? I piani regolatori urbani esistono ancora, in questa città così attenta allo sviluppo nel segno dell’ecologia, oppure tutto è ormai permesso?

di Biancamaria Cattabriga, docente


In una città completamente rivoltata dai cantieri delle grandi opere perché occuparsi di un piccolo cortile fra le case, uno spazio delimitato tra le vie Antonio Di Vincenzo e Mario De Maria, nascosto alla vista dei non residenti?

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In una zona vicina al centro storico a poca distanza, ben visibile, una piazzetta scolastica inaugurata con clamore a luglio del 2023, finanziata con i fondi del Pnrr e Città 30 e ricca di cartelli esplicativi che richiamano la transizione green, esibisce asfalto desigillato con aiuole e alberini. A fianco, una cortina di case nello stile della Bolognina e, nel piccolo cortile retrostante a esse, la violenza ingombrante di un grande cantiere. Anzi, di tre cantieri adiacenti.

Nel cortile, non visibile alla vista delle strade vicine, si sta erigendo un palazzo fuori dimensione e fuori contesto: la costruzione toglierà luce e aria, mentre d’estate, a causa delle sue superfici di cemento sopraelevate e dei grandi condizionatori necessari per una struttura del genere, che spareranno all’esterno un flusso continuo di aria calda, aumenterà la temperatura della zona, il tutto a danno delle abitazioni circostanti.

In definitiva cosa conta un piccolo cortile fra le case, mentre da molti mesi vengono abbattuti migliaia di alberi e grandi aree verdi intorno alla città rigurgitano di cantieri e vengono completamente desertificate, cementate e ricoperte di strade e palazzoni?

Scrivo per il desiderio di dare parola a ciò che non sarebbe altrimenti percepito dai cittadini che non abitano qui e finalmente metto in parole tutta la rabbia, l’amarezza, la malinconia, il senso di impotenza maturate, giorno dopo giorno. Guardando crescere quello scatolone di cemento, nelle orecchie un continuo rumore di sfascio e demolizioni.

Il cortile è un piccolo spazio circondato su due lati da condomìni, da una parte è chiuso dalla parete di un garage, e sul quarto lato è limitato da un giardinetto ricco di piante, tra cui un grande albero di alloro. Il cantiere, che non mostra al suo ingresso il cartello obbligatorio con i nomi del proprietario della ditta e del direttore dei lavori, utilizza un’enorme gru, ingombra tutto lo spazio disponibile sul suolo e ne forza i confini. Per scavare le fondamenta del nuovo edificio hanno tagliato le radici e i ponteggi sono entrati nella chioma dell’albero di alloro.

La costruzione, che avrebbe dovuto arrivare fino al secondo piano del condominio adiacente, ma che peraltro ha già oltrepassato il limite in altezza, di piani ne comprende in realtà quattro e ben compressi. Nel gioco di incastri dell’edilizia però non sono considerati quattro i piani perché il più basso sarà garage e il più alto solaio.

Una volta completato, l’edificio chiuderà completamente la prospettiva delle finestre dei condomìni sui due lati e deprezzerà pesantemente il valore degli appartamenti degli stabili circostanti: solo i residenti dal terzo piano in su possono sperare di vedere ancora un po’ di cielo e respirare aria meno soffocante.

Viene naturale chiedersi: coloro che abitano nel condominio occluso in che modo si saranno convinti ad accettare l’oscuramento delle proprie finestre e ad avere praticamente dentro casa lo sguardo di chi si troverà a lavorare nel blocco di cemento, che sembrerebbe destinato a uffici?

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Questo nuovo stabile inoltre poggia su di un terreno percorso da falde acquifere: nel giardinetto si trova un pozzo e il fenomeno di subsidenza ha originato nel tempo piccole crepe nell’intonaco delle case intorno.

Sorge una domanda di fronte a queste brutture, invadenti e distruttive: ma chi ha dato il permesso di fare tutto questo? I piani regolatori urbani esistono ancora, in questa città così attenta allo sviluppo nel segno dell’ecologia, oppure tutto è ormai permesso? Immagino che gli imprenditori edili coinvolti si congratulino con questa lungimirante Amministrazione per aver finalmente sbloccati, rendendoli edificabili, i cortili, i prati e i parchi accanto alle scuole, i terreni incolti: «Terra di nessuno» li ha chiamati il sindaco Lepore secondo un articolo de “La Repubblica” del 22 aprile 2024, riferendosi alla zona Bertalia-Lazzaretto. Evidentemente dietro la stazione dei treni, così come in periferia, la terra di nessuno vale e interessa molto al mercato immobiliare.

E se ribaltassimo l’affermazione? Terra di nessuno = terra di tutti, terra non ricoperta di cemento, spazio non edificato = spazio di tutti, aria e sguardo di tutti? E gli alberi, i prati cancellati dalle ruspe, con le foglie e l’ombra fossero considerati verde di tutti, produttori di ossigeno che, con un perfetto processo green, aiutano a combattere il riscaldamento climatico? Oltre a quelli di zone periferiche come la zona Bertalia-Lazzaretto sono terra di nessuno evidentemente anche i cortili tra le case in città.

Intanto il giardinetto della bella casetta a fianco vive e fa respirare, e il grande albero di alloro, pur con l’elevato ponteggio radente alle sue fronde e le radici tranciate dallo scavo delle fondamenta, esiste e ci insegna nuovamente (speriamo!) il significato della parola “resistenza”, che gli interessi per il profitto degli esseri umani hanno oggi dimenticato.




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